Come un carro armato. Forse addirittura più potente e più sicura. Parliamo di The Beast, ovvero ‘La Bestia’, la macchina del presidente americano Barack Obama, il cui vero nome è Cadillac One, in pratica un modello speciale di Cadillac DeVille Touring Sedan. Si tratta – come riporta l’ultimo numero del mensile Airone - di un modello unico, per il quale la tecnologia si è davvero sprecata, così da fornirle tutte le caratteristiche necessarie a salvaguardare la vita del primo cittadino Usa. Dotata di quattro ruote motrici – con speciali pneumatici di tipo Run-flat (antiforatura) - The Beast è lunga 6 metri e larga 2, pesa 11 tonnellate e ha una potenza di 600 cavalli. La sua cilindrata misura 7mila cc. Esterni e interni sono stati studiati nei minimi dettagli per renderla indistruttibile e potenzialmente capace di superare ogni pericolo. Motore e radiatore sono protetti da lastre di acciaio temperato antiproiettile e antimina. L’abitacolo è blindato e a prova di gas. È collegato all’esterno con internet e dotato di pronto soccorso: non una normale cassetta con bende, cerotti e pomate, ma un autentico miniambulatorio, con strumenti medici, compreso un kit per trasfusioni; in particolare, un apposito reparto refrigerato, contiene una sacca del sangue di Barack Obama, pronto per l’uso. Le porte e le fiancate sono realizzate con lamiere spesse 12 centimetri formate da strati alternati di acciaio, alluminio, titanio e ceramica. Possono sopportare l’esplosione di una potente granata senza subire danni. I finestrini e i parabrezza – che non consentono di vedere dall’esterno - presentano uno spessore di 10 centimetri e sono realizzati da vetro e materiale plastico antiproiettile. La Cadillac One del presidente è caratterizzata da un sistema elettronico che annulla ogni impulso elettromagnetico esterno; inoltre a disposizione dei suoi occupanti ci sono bombole di ossigeno, filtri contro attacchi nemici, radio, gsm, telefoni. Contro il rischio di esplosioni il serbatoio è circondato da schiuma. Difetti? Pochi. Non corre. La velocità massima, infatti, supera di poco i 100km/h. Poi consuma un po’ troppo. Un litro di carburante ogni 3 chilometri e raggiunge i 100 km/h in 15 secondi. Infine la sicurezza della Cadillac One è garantita anche da molti altri aspetti, indipendenti dalle sue caratteristiche tecnologiche. Va infatti tenuto conto del fatto che The Beast non si muove mai da sola, ma circondata da molte altre macchine a lei simili. In questo modo è più facile confondere eventuali malintenzionati. Inoltre il presidente è costantemente sorvegliato da vari uomini della sicurezza a loro volta controllati da artificieri, scientifica e teste di cuoio pronti per ogni emergenza. Per dare un’idea dell’eccezionale livello di sicurezza riguardante il nuovo presidente Usa basta ricordare che, il 20 gennaio 2009, giorno del suo insediamento alla Casa Bianca, sono state schierate 20mila persone per proteggerlo fra cui 8mila poliziotti, 7.500 militari, 4mila uomini della Guardia Nazionale e centinaia di agenti di Fbi e Secret Service. Barack Obama è seguito a vista anche quando si muove all’aperto. In tal caso, accanto al presidente, si chiudono a ‘diamante’ sei guardie del corpo, due davanti, due ai lati e due dietro. In più ci sono almeno altri 20 uomini della sicurezza nelle vicinanze, compresi quelli che dall’alto degli edifici osservano la situazione, puntando gli occhi sulle finestre e i portoni che si affacciano lungo il percorso di Obama: sono, in questa circostanza, squadre di tiratori scelti che lavorano in tandem (uno impugna il binocolo e l’altro il fucile).
(Pubblicato su Libero il 27 marzo 09)
venerdì 27 marzo 2009
giovedì 19 marzo 2009
Diabete, depressione, obesità. Il mappamondo delle malattie
Ci sono posti nel mondo dove alcune malattie sono pressoché sconosciute. Gli scienziati li hanno battezzati “cold spot”, ossia “punti freddi”, per distinguerli dagli “hot spot”, dove invece certe patologie sono assai diffuse. Il fenomeno è dovuto al fatto che, gli abitanti di un determinato “cold spot”, seguono diete peculiari, capaci di tenere lontani i malanni. L’ultimo numero di Focus – in edicola da domani – ha dedicato un intero servizio a questi luoghi “dove andare per non ammalarsi”. Partiamo dal Camerun. In questo punto dell’Africa il tumore al colon, molto comune nei Paesi industrializzati (200mila casi ogni anno in Europa), ha un incidenza bassissima. È la conseguenza della dieta vegetariana seguita dai camerunesi. Questi ultimi mangiano infatti enormi quantità di frutta, verdura, legumi, poco pesce e pochissima carne, favorendo la formazione di feci abbondanti e morbide che prevengono la neoplasia del colon. Il tumore al seno è pressoché sconosciuto in Giappone, in particolare sull’isola di Okinawa. Qui la gente si abbuffa soprattutto di alghe e formaggio di soia, alimenti che contrastano la formazione dei radicali liberi (scorie prodotte dal metabolismo), nemici dichiarati dell’organismo. Inoltre gli abitanti di questa zona del Sol Levante osservano la regola confuciana dell’“hara hachi bu”, secondo la quale per stare bene è necessario non riempire mai lo stomaco oltre l’80% delle sue possibilità. In questo angolo del Giappone sono altrettanto rare le malattie neurodegenerative come l’Alzheimer, che vengono combattute assumendo grandi quantità di curry, miscela di aromi e spezie usata per condire gli alimenti. L’obesità è una patologia poco diffusa in molte aree del Brasile, dove però si muore di malattie oggi curabilissime nei Paesi civilizzati come la malaria, la diarrea e il tetano. Fatta eccezione per le grandi città, dove i chili di troppo non mancano, in diverse zone del bacino amazzonico si evita l’accumulo di chili di troppo grazie a una dieta a base di foglie di taro (una bulbosa locale), zuppe di pesce, fagioli e manioca. Importante anche la notevole attività fisica praticata. Il diabete – malattia simbolo dell’Occidente – ha invece un’irrisoria incidenza nella Cina rurale e in Messico. Il fenomeno è la conseguenza del fatto che in Cina il 99% delle calorie è di origine vegetale (l’1% di origine animale), mentre in Messico – specialmente nella regione della Sierra Madre del Sur – l’obesità è tenuta a bada da piatti a base di mais, fagioli e zucche. Le malattie cardiovascolari sono molto rare a Creta, l’epicentro della dieta mediterranea. In questo avamposto dell’Europa meridionale le persone consumano in abbondanza alimenti con un alto potere antinfiammatorio che contrasta infarti, ictus e arteriosclerosi. Ci sono per esempio legumi, noci, aglio, erbe aromatiche, un po’ di vino, e pochissima carne nei piatti dei cretesi. La depressione è una patologia marginale in Islanda, compresa quella stagionale. In questa zona dell’estremo nord, gli abitanti osservano una dieta iperproteica ricca di grassi omega 3 che influiscono positivamente sull’umore. A tal proposito vari studi hanno chiarito che queste sostanze sono in grado di rafforzare l’attività cerebrale dei neurotrasmettitori serotonina e dopamina, producendo un effetto benefico sugli stati d’animo. Presso le isole Fiji – nazione insulare a sud dell’Oceano Pacifico - non sono frequenti le carie dentarie. Ciò è dovuto al fatto che gli abitanti locali assumono pochissimi cibi a base di carboidrati: banditi non sono solo i dolci, ma anche pane e pasta. Infine l’invecchiamento è egregiamente contrastato in Sardegna, specialmente nella zona del Gennargentu, in località come Taluna. In questo angolo insulare del Belpaese la percentuale di centenari rispetto alle altre parti d’Italia è maggiore del 50%. L’invecchiamento dell’organismo è tenuto a freno osservando una dieta basata sul consumo moderato di vino e molti vegetali e tenendo lontano lo stress.
(Pubblicato su Libero il 19 marzo 09)
(Pubblicato su Libero il 19 marzo 09)
lunedì 16 marzo 2009
Penuria d'organi: studioso di Oxford propone l'utilizzo di feti abortiti
La carenza cronica di donatori d’organi, associata al fatto che la popolazione invecchia sempre di più e sono sempre di più i pazienti che necessitano di ricevere un rene o un fegato ‘nuovo’, sta portando gli scienziati a considerare strade terapeutiche mai imboccate, spesso a dir poco avveniristiche. Fra queste c’è quella divulgata ieri dai principali tabloid britannici: utilizzare i feti abortiti. Reni, fegati e polmoni di bambini mai nati potrebbero infatti essere trapiantati in malati in condizioni disperate, contrastando definitivamente la cronica penuria di organi. Portavoce di questa proposta è un luminare della ricerca sulle cellule staminali, Richard Gardner, dell’Università di Oxford il quale parla comunque di “una scelta temporanea”, in attesa di nuove rivoluzionarie invenzioni in campo medico. Lo scienziato dice che i tessuti fetali potrebbero concretamente offrire una valida alternativa alle tante altre strade finora percorse per risolvere la crisi di organi, ma che non hanno ancora dato i risultati sperati. Gardner si riferisce per esempio alle stesse cellule staminali e ai cosiddetti xenotrapianti, ovvero i trapianti da animale a uomo. Nell’uno e nell’altro caso, spiega il ricercatore, si è ancora in alto mare. Le cellule staminali hanno grossi poteri ma ancora non è chiaro il loro comportamento una volta introdotte in un organismo. Potrebbero, per esempio, causare tumori. Creare in laboratorio degli organi ex novo partendo da culture di cellule staminali potrebbe in ogni caso essere verosimile, ma la soluzione non è certo dietro l’angolo. Per ciò che riguarda invece gli xenotrapianti, anche qui, la situazione è tutt’altro che rosea. In quasi 50 anni di esperimenti si sono ottenuti risultati miseri. Negli anni ’70 un uomo resistette per nove mesi con un rene di scimpanzè; negli anni '80 una bambina sopravvisse per qualche settimana con un cuore di babbuino; negli anni '90 due pazienti ricevettero due fegati di babbuino e tirarono avanti l'uno per settanta giorni e l'altro per ventisei giorni. Tutto qui. Dunque, per Richard Gardner, la proposta di utilizzare i tessuti dei feti abortiti resta l’unica per poter davvero fronteggiare il problema e contrastare, inoltre, il traffico clandestino di organi. Gardner dice che sono stati già fatti diversi esperimenti di questo tipo sui topi, che hanno dato esiti confortanti. In particolare si è visto che i reni di feti abortiti introdotti in un organismo adulto si sviluppano con grande rapidità. Ma la proposta di Gardner ha sollevato un vespaio di polemiche soprattutto da parte di più gruppi medici religiosi che hanno parlato di un’idea “moralmente ripugnante”. Fra i più accaniti oppositori dello studioso di Oxford c’è per esempio Peter Saunders, del Christian Medical Fellowship, il quale dice che “trapianti di questo tipo sono profondamente immorali. E che anche un bimbo mai nato – spiega – esige rispetto e protezione”. Analoghe le esternazioni di Josephine Quintavalle, del Comment on Reproductive Ethics, la quale descrive la proposta di Gardner come “assolutamente orribile”. Inoltre si chiede: “Chi mai avrebbe il coraggio di comunicare a una donna che ha abortito, ‘scusi possiamo utilizzare un organo del suo feto?’”.
sabato 14 marzo 2009
Concepito per curare il fratellino. A 5 mesi lo guarisce dall'anemia
L’idea di far nascere un bambino ‘su misura’ per salvare il fratello ha avuto successo. La storia dei due fratellini spagnoli Andres e Javier inizia cinque mesi fa quando viene alla luce Javier in una clinica spagnola. Il secondogenito nasce con uno scopo ben preciso: salvare la vita al fratellino malato di beta-talassemia, l’anemia mediterranea (patologia ereditaria), tramite la selezione genetica pre-impianto (tecnica vietata in Italia dalla legge 40). I medici intervengono quando il bimbo non è ancora nato – e non è nemmeno nella pancia della mamma - modificando il suo corredo genetico, così da farlo nascere senza la malattia del fratello e in modo da utilizzare il suo cordone ombelicale per un trapianto di midollo osseo che possa guarire Andres. L’operazione di fecondazione assistita riesce alla perfezione: Javier nasce infatti sano, pesa 3 chili e 400 grammi e non ha alcun problema di salute. È l’ottobre del 2008. Il 23 gennaio del 2009 presso l’Hospital Virgen del Rocio di Siviglia, Javier dona il suo midollo al fratello, fra le speranze dei medici e quelle dei genitori dei due fratellini. Di ieri, infine, la notizia che tutti si aspettavano, diffusa dal quotidiano spagnolo ‘El Mundo’: l’operazione è perfettamente riuscita e Andres è guarito dalla beta-talassemia. Il sangue del cordone ombelicale del fratellino Javier, impiegato per il trapianto di midollo osseo, ha infatti consentito ad Andres di cominciare a produrre globuli rossi normali. “L’intervento si è svolto senza incidenti e non c’è stato bisogno di alcun tipo di trasfusione – fanno sapere i medici spagnoli. Andres ha lasciato l’ospedale il 18 febbraio e dovrà sottoporsi a dei controlli ogni sette giorni. I genitori dei due piccoli, originari di Cadice, sottolineano come – senza il ‘via libera’ della Commissione Nazionale per la Riproduzione Assistita – non avrebbero mai potuto guarire Andres, e in pratica avere due bimbi perfettamente sani. La tecnica medica di cui si sono avvalsi è molto particolare ed è stata utilizzata in Spagna per la prima volta. Grazie ad essa è possibile verificare se un embrione è sano o meno dal punto di vista genetico, prima che di essere trasferito nell’utero materno. Questo tipo di procedimento, rigorosamente vietato in Italia, è potenzialmente eseguibile su tutti gli embrioni ottenuti con la fecondazione ‘in vitro’. Etica a parte, il metodo ha consentito di concepire un bambino sano, ma anche un donatore idoneo per un piccolo di 7 anni altrimenti condannato a sottoporsi a continue trasfusioni, l’unica cura oggi valida per contrastare la malattia. La beta-talassemia, detta anche talassemia intermedia o anche morbo di Cooley, è una malattia genetica che si esprime tramite una sintesi difettosa delle catene beta dell’emoglobina, proteina che trasporta l’ossigeno. A causa della produzione difettosa di catene beta, le catene alfa si uniscono fra loro e formano degli aggregati che danneggiano la membrana del globulo rosso. Ne deriva la distruzione precoce dei precursori dei globuli rossi nel midollo e, in misura minore, la loro distruzione nella milza per il processo noto come emolisi.
(Pubblicato su Libero il 14 marz 09)
(Pubblicato su Libero il 14 marz 09)
venerdì 6 marzo 2009
La dieta del macho
Cibo e sesso. Binomio da sempre caro all’immaginario collettivo. In molti infatti ritengono che sia possibile incrementare il desiderio sessuale mangiando determinati alimenti, così come identificare particolari carenze affettive laddove si eccede con un certo nutrimento. Ma da un punto di vista scientifico cosa c’è di vero in tutto questo? La risposta arriva da un team di studiosi della Società Italiana di Andrologia, impegnato dal 23 al 28 marzo con la 9° edizione della Settimana della Prevenzione Andrologica, che consentirà a chiunque di farsi visitare gratuitamente in 235 centri specializzati. Secondo gli scienziati – nella letteratura medica - sono più di 300 gli articoli scientifici riferiti alle sostanze afrodisiache e una quarantina quelli dedicati ai cosiddetti “cibi afrodisiaci”. Tuttavia non si è ancora fatto luce in modo preciso sulle qualità “erotiche” degli alimenti, poiché molte volte a eccitare sessualmente una persona non è l’alimento in sé, bensì l’emozione – e la relativa suggestione – che deriva da un particolare incontro, a pranzo o a cena. Comunque sia, se proprio si vuole cercare una dieta tipicamente afrodisiaca, gli studiosi non hanno dubbi a indicare la “dieta mediterranea” (battezzata anche “la dieta dell’amore”). Largo quindi ad alimenti come pasta, riso e pane, in primis, e subito dopo a frutta e verdura, olio d’oliva, e yogurt che andrebbero consumanti quotidianamente. Settimanalmente sono invece indicati uova, pesce e pollo, e mensilmente la carne. Preferire alimenti freschi, ricchi di antiossidanti, e ridurre i grassi animali. Ma quali sono gli alimenti che davvero stimolano il desiderio sessuale? “Abbiamo per esempio i tartufi – racconta Nicola Mondaini, dirigente medico dell’Ospedale S. Maria Annunziata dell’Università di Firenze – che contengono l’androstendiolo, sostanza fondamentale per l’attività sessuale, così come la feniletilamina contenuta nel cioccolato e nel formaggio, prodotta dal cervello durante le fasi di innamoramento”. Altri alimenti utili alla sessualità sono la senape che attiva le ghiandole sessuali, lo zafferano che stimola le zone erogene, e il sedano che fluidifica il sangue, e il vino rosso specie per le donne. I ricercatori affermano che un’alimentazione corretta aiuta anche a combattere i problemi di infertilità. Certi tipi di alimenti, infatti, non incrementano solo il desiderio sessuale - agendo sui corpi cavernosi degli organi genitali, facilitando l’erezione e aumentando la quantità di ormoni fondamentali come il testosterone - ma anche migliorando la qualità dello sperma. una dato da non sottovalutare se si pensa che secondo le stime degli andrologi negli ultimi 40 anni i problemi di infertilità maschile sono cresciuti notevolmente: le indagini rivelano che dagli anni ’70 a oggi è diminuito il numero di spermatozoi per millimetro di sperma da 71milioni a 60milioni, con una riduzione della motilità negli ultimi 30 anni fino al 30% degli spermatozoi. Gran parte di questi problemi sono appunto dovuti alla cattiva alimentazione e all’obesità che ne deriva. Il fenomeno, peraltro, riguarda sempre più spesso anche i giovanissimi. In questo caso i chili di troppo determinano un innalzamento della temperatura dei testicoli che può superare i 36° - 37° gradi con gravi conseguenze per la salute del liquido seminale. “Abituare i bambini sin da piccoli alla dieta mediterranea può aiutare a contrastare molteplici problemi sessuali in età adulta – chiude Mondaini -. A questo è necessario affiancare l’attività fisica, e abbandonare vizi pericolosi come il fumo e l’utilizzo di droghe”.
(Pubblicato su Libero il 6 marzo 09)
(Pubblicato su Libero il 6 marzo 09)
mercoledì 4 marzo 2009
Vizi e virtù del Viagra
Sono passati più di dieci anni dall’entrata in commercio del Viagra e la sua importanza nella lotta all’impotenza è ormai consolidata. Ciò che però ancora non si sa con precisione è se il famoso medicinale può far bene anche in altre situazioni. A questo proposito uno studio divulgato recentemente da esperti dell’Università La Sapienza di Roma dice che il Viagra è benefico anche per il cuore. In particolare, secondo gli scienziati, è in grado di aiutare a recuperare la funzionalità cardiaca perduta in pazienti obesi e diabetici. Lo studio - condotto su 100 malati, tutti contraddistinti da un cuore patologicamente ingrossato, ha dimostrato che il sildenafil - principio attivo del Viagra - riesce a modificare la struttura del corpo cardiaco e, rafforzando la struttura muscolare, anche a migliorare la sua funzionalità. La notizia desta una certa curiosità in quanto si è spesso detto che il Viagra è controindicato per chi soffre di malattie cardiovascolari, o chi – avendo la pressione alta – lo assume durante il periodo estivo. Dunque dove sta la verità? Il sildenafil, dopo più di dieci anni di consumo su larga scala, fa bene o male al cuore? “All’inizio si pensava che potesse creare dei problemi cardiovascolari – dice a Libero Patrizio Rigatti, Direttore del dipartimento di Urologia dell’Università Vita-Salute del San Raffaele – oggi, però, questo rischio si sa che è infondato. Il Viagra è sconsigliato solo alle persone in cura con nitrati, come quelle che soffrono di qualche forma di angina. In questi casi la medicina può provocare un repertino calo della pressione arteriosa che può anche costare la vita al paziente”. Secondo i cardiologi e gli urologi la correlazione fra attività cardiovascolare e impotenza (e quindi utilizzo del Viagra) è sempre stata nota, partendo dal presupposto che nel 50% dei casi la disfunzione erettile è addirittura in grado di predire un infarto. Ciò che non era ufficiale è che potesse realmente fare bene anche al cuore, migliorando la sua vascolarizzazione. “In pratica l’azione benefica del sildenafil nei confronti del cuore è analoga a quella espressa dalla stessa molecola per ciò che riguarda i corpi cavernosi del pene – continua Rigatti -. In entrambe le situazioni, infatti, si ha un miglioramento della circolazione sanguigna. Nel primo caso si vince l’impotenza, nel secondo si contrasta l’ingrossamento del muscolo cardiaco, molte volte anticamera dello scompenso cardiaco, tipico di chi soffre di diabete o obesità”. Ma le proprietà terapeutiche del Viagra non finiscono qui. Il medicinale infatti viene anche utilizzato per contrastare l’ipertensione polmonare, grave patologia che si verifica nel momento in cui la pressione nel ventricolo destro a riposo supera i 25 mmHg. Recentemente dei ricercatori della Universisty of Alberta ad Edmonton in Canada hanno valutato gli effetti nel lungo periodo del Sildenafil coinvolgendo con successo 4 pazienti con ipertensione polmonare. Il farmaco è stato somministrato al dosaggio di 50 mg ogni 8 ore per 3 mesi e in tutti i casi esaminati c’è stato un miglioramento netto della patologia. Dunque il Viagra fa sempre e comunque bene alla salute? “In realtà non sempre è così – prosegue Rigatti -. Come dicevamo prima non è consigliato in chi assume farmaci a base di nitrati. Va poi aggiunta un’altra categoria di malati: quelli affetti da rare e gravi patologie oculari. Chi ha problemi di vista dovrebbe rivolgersi a un oculista prima di assumere il Viagra”. Contro il Viagra c’è infine anche uno studio pubblicato su Fertility and Sterility nel quale si dice che il medicinale ha il potere di ridurre la fertilità maschile danneggiando gli spermatozoi. In questo caso i ricercatori della Queen’s University di Belfast hanno messo in luce che gli spermatozoi esposti al Viagra, a concentrazioni simili a quelle assunte dai maschi, provocano danni a livello dell’acrosoma, il "cappuccio" che copre la testa dello spermatozoo, importantissimo per la fertilità. “Questi risultati però – chiude lo specialista del San Raffaele - necessitano di valutazione su ampia scala e su casistiche multicentriche”.
(Pubblicato su Libero il 4 marzo 09)
La dieta mediterranea? Si segue di più al Nord
Secondo recenti stime diffuse dall’Istat e riprese dagli esperti dell’Associazione italiana di dietetica e nutrizione clinica gli italiani hanno sempre più problemi legati a sovrappeso e obesità. Nel Belpaese su cento persone oltre i 18 anni 9,8 sono obese, 34,2 in sovrappeso, 52,6 normopeso e 3,4 sottopeso. Ciò significa che, su cento italiani over 18, ben 44 hanno problemi, più o meno preoccupanti, con la bilancia. Il fenomeno è in continua crescita: gli obesi - negli ultimi cinque anni - sono infatti cresciuti del 9%, soprattutto tra i maschi di 25-44 anni e tra gli anziani. Queste cifre, addirittura, sembrerebbero sottostimate e per questo molti scienziati preferiscono affidarsi a quelle del Progetto Cuore dell’Istituto Superiore di Sanità, che posizionano l’obesità intorno al 20% (18% per gli uomini e 22% per le donne). “Il campione del Progetto Cuore, anche se ristretto, trasmette un allarme da non sottovalutare – dice Giuseppe Fatati, responsabile Unità di diabetologia e dietologia dell’Ospedale di Terni. Fra i dati che sorprendono di più c’è quello relativo al fatto che l’obesità colpisce soprattutto il sud dell’Italia, laddove, in teoria, si dovrebbe seguire più che altrove la cosiddetta “dieta mediterranea”, fra le migliori diete legate al buon invecchiamento e alla buona salute. A questo punto sorge lecita la domanda: come mai l’obesità riguarda soprattutto le regioni meridionali? “Le spiegazioni possono essere diverse – continua Fatati -. Innanzitutto l’approccio culturale all’obesità come malattia rappresenta un elemento di differenziazione: al sud, ad esempio, il peso, almeno per alcuni strati sociali, rappresenta la sicurezza e la posizione economica e non viene visto come un pericolo per la salute. C’è poi il fenomeno della scelta degli alimenti legata al reddito: L’Istat, nel rapporto sui consumi delle famiglie italiane per il 2007, parla di strategie di risparmio messe in atto scegliendo prodotti di qualità inferiore. Nel nord la percentuale di famiglie che dichiara di aver limitato l’acquisto o scelto prodotti di qualità inferiore varia dal 30% nel caso del pane al 39% per carne e pesce, al sud, ad esempio per il pesce, la percentuale sale addirittura al 59%. Lo stesso fenomeno si osserva, chiaramente con numeri diversi, per frutta e verdura”. In pratica gli specialisti spiegano questa situazione affermando che nelle regioni del sud si ingrassa di più perché si mangia peggio, non si segue la dieta mediterranea, in risposta a condizioni economiche spesso difficili; peraltro in meridione è ancora viva l’idea che “grasso è bello”, ovvero che una persona in carne è sinonimo di un individuo che gode di buona salute e di una condizione economica soddisfacente. Gli esperti rivelano che le regioni con il più alto tasso di sovrappeso tra gli over 18 sono: Campania, Sicilia, Puglia e Calabria. Vanno meglio Trentino Alto Adige, Lombardia, Piemonte e Liguria. Il rapporto Sud/Nord si mantiene anche a proposito di obesità: le “peggiori” sono Basilicata, Molise, Campania e Sicilia; le “migliori” Piemonte, Valle d’Aosta, Friuli Venezia Giulia, Lombardia e Liguria. Se si sommano i tassi di obesità con quelli di sovrappeso, le regioni italiane dove ci sono più adulti con problemi legati ai chili di troppo sono: Campania, Molise e Sicilia. E quelle dove gli italiani cavalcano sereni la bilancia sono: Lombardia, Trentino Alto Adige e Piemonte. A parte l’aspetto regionale, comunque, l’obesità è anche figlia di molti altri fattori più o meno importanti. Dell’argomento se ne è parlato anche pochi giorni fa nel corso di un incontro su un progetto contro l’obesità organizzato a Roma. Secondo Giuseppe Rosano, direttore del Centro di Ricerca Clinica dell’IRCCS San Raffaele di Roma, il rischio di ingrassare può essere dovuto a molteplici fattori fra cui il fatto di avere dei genitori obesi (uno o entrambi), l’adiposità precoce (prima dei 3 anni e mezzo), la vita sedentaria (o per i bambini trascorrere più di otto ore a settimana davanti alla televisione). A rischio, infine, anche chi dorme meno di 8 ore per notte da adulti, presenta un peso elevato alla nascita, aumenta velocemente di peso dopo la nascita, guadagna molto peso durante il primo anno di vita, subisce il fumo materno tra il settimo e l’ottavo mese di gravidanza.
(Pubblicato su Libero il 20 febbraio 09)
(Pubblicato su Libero il 20 febbraio 09)
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