Telecomandi e interruttori. Sono questi
– e non gli angoli più nascosti della camera e dei sanitari – i
punti dove si annidano più batteri negli alberghi. Sono i risultati
di uno studio diffuso dall'Università di Houston, in USA, e ripresa
dalla rivista italiana Airone. Secondo la ricerca originariamente
diffusa sulle pagine dell'American Society for Microbiology, bagni e
letti sono molto più puliti rispetto ai telecomandi dei televisori e
dei condizionatori d'aria e agli interruttori della luce. Il motivo è
semplice: gli addetti delle pulizie concentrano le loro attenzioni su
ciò che balza subito all'occhio, come i sanitari o i letti che se
non sono ben fatti suscitano le lamentele degli ospiti. Non importa
se il “vero sporco” è molto più a portata di mano!
venerdì 28 settembre 2012
martedì 25 settembre 2012
Esce dal coma e si ritrova nel 1998
La famiglia di Sarah Thomson |
Una donna di 32 anni, inglese, si risveglia dal coma convinta di essere una teenager. La sua memoria arriva fino a tredici anni fa, dopodiché si “spegne”: ha, infatti, dimenticato tutto ciò che è accaduto dal 1998 a oggi. Sarah Thomson non riconosce più il marito Chris sposato dieci anni fa, né i tre figli: Michael di quattordici anni anni, Daniel di cinque e Amy di quattro. E naturalmente è all'oscuro di tutti gli eventi più importanti che si sono succeduti in questo ultimo decennio, fra cui la scomparsa di Michael Jackson; in compenso è tutt'ora convinta che le Spice Girls stiano dominando le classifiche di mezzo mondo; che siano appena stati inventati gli mp3; che non ci sia stato nessun matrimonio reale; e che Bill Clinton continui a negare di avere avuto una storia con la Levinsky. Tutto questo dopo dieci giorni di incoscienza, dovuti a gravi problemi circolatori a livello cerebrale, che hanno impedito il normale flusso sanguigno. Ora, però, le cose vanno molto meglio e sta piano piano tornando a riconoscere i suoi cari. «Quando mi hanno presentato i miei figli non avevo idea di chi fossero», ha raccontato la signora Thomson. Ci vorrà del tempo prima che la Thomson possa ricordare tutto ciò che ha dimenticato, tuttavia è sulla buona strada anche grazie alla pazienza e all'amorevolezza del marito che la segue dal primo giorno in cui è stata dimessa dall'ospedale. «Non è stato facile svegliarmi per tanti mesi di fianco a un perfetto sconosciuto», dice la Thomson, con una punta di ironia. Ma come è possibile perdere la memoria dall'oggi al domani, senza chiamare in causa malattie come la demenza senile e l'Alzheimer? Ammesso che questo caso della donna inglese sia più unico che raro, i medici parlano di improvvisa perdita di memoria nel momento in cui si verifica la cosiddetta “amnesia globale transitoria”. Può insorgere nei casi più disparati, compresi traumi, ictus e attività sessuali. In questo caso il malato non ha più idea di cosa stia facendo e di dove si trovi. La perdita di memoria è, di fatto, frequente dopo un trauma cranico. La letteratura stessa è piena di riferimenti a personaggi che in seguito a 'un colpo' non ricordano più nulla. Molti pazienti soffrono di un'amnesia post-traumatica, o anterograda o retrograda. La prima determina una perdita di memoria che non compromette i ricordi del passato, ma influisce negativamente sull'acquisizione di informazioni derivanti dal presente. La seconda concerne la perdita di memoria relativa ai fatti precedenti il trauma, mentre lascia intatti i ricordi successivi all'incidente. «Se il trauma cranico risparmia le aree temporali danneggiando esclusivamente i lobi frontali, è possibile diagnosticare un problema di memoria piuttosto specifico, caratterizzato da un deficit di recupero dell'informazione», rivelano i tecnici di Neuropsy. «Pazienti con danno frontale tendono ad avere buone capacità di riconoscimento dell'informazione e cattive prestazioni nella produzione di materiale appreso. La prestazione deficitaria nei test di fluenza verbale, soprattutto nei test di fluenza fonemica, costituisce in fondo un caso particolare di deficit di recupero del materiale mnestico. Per quanto concerne la memorizzazione di nuove informazioni, è possibile che il danno frontale possa portare ad un deficit di categorizzazione: le informazioni vengono memorizzate in maniera non strutturata, e questo ne rende difficoltoso il successivo recupero. Vengono dunque meno alcune strategie semantiche e contestuali che, in condizioni normali, giocano un ruolo importante nel memorizzare e nel recuperare le informazioni». Non è comunque la prima volta che fa notizia la storia di una persona giovane che perde la capacità di ricordare. Qualche anno fa ci fu il caso di un provetto pianista che venne recuperato, completamente privo di memoria, mentre vagava senza meta su una spiaggia dell'isola di Sheppay. Si parlò di un caso di amnesia “non organica”, ossia priva di lesioni cerebrali. Fu un caso di amnesia psicogena, o isterica, dovute probabilmente a un trauma di natura psichica come un forte dispiacere o un grande dolore. La notizia guadagnò le pagine del Corsera e arrivò a coinvolgere eminenti scienziati che cercarono di dare una spiegazione all'accaduto. Il professor Hans Markowitsch, psicofisiologo dell'Università tedesca di Bielefeld, per esempio, sostenne che le amnesie psicogene potrebbero avere alla base un'alterazione del metabolismo cerebrale, con un malfunzionamento di diversi sistemi di neurotrasmissione e ormonali che coinvolgono i glucocorticoidi, l'acetilcolina e i GABA-agonisti. Da tali alterazioni deriverebbe il vuoto di memoria, anche quando la causa scatenante è puramente psicologica. «Queste condizioni possono essere interpretate come una sindrome da disconnessione: in pratica, si instaura un blocco tra le strutture deputate al recupero della memoria e le zone cerebrali nelle quali la memoria è depositata. Per le forme con amnesia anterograda - quelle in cui è in gioco la capacità di fissare nuovi ricordi - invece, la disconnessione è tra le aree cerebrali deputate alla codifica del ricordo e quelle di deposito».
mercoledì 19 settembre 2012
La moglie di Gesù
Notizie
di questo tipo è giusto prenderle con le pinze, tuttavia vale la
pena citarle: stando infatti a un papiro del IV secolo scoperto da
Karen King, studiosa di Storia della cristianità ad Harvard, ciò
che ci è stato detto e tramandato a proposito di Gesù è
frammentario, per non dire contradditorio; e in quest'ultimo caso
riguarda il fatto che, con ogni probabilità, il messia era sposato.
Con chi? Se è vero quel che ipotizzano i vari scienziati coinvolti
nella ricerca, probabilmente con Maria Maddalena. Lasciando perdere
le congetture danbrownesche, facilmente rispolverabili in questi
contesti, benché del tutto inventate, qui ci si riferisce a un
autentico frammento di papiro – di quattro per otto centimetri (sì
e no come una carta di credito) - scritto in copto, in cui Gesù
farebbe intendere di avere una propria “moglie”. “Lei sarà in
grado di essere mia discepola”, riporta il sito internet del New
York Times. E aggiunge, evidenziando un dialogo: “Gesù disse loro:
'Mia moglie...”. E ancora: “Io abitare con lei”. Sono poche
righe, scritte a caratteri minuscoli, in nero, evidenziabili solo con
la lente di ingrandimento, ma, secondo la ricercatrice statunitense,
del tutto veritiere. L'argomento è stato affrontato dalla King nel
corso del Convegno Internazionale di Studi Copti. La studiosa intende
far analizzare i suoi risultati da altri ricercatori, tuttavia
azzarda che la sua scoperta potrebbe cambiare il corso degli studi
cristologici affermando che l'astinenza sessuale non doveva essere
una prerogativa dei primi cristiani e che la Maddalena non era una
prostituta. Ci sono ancora molte considerazioni da fare e su cui
riflettere. È del resto verosimile l'attendibilità del papiro,
tuttavia va considerato che si tratta di una trascrizione,
presumibilmente dal greco, avvenuta nel Primo secolo o nel Secondo
secolo. La King ha parlato del “Gospel of Jesus Wife” e lo
associa agli scritti del Vangelo di Tommaso e quello di Filippo. Ma
non esprime verità assolute. Eloquenti le sue parole diffuse da
Wired: «Non
è certo una prova del fatto che Gesù avesse una moglie,
quanto
di quello che nel II secolo d.C. qualcuno aveva la certezza che fosse
sposato.
Del
resto non vi sono neanche prove certe del fatto che Gesù non fosse
sposato anche se la tradizione cristiana ha sostenuto questa
posizione». Se fosse, quindi, stato manipolato? Se, infatti, la
manipolazione dei testi di Giuseppe Flavio e Tacito è spesso presa
in analisi, sarebbe del tutto lecito sospettare la stessa cosa per
questo minuscolo frammento storiografico. Di fatto anche la King era
dubbiosa nel giorno in cui un anonimo appassionato si fece avanti per
sottoporle il manoscritto. Via mail! Poi, però, sono stati
significativi gli interventi di luminari in questo campo come Roger
Bagnall, papirologo e direttore dell'Institute for the Study of the
Ancient World della New York University e AnnaMarie Luijendijk che
ritengono il documento attendibile. «Sono
convinto – sulla base dello studio del linguaggio e della
grammatica adoperati – che il testo sia autentico», è stato
invece il parere espresso da un ricercatore della Hebrew University
di Gerusalemme. Ma c'è chi storce il naso, dicendo che il reperto è
troppo perfetto per essere vero e che non sono chiare le origini.
Risalirebbe a un insieme di documenti comparsi dal nulla nel 1987. Il
più scettico è Larry Schiffman, ex docente della Yeshiva
University, che senza mezzi termini dice che sono proprio «le cose
più eccitanti quelle falsificate con più probabilità». Ancora una
volta, in ogni caso, le sacre scritture vengono rimesse in
discussione. Poco tempo fa perfino il Papa è tornato a parlare (più
o meno indirettamente) della verosimiglianza storica dell'apostolo
che lo tradì, Giuda. L'argomento è stato ripreso da tutti i
principali giornali italiani, riferendosi alle grosse lacune che
ancora caratterizzerebbero il mondo “letterario” cristiano. Il
Papa ha alluso a Giuda in qualità di personaggio appartenente agli
zeloti, gruppo politico religioso, difensore dell'ortodossia e
dell'integralismo ebraici. In pratica erano ribelli contro il dominio
romano. Secondo il Papa l'apostolo “voleva un messia vincente che
guidasse una rivolta contro i Romani”. Così – secondo molti
critici - viene sminuita la sua figura di traditore, “giustificando”
la sua azione come la volontà di creare i presupposti per una
sommossa che potesse riportare la Palestina nella mani dei legittimi
proprietari. Sicché parrebbe la parafrasi delle ricerche condotte da
Marvin Meyer, lo studioso americano – da poco scomparso - che
diresse il progetto della National geographic society sul Vangelo di
Giuda. Il testo di tale apocrifo, due fogli, fu restaurato dal 2001 e
pubblicato nel 2006. Ritrovato a Minya (Egitto) nel 1978, composto
tra il 130 e il 170 della nostra era, riporta alcune conversazioni
tra Gesù e Giuda e dà adito a un'eloquente immaginario: l'apostolo
acquista, infatti, nuova luce, sino a diventare uno degli amici più
vicini al Figlio di Dio. In attesa delle profetiche conclusioni del
prossimo vangelo apocrifo spedito chissà come.
mercoledì 12 settembre 2012
Un uomo da Guinness
Odia gli
spinaci, ma ha sviluppato bicipiti in tutto e per tutto simili a
quelli che, l'immaginario collettivo, attribuisce a Braccio Ferro.
«Tutti ormai dicono che assomiglio a Popeye, The Sailor Man»,
ammette con una punta di autocompiacimento. «In realtà, penso che
le mie braccia siano molto più grandi di quelle di Braccio di Ferro».
È un bodybuilder egiziano, il ventiquattrenne Moustafa Ismail, che,
dopo dieci anni di allenamento, ha sviluppato i muscoli del braccio
più grandi del mondo - 31 pollici, circa 80 centimetri - equivalenti
alla circonferenza della vita di un uomo adulto. Dall'Egitto s'è
trasferito in USA, per poter frequentare le palestre più attrezzate
e all'avanguardia. (Ma c'è chi dice che l'abbia fatto perché non è
stato accettato nella squadra di body building egiziana).Qui ha
incontrato Carolina, con la quale s'è sposato, trovando una valida
alleata nella sua corsa al fisico più possente della Terra. Per
sostenere i durissimi esercizi ai quali si sottopone quotidianamente,
per due volte al dì, mangia tre libre (circa quattro chili) di pollo
al giorno, più un chilo di carne o pesce e grandi porzioni di
carboidrati. Per queste sue caratteristiche, il Braccio di Ferro
egiziano entrerà nel Guinness dei Primati nel 2013.
martedì 4 settembre 2012
Uomini e donne vedono in modo diverso
Tante
volte ci siamo domandati come vedono gli animali, per esempio il
nostro cane, ma anche gli insetti che svolazzano intorno ai nostri
roseti. In realtà, senza andare troppo lontani, l'originalità
visiva, è un fattore intrinseco alla specie umana. Stando infatti a
una serie di recenti ricerche uomini e donne vedono in maniera
diversa, specialmente per ciò che riguarda i colori. Ecco un esempio
pratico: osservando un'arancia, l'uomo la vedrà più rossa rispetto
alla donna; analogamente a un esponente del sesso forte, una distesa
erbosa apparirà più gialla, rispetto all'attitudine del gentil
sesso. Forse è anche per questo che, secondo vari test condotti
dall'Università di Rochester, gli uomini sono particolarmente
attratti dalle donne che indossano un vestito di colore rosso. Tutto
risiede nella diversa capacità del cervello di “selezionare” le
tinte che ci circondano; differenze che sono emerse attraverso lampi
di luce su prodotti colorati, coinvolgendo soggetti senza problemi
visivi. Gli studiosi dell'University of New York hanno evidenziato
molte altre differenze. Per esempio gli uomini fanno più fatica
delle donne a distinguere le sottili diversità nelle tonalità di
giallo, verde e blu. Ma le donne soffrono anche meno di daltonismo e
questo può, in parte, spiegare la loro abilità visiva. «In
generale le donne soffrono meno di anomalie nella visione del colore
dato che hanno due cromosomi X, che sono quelli che portano queste
“tare”. Se uno ne è affetto, la donna “usa” l’altro,
mentre gli uomini che ne hanno uno non possono “scegliere”», si
legge su Riflessioni Ottiche. «Una spiegazione più raffinata sono
le ricerche che sembrano mostrare che alcune donne abbiano quattro
tipi di coni, invece che tre come capita normalmente negli uomini (e
nelle altre donne). Questo permetterebbe loro di riconoscere più
colori». Da qui si ricava un importante risultato: nella scelta di
alcuni prodotti, per esempio in ambito tessile, le donne risultano
certamente più attendibili. Se per un maschio, infatti, due
pantaloni appaiono di colore blu, per una donna uno potrebbe essere
più o meno scuro dell'altro. E dunque gli uomini sarebbero i
compagni meno idonei per fare shopping! In compenso gli uomini
risultano maggiormente attenti ai dettagli, circostanza che potrebbe
risalire agli albori dell'evoluzione umana, quando, durante la caccia,
i piccoli particolari potevano essere molto più importanti della
percezione di un grigio o di un bruno più o meno scuro. Ma da cosa è
influenzato il cervello? Secondo gli scienziati USA svolgerebbe una
parte fondamentale il testosterone, ormone maschile per antonomasia,
che avrebbe il “potere” di interagire con le informazioni
catturate dalla retina e in transito verso i meandri del cervello.
«Il testosterone offre “connettività” neuronali fra maschi e
femmine», rivelano i ricercatori di New York, «benché non sia
stato ancora possibile stimare in che modo l'ormone interferisca con
questa attività fisiologica». Non è, però, solo una questione di
ormoni. Coinvolti, infatti, ci sono anche i geni. Uno studio
dell'Arizona State University riferisce che la percezione dei colori
è diversa a seconda delle differenze genetiche che presiedono la
sintesi dell'opsina, elemento proteico legato alle sfumature dei
colori. Da uno studio su 236 uomini s'è riscontrata una variante
genetica in un gene specifico – l'OPN1LW – inerente una molecola
fotorecettiva sensibile al verde.
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