Le placche continentali |
Si potrebbe pensare alle macchinine degli
autoscontri che scivolano sulla pista e di tanto in tanto collidono. E' così
che funziona la Terra. Le automobili sono i continenti, e la pista è
rappresentata dall'astenosfera, la parte più superficiale del mantello
terrestre; uno strato caratterizzato da moti particolari - detti convettivi -
che interferisce con quelli rocciosi soprastanti, determinando il tipico
dinamismo delle terre emerse. Così sono nate le montagne, così si sono formati
i continenti. Una storia che prosegue da oltre quattro miliardi di anni, e ha
portato a numerosi cambiamenti nelle caratteristiche strutturali del pianeta.
Duecento milioni di anni fa esisteva un
unico blocco continentale, la Pangea, che iniziò a frantumarsi 180 milioni di
anni fa, dividendosi in Laurasia e Gondwana. Dalla Laurasia si formarono l'Europa
(e quindi l'Italia), il Nord America e l'Asia nord occidentale; dal Gondwana,
Africa, Sudamerica, India e Australia. Oggi i continenti stanno continuando a
scappare l'uno dall'altro, e già si prevede quel che potrà accadere fra 250
milioni di anni: la formazione della Pangea Ultima. Ancora un supercontinente.
Il risultato della collisione fra Europa e Africa e dell'incontro/scontro fra
Africa e Nord America. O potrebbe formarsi l'Amasia, dal confronto fra Asia e
Nord America. L'Italia non ci sarà più, ma rimarranno le sue tracce sedimentarie
intrappolate da qualche parte. Fra trecento milioni di anni, comunque, si
tornerà a una nuova frammentazione, ciclo che continuerà a ripetersi finché il
sole non esaurirà tutta la sua energia, trasformandosi in una gigante rossa e
disintegrando (quasi) tutti i pianeti che gli girano intorno.
E i terremoti? Sono il motore di questi
movimenti; con l'attività vulcanica, cui sono strettamente legati. A seguito
dell'interazione fra le placche, infatti, i continenti si avvicinano o si
allontanano, dando luogo alle aree di subsidenza e alle dorsali oceaniche. E'
il succo della cosiddetta tettonica a zolle, interpretata per la prima volta
dallo studioso tedesco Alfred Wegener nel 1912.
L'arco calabro-peloritano |
Altra zona fortemente sismica è quella
in corrispondenza delle faglie che caratterizzano il cuore del Friuli Venezia
Giulia. Il 6 maggio 1976 si ebbe una scossa di 6,4 gradi della scala Richter,
con gravissimi danni alle città di Udine e Pordenone e l'estrazione di 989 corpi
senza vita dalle macerie. Responsabile, la placca adriatica, che spingendo
verso nord, con una velocità di due millimetri all'anno, provocò più rotture di
faglia, con lo sviluppo di una fra le più potenti scosse sismiche mai
registrate in nord Italia.
Nessuna area immune dai terremoti? Forse
un paio, ma nessuno metterebbe la mano sul fuoco. Si può citare il territorio
compreso fra la Lombardia occidentale e il Piemonte orientale, e l'estremità
meridionale della Puglia. Entrambi appartengono alla zona 4, con un rischio
sismico giudicato "minimo".