Correggere le malformazioni fetali in utero; eliminare la terapia antirigetto; praticare il trapianto di mano in pazienti pediatrici. Dieci anni dopo il primo trapianto di mano, avvenuto a Lione nel 1998, sono questi i tre obiettivi principali che si è prefisso Marco Lanzetta, Direttore dell’Istituto Italiano di Chirurgia della Mano di Monza, e primo medico italiano a svolgere questo tipo di interventi. La correzione delle malformazioni in utero, è avvenuta, per ora, solo in forma sperimentale, ma in futuro potrebbe diventare routine. Tramite un’ecografia standard è infatti possibile verificare eventuali anomalie degli arti, dopodichè si potrà intervenire chirurgicamente sul feto – fra la terza o quarta settimana di gestazione – per risolvere la malformazione. La tecnica prevede le seguenti fasi: un’incisione analoga a quella di un parto cesareo, l’estrazione prima del liquido amniotico e poi del feto, l’intervento chirurgico vero e proprio. Infine, con lo stesso procedimento a ritroso, si reintroduce il feto nella pancia della mamma, si chiude la ferita, e si consente in pratica il proseguo della gravidanza che si concluderà con la nascita di un bimbo perfettamente normale. “Questa possibilità, fino a oggi di carattere sperimentale – dice il professor Marco Lanzetta – rientra in un approccio di interventi precoci che eviterebbero poi ai pazienti le terapie di immunosopressione e soprattutto i relativi effetti collaterali”. In realtà, qualcosa del genere, avviene già in Usa, dove i medici intervengono con successo sui feti colpiti da spina bifida, grave patologia che provoca nei nascituri handicap permanenti soprattutto degli arti inferiori. Il secondo obiettivo è quello di poter fare a meno della terapia antirigetto, causa, talvolta, di gravi effetti collaterali come tumori (linfomi, melanomi) o insufficienza renale (benché il fenomeno non abbia ancora riguardato nessuno dei pazienti che ha subito un trapianto di mano). Secondo Lanzetta, ci sono buone probabilità di credere che, entro pochi anni, chi subirà un trapianto di mano potrà fare a meno di questa terapia. Già da oggi, vari pazienti sottopostesi a questo tipo di intervento, stanno progressivamente facendo a meno di alcune medicine, grazie all’utilizzo di cellule del midollo provenienti dal donatore, che inducono l’organismo a tollerare il nuovo arto. Infine il terzo obiettivo di Lanzetta e del suo team è quello di poter trapiantare le mani anche ai neonati, cosa che non è mai stata fatta anche per motivi etici. “Fino ad oggi non siamo mai intervenuti sui più giovani per due motivi: l’età (e quindi l’impossibilità oggettiva di questi pazienti di poter scegliere se farsi operare o meno) e il fatto di non sapere a cosa si andava incontro con operazioni simili, circostanza accettabile per un adulto ma non per un bambino. Oggi però, alla luce di dieci anni di sperimentazioni, possiamo dire che siamo pronti per intervenire senza problemi anche sui più piccoli”.
Il primo uomo ad aver subito un trapianto di mano è stato Clint Hallam, neozelandese di 50 anni. L’operazione avvenuta a Lione, il 23 settembre del 1998, in presenza anche di Marco Lanzetta, durò 13 ore e andò a buon fine. Nel giro di pochi mesi Hallam riacquistò infatti la capacità di compiere le azioni quotidiane più comuni come maneggiare le posate e addirittura scrivere. È dunque grazie a questa esperienza positiva che si è poi aperta la strada a numerosi altri interventi analoghi. In seguito Hallam ha però rinunciato ad assumere i tradizionali farmaci antirigetto e così nel 2001 è stato rioperato, subendo la definitiva amputazione della mano. Attualmente, a dieci anni di distanza da questo primo pionieristico intervento, sono 33 le persone che hanno subito un trapianto di arto, per un totale di 43 trapianti di mano, tutti andati a buon fine. In 12 soggetti sono state trapiantate entrambe le mani, in 19 una sola. In Europa i trapianti eseguiti sono stati 15 di cui 6 di una mano e 9 di due mani, mentre negli Usa si registrano 4 trapianti, di una mano sola. In Cina infine sono stati effettuati 13 trapianti, di cui 8 di una mano sola, 3 di due mani e 2 trapianti di dito ed uno di una sola mano anche in Malesia. In Italia, complessivamente, sono stati effettuati tre trapianti a Monza dal professor Lanzetta. Il primo nel 2000, il secondo nel 2001, il terzo nel 2002. Domenico D’Amico 39enne di Reggio Emilia è stato operato nel 2002 dopo un incidente stradale e oggi conduce una vita normalissima: “Sono molto felice di aver fatto il trapianto – rivela D’Amico – sento la mano destra come quella sinistra, riesco a muoverla in modo del tutto naturale. Non mi sento più impacciato come prima nei gesti e nei rapporti con gli altri”.
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