La madre di tutte le lingue risorge dopo 4mila anni grazie a uno studioso americano dell'Università del Kentucky che ha registrato due favole in proto-indoeuropeo. Da essa sono derivati il latino, il greco e il sanscrito. Si parlava in mezza Europa, durante l'epopea Kurgan, fra 4mila e 2mila anni prima di Cristo; una lingua molto gutturale, di suono consonantico.
lunedì 30 settembre 2013
Ecco come si parlava in Europa 6000 anni fa
La madre di tutte le lingue risorge dopo 4mila anni grazie a uno studioso americano dell'Università del Kentucky che ha registrato due favole in proto-indoeuropeo. Da essa sono derivati il latino, il greco e il sanscrito. Si parlava in mezza Europa, durante l'epopea Kurgan, fra 4mila e 2mila anni prima di Cristo; una lingua molto gutturale, di suono consonantico.
lunedì 23 settembre 2013
Intelligenti come... una città
Milano, Torino e Genova hanno firmato un
paio di settimane fa il protocollo d'intesa per un processo condiviso di
trasformazione verso smart city. Ma non sono le uniche a muoversi in questa direzione. Ecco le principali "città
intelligenti" e gli obiettivi raggiunti...
PRATO
Ha realizzato un impianto di smart
outdoor lighting, un sistema di gestione e telecontrollo degli impianti d'illuminazione
pubblica. Si basa sulla tecnologia Minos System che consente di interagire tramite
computer o smartphone con ogni singolo lampione rivelando eventuali
malfunzionamenti. Permette di risparmiare energia elettrica e calibrare al
meglio le forze lavoro. E' entrato in funzione da poco anche il sistema Wise
Traffic Controller, che consente il monitoraggio del traffico veicolare.
VERONA
Sta spremendo le sue energie per
l'attivazione di tecnologie (Rfid) per l'identificazione e la memorizzazione di
dati relativi a mezzi in circolazione, tramite particolari dispositivi
elettronici (transponder). In questo modo la città controlla il traffico merci
nelle zone di traffico limitato (Ztl) e crea i presupposti per facilitare gli
spostamenti dei disabili.
FIRENZE
Ha appena ricevuto dal MIUR il via
libera per sette progetti d'innovazione tecnologica (per un totale di 135
milioni di euro). Si lavora per l'ottenimento di una rete Wi-Fi con 140 aree
coperte, 500 access point e 2 ore di navigazione. Un sistema di controllo
centralizzato di 214 semafori e un nuovo sistema di illuminazione pubblica
consente un risparmio energetico dell'80%; mentre mTicketing permette di
acquistare i biglietti per girare in pullman tramite smartphone e tablet.
Ottimo il sistema di infomobilità che, tramite l'azione di una centralina che
raccoglie i dati di 150 telecamere, 200 semafori, 130 sensori di traffico, 10
parcheggi, è in grado di comunicare le condizioni di viabilità e prospettarne
l'evoluzione.
GROSSETO
Ha realizzato la versione italiana della
piattaforma tedesca open source "Wheelmap", ideata per mappare i
luoghi del territorio accessibili ai disabili. In questo modo viene fornita ai
cittadini in difficoltà un'informazione rapida e istantanea (e gratuita)
tramite il collegamento al sito wheelmap.org.
L'AQUILA
E' stata recentemente premiata per aver
intrapreso un progetto per la ricostruzione "intelligente" post
terremoto. Sono state reingegnarizzate le reti cittadine di gas, elettricità e
tlc (telecomunicazioni) ed è entrato in funzione un'area telematica per
facilitare il "dialogo" burocratico fra cittadini e amministrazione. Ora
sono in programma 30 mesi di lavori (per 18 milioni di euro) per dare vita a
una rete della distribuzione elettrica in ottica smart grids (reti intelligenti
che, alle tecnologie tradizionali, affiancano soluzioni digitali innovative).
ISERNIA
E' in corso di sperimentazione la prima
smart grid made in Italy. Il progetto del valore di 10 milioni di euro è
iniziato nel 2011 e dovrebbe concludersi alla fine del 2013. Broadband (alta
capacità di trasporto delle informazioni), veicoli elettrici e dispositivi per
conoscere il reale consumo di energia nella case, i punti salienti del
progetto.
ROMA
Roma TPL, in collaborazione con Vodafone,
si è aggiudicata il premio Smart City per avere dato vita alla mobile app di
gestione multe e al sistema di Automatic Vehicle Monitoring (AVM). Gli
ausiliari del traffico possono così compilare le contravvenzione tramite
smartphone e i passeggeri conoscere per quanto tempo dovranno aspettare l'autobus.
Esistono anche piccole "realtà" ancora in fase di conferma. Air
Pollution Abatement (APA), per esempio, è opera di una star up romana. S'ispira
al ciclo della pioggia per ripulire l'aria. Un bocchettone posto a un metro dal
suolo aspira l'aria e la filtra all'interno della macchina, dove le polveri
sottili vengono raccolte e "annientate".
MILANO
Con 8 app, 11 progetti finanziati
dall'Unione Europea, 500 hot spot wi-fi e oltre 6mila chilometri di fibra
ottica, Milano si colloca al primo posto nella classifica di "città
intelligente". Sono almeno una settantina i progetti in corso per trasformare
la metropoli. Electric City Movers è un servizio di mobilità innovativo basato
sull'utilizzo di quadricicli elettrici disponibili 24 ore su 24: lo scopo è
offrire ai cittadini la possibilità di prelevare un veicolo in un angolo della
metropoli senza prenotazione, per poi rilasciarlo in un'area della città
limitrofa alla destinazione. E' in corso un progetto analogo anche per le
biciclette.
TORINO
La città piemontese sta dando ospitalità
dal 12 giugno alla prima "agorà intelligente" d'Italia. Si basa
sull'azione di lampioni factotum distribuiti in piazza San Carlo. A essi sono
integrati totem informativi, connessioni wi-fi, sistemi di telecontrollo e
videosorveglianza. Dal MIUR ha ricevuto 183 milioni di euro per finanziare 11
progetti finalizzati al collaudo di nuovi "sistemi intelligenti". Con
Milano e Genova ha firmato pochi giorni fa (nel corso degli Smart city days) un
protocollo di intesa per un processo condiviso di trasformazione verso la smart
city.
BARI
La città punta soprattutto sulle reti
elettriche integrate (smart grid) e l'ottenimento di energia dai pannelli
solari. Fra le mire della metropoli c'è quella di ridurre del 36% le emissioni
di anidride carbonica entro il 2020. Test sperimentali si stanno svolgendo
presso il quartiere Japigia, coinvolgendo 10mila persone. Altri progetti
riguardano la realizzazione di strutture geotermiche, in grado di ottenere
calore ed energia dal sottosuolo.
GENOVA
Presso il complesso popolare La Diga di
Begato, sono stati adottati stratagemmi per risparmiare energia. Si punta
sull'azione dei pannelli solari, su camminamenti isolati contro la dispersione
del calore e su un monitoraggio costante dei flussi energetici. Agli esperti
genovesi si affiancano i tecnici di Istanbul e Valladolid per il cosiddetto
progetto "R2Cities".
mercoledì 18 settembre 2013
La scienza spiega il "miracolo del sole"
«Le nuvole si aprirono e il sole
al suo zenit apparve in tutto il suo splendore. Iniziò a girare
vertiginosamente sul suo asse, come il più magnifico fuoco d’artificio che si
possa immaginare, assumendo tutti i colori dell’arcobaleno e lanciando bagliori
di luce multicolore. Questo sublime e incomparabile spettacolo, che si è
ripetuto tre volte, è durato per circa dieci minuti. L’immensa moltitudine,
sopraffatta all’evidenza di tale tremendo prodigio, si gettò in ginocchio». È
il resoconto fornito da Manuel Nunes Formigao, sacerdote del seminario di
Santarem, all’indomani del cosiddetto “miracolo del sole”, avvenuto a Fatima il
13 ottobre 1917. Era una mattina piovosa, e alla Cova da Iria, località di
pascolo nei pressi della cittadina di Fatima, si radunarono quasi centomila
persone per poter verificare ciò che andavano dicendo tre pastorelli dal 13
maggio 1917: sostenevano di avere incontrato la Madonna e che la Vergine aveva promesso
loro un prodigio “su larga scala” per convincere tutti della sua “intercessione”.
La stampa portoghese diede molta risonanza alla notizia, tanto che il 13
ottobre intervennero anche giornalisti, teologi e professori di scienze
naturali per stimare la veridicità dei fatti. Alla fine, contro ogni
previsione, le nubi si dissolsero e tutti rimasero interdetti innanzi al
“miracolo del sole”, in cui l’astro poté essere guardato senza problemi a
occhio nudo, mentre cambiava colore, dimensione e posizione per circa dieci
minuti. Anche vari uomini di scienza rimasero senza parole: «La cosa più
stupefacente era il poter contemplare il disco solare per lungo tempo,
brillante di luce e calore, senza ferirsi agli occhi o danneggiare la retina».
Così commentò l’accaduto Almeida Garrett, professore di scienze naturali presso
l’Università di Coimbra. In seguito agli eventi del 13 ottobre 1917, molti
dubbiosi che non avevano perso tempo a ironizzare sulla vicenda, si
convertirono alle parole dei pastorelli, e di lì a poco il vescovo di Leira, José Alves Corriera da
Silva, ufficializzò e autorizzò il culto della Madonna di Fatima ammettendo la
“natura soprannaturale del miracolo del sole”. Col passare degli anni, però,
tornarono sull’argomento altri studiosi, ritenendo poco esaustive le
spiegazioni rilasciate nel 1917. Il primo a stigmatizzare il “miracolo del
sole” fu Kevin McClure, autore di un’opera del 1983, intitolata “The Evidence
for Visions of the Virgin Mary”. McClure evidenziò che le impressioni
rilasciate dai tanti presenti erano fortemente discordanti fra loro, insinuando
che solo se c’è una netta corrispondenza di pareri di fronte a “un miracolo” si
può dire con certezza che sia avvenuto. Alcuni parlano di movimenti strani del
sole, senza entrare nei dettagli, altri di zig zag della corona solare, altri
ancora di rotazioni dell’astro. Anche sui presenti ci sono dubbi: le foto
lasciano intuire migliaia di persone, ma di certo non centomila; e il fatto che
non ci siano ombrelli suggerisce che le condizioni atmosferiche non fossero
così pessime come si è spesso voluto far credere. Stuart Campbell, meteorologo,
ha affermato su “Journal of Meteorology” che il “miracolo di Fatima” possa
essersi trattato di polvere presente nella stratosfera, in grado di alterare la
percezione visiva del sole. Nel 1993, Joe Nickel, collaboratore del CICAP
americano, parla di “parelio” per definire un fenomeno di rifrazione ottica
tale per cui, in particolari condizioni atmosferiche (come quelle fornite da
Campbell), il sole può creare strani e inusitati “giochi”. Anche Auguste
Meessen, dell’Istituto di Fisica dell’Università Cattolica di Lovanio,
asserisce che osservando a lungo la nostra stella (pur correndo serissimi
rischi di rovinare la retina) si ha come l’impressione che “danzi”. Parere
confermato da Karl Johann Stokl, professor di fisica e astronomia presso l’Istituto
Filosofico-Teologico Hochschule di Regensburg, secondo il quale puntando gli
occhi al sole si può vedere qualunque cosa, in base alla suggestione, perfino
l’immagine di Hitler! Comunque siano andate le cose, quel che è certo è che il
“miracolo del sole” non è una prerogativa di Fatima, essendosi verificato anche
in altre località del mondo; per esempio, a Lubbock, in Texas, e a Denver, in Colorado.
Ma la località dove le bizzarrie solari stanno costantemente facendo parlare di
sé, è senza dubbio Medjugorje, piccolo centro della Bosnia, dove nel giugno
1981 la Vergine Maria
apparve a sei piccoli del posto. Anche in questo caso ci sarebbero parecchi
testimoni che dicono di aver visto il sole “pulsare”, “ruotare”, “danzare”. Ma
ancora una volta la scienza ridimensiona il fenomeno relegando il tutto a una
semplice manifestazione naturale, che la nostra mente traduce in miracolo. “Apparitions
and Miracles of the sun” è uno studio del 2003 che sfata la soprannaturalità
del “miracolo del sole”, assimilando la danza dell’astro a un semplice effetto
neuro-fisiologico dell’occhio, “la risposta dei fotorecettori alla luce incipiente
di una grande stella”.
(Pubblicato sul numero 8 di Miracoli)
lunedì 16 settembre 2013
Moda vintage, ecco i motivi che spingono a vivere in un'altra epoca
Da almeno
cinquant'anni è stato trasformato in una lavanderia, ma è ancora lì, in mezzo
al giardino, integro e vagamente inquietante: è il rifugio antiaereo del signor
John Collingwood, un pensionato inglese di 79 anni, che da quando è nato vive
nella stessa casa, dove il tempo si è fermato agli anni Cinquanta. «I miei
genitori hanno acquistato questa casa nel 1925 e da allora poco è cambiato»,
dice Collingwood. Complice il desiderio del proprietario di vivere in un'altra
epoca, e di non separarsi per nessun motivo da tutto ciò che l'ha circondato da
quando è venuto al mondo, nel 1934. Molti antiquari si sono fatti avanti per
convincerlo a vendere alcuni dei suoi "cimeli", ma l'anziano signore
di West Bridgeford, nel Nottinghamshire, si è sempre rifiutato di cedere
qualunque cosa. John Collingwood utilizza gli stessi elettrodomestici
acquistati dalla madre dagli anni Trenta agli anni Cinquanta. Il suo frigo ha
più di cinquant'anni, la cucina a gas e il grammofono risalgono a prima della
guerra mondiale. C'è anche lo stesso aspirapolvere Hoover utilizzato dalla
madre, che definire vintage sarebbe un eufemismo; la "carrozzeria"
mostra i segni del tempo, tuttavia funziona ancora benissimo. Non c'è,
apparentemente, un motivo che spinge il vecchio John a rimanere ancorato al
passato. Semplicemente gli va di farlo, in parte convinto del fatto che la sua
famiglia sarebbe onorata dal suo comportamento: «Mi piace pensare che io e la
casa in cui abito da sempre stiamo invecchiando insieme». In realtà alcuni
sociologi pensano che l'esperienza di Collingwood sia più comune di quanto si
possa immaginare e che in parte derivi dalla volontà di fuggire da un presente
troppo stressante, critico e complicato. «Non a caso si fa spesso riferimento
agli anni Cinquanta, periodo di grande fervore sociale», racconta Mauro
Ferraresi, docente di Sociologia dei Consumi allo Iulm di Milano. «Ma potrebbe
anche essere la volontà di fermare "l'accelerometro" che condiziona la
nostra società facendo sembrare vecchio, domani, un prodotto uscito oggi». Esempi
ce ne sono parecchi, cominciando proprio dall'Inghilterra dove Joanne Massey,
trentacinquenne, ha scelto di vivere in una casa tipicamente arredata secondo i
costumi degli anni Cinquanta, con elettrodomestici del dopoguerra e una Ford
d'antan. Ne va anche del suo comportamento. Con il marito, un designer di 42
anni, si comporta proprio secondo i dettami di una società tramontata da
lustri. Fa fare a lui la benzina e qualunque lavoro "maschile",
infischiandosene, suo malgrado, delle conquiste legate ai movimenti di
emancipazione femminile. «Mi piace pensare alle relazioni uomo-donna di una
volta, dove ognuno aveva il suo ruolo: le donne dovevano essere soprattutto
femminili, gli uomini protettivi». E' la stessa filosofia di vita espressa da
Debbie Cleulow, 34enne inglese, legata soprattutto agli anni Quaranta che,
proprio come le donne di quel tempo, ama trascorrere le sue ore dedicandosi al
taglio e cucito e alla preparazione di torte e marmellate: «Ho fatto della mia
casa un santuario degli anni Quaranta», spiega, «e il mio mito è Ava Gardner».
La sua casa è allestita con mobili e suppellettili originali, risalenti al
periodo bellico: un servizio piatti del 1940 e una camera da letto in rovere
ereditata dai nonni, sono i suoi pezzi migliori. Non tutti, comunque, amano
volare così indietro nel tempo. Per altri è sufficiente fare un salto agli anni
Ottanta. Di pochi giorni fa, per esempio, è la notizia di una famiglia canadese
che ha deciso di tornare a vivere come se fosse ancora il 1986. Via quindi
tablet, smarthphone, internet, tv digitale e lettori mp3. «Ho pensato di
proporre ai miei figli com'era la vita quando la tecnologia non era così
preponderante», spiega il capofamiglia Blair McMillian, «e i più giovani
passavano quasi tutto il loro tempo all'aria aperta». Parere condiviso dalla
moglie che aggiunge: «Non è stato facile separarmi da facebook, ma ora mi rendo
conto che la nostra scelta sia un vero toccasana per lo spirito famigliare».
Nostalgia del passato?
Gli Amish,
comunità religiosa nata in Svizzera nel Cinquecento, oggi attiva in USA, fanno
a meno dell'elettricità e delle automobili. Il loro abbigliamento e lo stile di
vita ricorda gli agricoltori americani dell'Ottocento.
Paul Miller,
giornalista di The Verge, e blogger di successo è tornato al passato per un
anno decidendo di vivere 365 giorni senza internet. Di nuovo online ha rivelato
di non essere migliorato senza Rete.
Gli Elfi
rappresentano una società di poco più di duecento persone che abita le pendici
delle montagne pistoiesi. Vivono di pastorizia, agricoltura e attingono l'acqua
da pozzi artesiani costruiti con le loro stesse mani, come i vecchi abitanti
degli Appennini.
(Pubblicato su Il Giornale il 12 settembre 2013)
venerdì 13 settembre 2013
Tachynes familiari
Ieri notte
aggirandomi per la mia casa simil campestre, al posto delle solite scutigere,
ho incontrato un nuovo amico sicuramente riconducibile agli ortotteri. Più
difficile è stato stabilire la specie. Il corpo molliccio e le lunghissime
antenne mi hanno indotto a pensare che potesse trattarsi di un rhaphidophoridae, ma
sono ancora adesso indeciso fra il Tachynes asymorous e il Dolichopoda azami. Propenderei
però più per il primo, considerato che il secondo si trova a suo agio soprattutto
in ambienti cavernicoli.
lunedì 9 settembre 2013
Enagra e speronella, specie agratesi
Girando
per i campi di Agrate Brianza quest'estate, m'è capitato di osservare due
specie botaniche che non avevo mai preso in considerazione e che non credevo
presenti sul nostro territorio. Sono l'enagra comune (Oenothera biennis),
appartenente alle onagracee e la speronella (Consolida ragalis), delle
ranuncolacee, che di primo acchito ho scambiato per un aconito. Benché i
manuali dicano che sono entrambe diffuse, io le ho viste solo in un punto ben
preciso, l'area campestre che divide Agrate da Concorezzo, limitrofa alla
tangenziale; lo stesso è accaduto tempo fa con il cardo dei lanaioli (Dipsacus
follonum) che per ora ho individuato solo fra gli incolti di Omate che si
affacciano sul Molgora.
Speronella |
Enagra comune |
venerdì 6 settembre 2013
Viaggio di sola andata per Marte: in lizza anche 35 italiani
"Nessuno di
noi ha intenzione di morire": sembra più un ossimoro che non una reale e
consapevole affermazione legata all'ipotesi di volare su Marte senza mai più
tornare a casa. A pronunciarla è Leila Zucker, 45enne medico statunitense di un
pronto soccorso, uno dei 170mila volontari che si sono proposti per raggiungere
il pianeta rosso nel 2023, in seguito a una missione che prevede l'ammartaggio,
ma nessun viaggio di rientro. Il motivo è semplice. Spedire su Marte delle
persone, senza preoccuparsi del loro ritorno, abbassa drasticamente le spese e
consente di concentrarsi solo su determinate operazioni, tralasciando quelle
più complesse. Potrà anche suonare cinico e antietico, tuttavia è proprio
questo il succo del progetto fantascientifico di Mars One, un'organizzazione
apolitica privata, il cui intento è quello di stabilire una colonia su Marte
attraverso l'integrazione delle tecnologie attualmente disponibili. Esattamente
fra dieci anni; con quaranta astronauti. Siamo alla fase uno, la
"selezione del personale", ma tutto sembrerebbe procedere secondo il
programma stilato dai due boss dell'iniziativa, Bas Lansdorp, olandese, ingegnere
meccanico, e Arno Wielders, fisico, membro del team del progetto del Very Large
Telescope Interferometer Dealy Line. I capi dell'organizzazione sono felici di
avere ricevuto tante adesioni, ma le ritengono inferiori alle aspettative;
molte, peraltro, le figure vittime di qualche disagio mentale e sostanzialmente
inconsapevoli di ciò per cui andavano proponendosi. Stupisce - ma d'altra parte
conferma anche la serietà del progetto - la presenza di due leggende assolute
dello spazio: Buzz Aldrin (che nel 2023 avrà 93 anni), il secondo uomo ad aver
calpestato il suolo lunare, con l'Apollo 11; e Valentina Tereskova, la prima
donna a volare a bordo di una navicella spaziale cinquant'anni fa, classe 1937.
E l'Italia? Sono 35 i temerari che si sono "iscritti" alla missione
di Mars One. Chiunque può conoscerli visitando il sito dell'organizzazione,
dove ogni potenziale astronauta ha evidenziato i motivi che lo spingono a
volare su Marte, abbandonando per sempre i propri cari. C'è, per esempio,
Marlon, web developer, esperto di design e fotografia, 25 anni, convinto che
"un viaggio del genere cambierebbe il nostro modo di vivere e pensare";
dice che per lui sarebbe un onore prenderne parte e che gioverebbe alla
missione per la sua "positività". Parere condiviso da Paolo, 35 anni,
programmatore di videogame, agnostico, vegano, che sogna di vedere il suo nome
inciso fra i documenti che racconteranno del primo ammartaggio della storia
umana. Carlo, 57 anni, fisico, è più prosaico. Se anche non rispettasse alla
perfezione i canoni richiesti dal profilo ideale, ci tiene a fare sapere che da
sempre desidera raggiungere i "luoghi più lontani". E c'è una donna,
Silvia, ventottenne, geologa, che vorrebbe essere l'unico membro femminile
della trasvolata spaziale: "Sulla Terra sono allergica a tutto, non
sopporto la vegetazione. Sono sicura che tutti noi avremmo bisogno di incontrare
nuovi spazi. Nel mio caso, preferirei un contratto a lungo termine per sempre,
che dover ogni giorno lottare con la necessità di cambiare".
(Pubblicato su Il Giornale, giovedì 5 settembre 2013)
lunedì 2 settembre 2013
Il "pane degli angeli"
E' una delle storie più avvincenti e affascinanti della Bibbia: la fuga del popolo ebraico dall'Egitto, alla conquista della Terra promessa. A capo degli ebrei c'è Mosè, il rav per antonomasia (il grande maestro), appannaggio della tradizione non solo ebraica, ma anche cristiana e musulmana. La lunga odissea narrata nell'Esodo, è costellata di eventi miracolosi, di cui, forse, il più noto è quello relativo alla divisione delle acque del Mar Rosso; sull'argomento si sono concentrati anche gli scienziati, supponendo un evento naturale in grado di provocare uno sconquassamento della geologia locale, tanto da permettere al popolo di Dio di lasciarsi definitivamente alle spalle gli egiziani. Ma altrettanto significativo è il miracolo della "manna dal cielo", su cui spesso si fa confusione, non sapendo bene di cosa si tratti e come sono andate realmente le cose. Innanzitutto un breve excursus. E' il momento in cui il popolo ebraico è in fermento. La Terra promessa pare un miraggio, "il popolo in cammino" ha fame e sete, ma non c'è traccia di un'oasi che possa rifocillare l'immensa carovana di emigranti. Nel deserto di Sin, fra Elim e il Sinai la situazione precipita, i viveri scarseggiano al punto che il timore di morire di fame e sete è tutt'altro che remoto. Gli ebrei cominciano a rimpiangere i tempi della schiavitù, e il pane fresco di cui sovente potevano disporre. Ma qui avviene il miracolo: una sera l'accampamento degli ebrei viene ricoperto di quaglie e al mattino si trovano circondati da una strana rugiada edibile, la manna. In questo modo il popolo di Mosè può saziarsi e la tradizione vuole che per quarant'anni - prima di giungere ai confini di Canaan - continui a nutrirsi grazie a questa "benedizione". Ma cos'è la manna e in che modo può essere spiegato il miracolo della Bibbia? Da un punto di vista scientifico s'intende una sostanza zuccherina che sgorga naturalmente da piante come l'orniello, e che indurisce a contatto con l'aria. In Italia è presente in Sicilia. L'evento della Bibbia narra di un prodotto simile, caratterizzato da un sapore riconducibile a quello delle focacce con il miele. Il talmudista Eleazaro di Worms ne parla come del "pane degli angeli", forgiato da "macine celesti". Del resto è soprattutto nel Talmud che si fa riferimento alla manna, paragonata a una pietra preziosa, ma anche a una "frittella cotta nel miele". La manna guarisce inoltre i malati e, secondo la tradizione rabbinica, una parte di essa viene collocata da Aronne nell'Arca dell'alleanza. Stupisce che per decenni gli ebrei siano stati costretti a mangiare lo stesso cibo, ma anche in questo caso la mano divina sarebbe intervenuta consentendo a ogni rappresentante del popolo israelitico di assaporare una propria "manna personale", caratterizzata da gusti peculiari. La scienza raddrizza il tiro dicendo che da sempre ci sono popoli che, abitando anche gli angoli desertici più aridi, hanno imparato a vivere nutrendosi di ciò che la natura ha da offrire. I nomadi del deserto, dalla notte dei tempi, all'allevamento delle capre e al consumo di fichi e datteri, affiancano la raccolta di sostanze dolciastre, simili al miele, prodotte da insetti che si nutrono della linfa delle tamerici, piante particolari tipiche delle regioni più calde e asciutte. E' probabile che la manna biblica sia proprio questa. Analogamente, ancora oggi, ci sono varie specie ornitologiche, fra cui le quaglie narrate nelle sacre scritture, che precipitano al suolo esauste o prive di vita, dopo lunghe tratte "marine", soddisfacendo le esigenze alimentari degli abitanti del deserto.
(Pubblicato sul numero 5 del settimanale "Miracoli")
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