giovedì 2 maggio 2019
Nueva Vida: la scoperta delle più grandi caverne bergamasche
Il meccanismo chimico è
lo stesso: prendi un po’ di acqua con disciolta una sostanza acida e
versala su una superficie calcarea e vedrai la roccia andare in frantumi. Nel
Carso avviene quotidianamente. Foibe e doline sono l’esempio classico di questa
azione erosiva dell’acqua. Ma non sono solo le affascinanti colline al di là di
Trieste; anche la catena prealpina è contrassegnata da questo tipo di roccia, e
dunque da fenomeni legati al carsismo. Il Resegone e le Grigne sono pieni di
guglie e grotte derivanti da processi simili di alterazione rocciosa. E anche
un po’ più in là verso il cosiddetto Sebino occidentale, un’area di circa cento
chilometri quadrati compresa tra il lago di Iseo e il lago di Endine, in valle
Cavallina. Dove gli speleologi stanno facendo luce su uno dei sistemi carsici
sotterranei più imponenti del Belpaese. “Per via di uno spiffero d’aria
scoperto a Fonteno, un paese della bergamasca di nemmeno mille abitanti”, dice
Maurizio Greppi, presidente dell’associazione Progetto Sebino. “Lo abbiamo
battezzato abisso Bueno Fonteno, in segno benaugurale, dopo esserci resi
conto di una voragine che sprofondava nel sottosuolo, apparentemente senza
fondo”. Alla scoperta dell’abisso Bueno Fonteno è seguita quella di Nueva
Vida. Altra girandola negli inferi. Il 1 settembre 2013 la prova del
collegamento fra i due complessi: “Da mesi ipotizzavamo un passaggio fra le
grotte”, dice Greppi. “Così siamo entrati da Nueva Vida per poi affacciarci,
dopo una entusiasmante esplorazione, su uno degli ambienti più pittoreschi di
Bueno Fonteno, il salone Portobello”. È un’immensa stanza sotterranea
potenzialmente capace di ospitare un palazzo di venti piani. Non
l’unica sorpresa emersa da questo incredibile mondo situato nelle viscere
del Sebino Occidentale, con profondità massime che superano i
cinquecento metri. Gli speleologi hanno individuato gallerie mastodontiche,
dove un camion o un bus non avrebbero problemi a passare. Pozzi profondi 170
metri, impossibili da illuminare con le comuni torce. E impensabili collegamenti
con le sorgenti carsiche che circondano l’area, talvolta utilizzate per il
rifornimento di acqua potabile. Sorpresa, infine, per il
collegamento idrogeologico con l’Acquasparsa di Grone, altro
piccolo centro in provincia di Bergamo, identificato solo poche settimane
fa. Complessivamente sono una trentina i chilometri di caverne esplorati e
mappati. “Da una parte traguardi che ci fanno sussultare”, afferma Greppi,
“dall’altra la consapevolezza di conoscere solo una minima parte della realtà
carsica sotto esame”. L’acqua analizzata nelle grotte è tendenzialmente
alcalina (con un pH maggiore di 7), per via dell’alta concentrazione di
carbonati. La temperatura media è intorno ai 9,7 gradi centigradi. L’ambiente –
supponendo lunghe permanenze - è incompatibile con la vita di un essere umano,
ma non con quella di molti invertebrati. Gli zoologi hanno classificato
coleotteri, collemboli e millepiedi. I crostacei vivono dove l’acqua è più
profonda: gli appartenenti al genere monolistra assomigliano ai porcellini di
terra e sono lunghi pochi millimetri. Abbondanti i nematodi, vermicelli a loro
agio nelle zone più fangose e potenti predatori di altre specie analoghe. Il
futuro? La scoperta potrebbe avere ripercussioni importanti, di natura
economica e sociale. Nelle grotte italiane, di fatto, scorre una quantità di
acqua sufficiente a soddisfare il doppio del fabbisogno idrico di ciascuno di
noi. Acqua di buona qualità. “Ma dobbiamo fare ancora chiarezza su
molti aspetti”, dice Greppi, “capire quanta acqua scorre nel cuore del
complesso carsico, come si muove e con quali dinamiche. Da qui si
potrà eventualmente partire per implementare la rete
acquedottistica”. Ragionando anche sulle problematiche concernenti
l’effetto serra. Oggi estese aree della Sicilia e del sud Italia sono semi
aride, e fra non molto il processo di desertificazione potrà riguardare anche
le regioni settentrionali. “Ecco perché è necessario investire nella ricerca”,
continua Greppi, “puntando sulle competenze e la passione degli speleologi”.
E non solo. Impegnati nell’approfondimento delle caratteristiche geodinamiche
dell’area carsica del Sebino, ci sono, infatti, altri due importanti enti: “Il
Lions Club Val Calepio e Valle Cavallina e la società che gestisce il servizio
idrico integrato in provincia di Bergamo, Uniacque Spa; entrambi hanno
raccolto la sfida di sostenere in maniera concreta le ricerche”. Così è
stato battezzato “100 km di Abissi”, un pionieristico progetto di ricerca che
si prefigge di stimare con buona approssimazione, nel giro di qualche anno, un
vero e proprio bilancio idrico dell’area carsica, avvalendosi della consulenza
del Dipartimento di Scienze della Terra dell’Università di Pavia. “È quantomeno
riduttivo, se non anacronistico continuare a considerare le grotte principalmente
come delle attrazioni turistiche”, conclude Greppi. “Se sussistono le
condizioni e i presupposti, ben vengano, ma senza mai scordarsi che le grotte
vanno considerate in primis per quello che realmente
sono: gli impianti idraulici delle nostre montagne”.
A un passo dalla fusione nucleare (sulla Terra)
Difficile prevedere come varierà
la popolazione a livello mondiale, ma è certo che se aumenterà sarà
fondamentale essere in grado di sviluppare nuove forme di energia per
soddisfare le esigenze di tutti. Carbone e petrolio stanno finendo e le
rinnovabili fanno fatica a decollare. Ecco perché l’attenzione degli scienziati
è rivolta all’ipotesi di fare avvenire sul nostro pianeta, quel che accade normalmente
nel cuore delle stelle. La fusione nucleare è un processo che consente la
produzione di immani quantitativi di energia ma avviene solo a temperature
elevatissime. Appunto, nel cuore di una stella, dove si arriva ai milioni di
gradi centigradi. L’alternativa sono centri di produzione energetica come l’Iter
francese (da International Thermonuclear Experimental Reactor) che promette di arrivare
a tanto entro il 2030. Oggi, però, abbiamo già ottenuto un bellissimo
risultato: un processo energetico di fusione nucleare che si è protratto per
cento secondi. Non in Francia, dove Iter vedrà la luce, ma in Cina, a Hefei,
città a est del Paese. “Perché il costo del progetto è esorbitante”, dice
Bernard Bigot, direttore generale di Iter, “e non può prescindere dalla
collaborazione duratura e proficua fra molti paesi”. In Cina è già da un po’ che
si effettuano esperimenti per poter avviare la fusione nucleare in Europa. È infatti
in azione il reattore sperimentare East (Experimental Advanced Superconducting
Tokamak), una sorta di “sole artificiale”, tarato per raggiungere temperature
estreme, impossibili da sostenere per le dinamiche terrestri. Lo scorso
novembre il primo importante step: con il raggiungimento di una temperatura di
cento milioni di gradi. Ora il traguardo di essere riusciti a prolungare questa
condizione per più di un minuto e mezzo. Record, e grandi prospettive per il
futuro: “Con questa macchina straordinaria, speriamo di contribuire in modo
determinante allo sviluppo del primo impianto per l’energia nucleare derivante
dalla fusione”, racconta Song Yuntao, fra i leader del progetto East. Siamo solo
all’inizio. Perché, costi a parte, la finalità è quella di arrivare a 150
milioni di gradi per un tempo indefinitivamente lungo. Sennò l’energia non
arriva. Ma è questa, senza dubbio, la strada da seguire. E per il 2025 potremmo
davvero essere a buon punto; in Cina, ma anche nel reattore di
Saint-Paul-lès-Durance. In Francia si arriverebbe così a imitare quel che
accade normalmente negli astri, e che non ha nulla a che vedere con la fissione
nucleare, se non per il coinvolgimento di specifiche realtà atomiche. Con la
fusione si mira, di fatto, a fondere i nuclei dell’elemento più leggero, l’idrogeno,
per ottenere atomi di elio, neutrini e soprattutto energia. Mentre la fissione
opera al contrario, coinvolgendo atomi molto pesanti che vengono bombardati
producendo energia. Le stelle funzionano con la fusione e quando avranno
bruciato tutto l’idrogeno finiranno per fondere gli elementi via via più
pesanti, fino al ferro, forse. La nostra stella ci offre l’esempio più
esplicito, dove ogni secondo 600 milioni di tonnellate di idrogeno vengono
trasformate in 596 milioni di tonnellate di elio: e come predicò Einstein per
il rapporto massa/energia si avrebbero pertanto quattro tonnellate di massa
tradotte in energia pura. Perché la fusione nucleare? Perché è molto più sicura
e redditizia della fissione. Non si correrebbero rischi come quelli di
Chernobyl; e in caso di malfunzionamento della centrale il processo si
esaurirebbe da solo, senza impattare sull’ambiente. Non ci sarebbero gas serra,
né produzione di pericolose scorie radioattive. Fra pochi anni la risposta
definitiva che potrebbe rivoluzionare il cammino del genere umano.
Iscriviti a:
Post (Atom)
-
Oggi praticamente ogni organo può essere trapiantato, consentendo la sopravvivenza (anche di molti anni) di individui altrimenti spacciati. ...
-
La maggior parte delle persone, quando parla al telefono o partecipa a una riunione, se ha a disposizione un foglio bianco e una biro, si ri...
-
Adamo: 930 anni. Set: 912. Noè: 950 anni. Matusalemme: 969 anni... Sono gli anni che avevano alcuni dei più importanti personaggi della Bibb...