Un gene in grado di bloccare le metastasi e quindi impedire che il tumore si diffonda per tutto l’organismo. È la scoperta effettuata da un team di ricercatori italiano delle università di Padova e di Modena e Reggio Emilia, guidato da Stefano Piccolo, docente del Dipartimento di biotecnologie mediche dell’università di Padova pubblicato sulla prestigiosa rivista “Cell”. La ricerca - finanziata da AIRC e dalla Fondazione Cariparo di Padova – si basa sul presupposto che una massa tumorale dalla cosiddetta sede primaria, si può diffondere per l’organismo attraverso il sangue, interessando tutti i distretti del corpo: questo processo è noto col nome di metastasi. Le metastasi rappresentano il maggior pericolo per questo tipo di malattie, visto che nella maggioranza dei casi sono proprio questi processi a provocare la morte per tumore. Specificatamente gli scienziati hanno individuato un gruppo di geni in grado di difenderci dalle neoplasie, codificando particolari proteine. La proteina più importante è stata battezzata p63. Quest’ultima – in caso di neoplasie particolarmente aggressive – perde la sua capacità di difendere l’organismo: “Questo fenomeno si verifica quando alcuni geni vanno incontro a mutazioni durante la malattia – dice a Libero Michelangelo Cordenonsi, dell’Università di Padova –. Sulla base di questo dato, grazie a indagini di natura molecolare, i medici possono quindi capire se un tumore avrà maggiore o minore probabilità di sviluppare metastasi”. Dunque quali sono le prospettive per il futuro? Secondo gli scienziati questa scoperta potrà portare allo sviluppo di nuovi farmaci in grado di ostacolare la progressione delle neoplasie. Quando? “Difficile dirlo – spiega Cordenonsi -. Cure innovative basate su questa scoperta sono prospettabili per il futuro, ma non si può dire quando. Sono ancora necessari degli studi di approfondimento. Oggi, in ogni caso, sappiamo che ci sono dei geni che possiamo colpire per modificare la risposta ai tumori”. L’idea degli scienziati è dunque quella di riuscire presto a sviluppare farmaci che siano in grado di potenziare l’azione del gene selezionato e soprattutto della proteina che controlla le metastasi. Se così fosse sarebbe possibile bloccare il tumore nella sua area di origine, estirparlo tramite una semplice operazione chirurgica e infine guarire un paziente. Ma i vantaggi di questa scoperta non finiscono qui. L’identificazione del complesso di geni che regola la proteina p63 potrà anche aiutare i medici a comprendere il livello di letalità di un certo tumore. “Più vicina è infatti la possibilità di visualizzare quella che possiamo definire una ‘firma molecolare’ di benignità o malignità di un tumore – conclude Cordenonsi - utile per scegliere il trattamento più opportuno, più o meno aggressivo. Questo risultato permetterà ai medici di agire su ogni singolo malato con terapie più mirate ed efficaci”. Il lavoro condotto dall’equipe di Piccolo è frutto anche delle indagini di bioinformatica svolte da Silvio Bicciato dell’Università di Modena e Reggio Emilia. Lo studioso, per primo, ha evidenziato che i geni esaminati regolano anche altre proteine coinvolte nel processo metastasico, quelle che ha poi definito ‘firme molecolari’. L’importante lavoro scientifico dedicato alla memoria del collega modenese prof. Stefani Ferrari, scomparso l'anno scorso.
(Pubblicato su Libero il 4 aprile 09)
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