Monteleone (a destra) con un amico |
Provengono da famiglie di origine napoletana e siciliana e grazie al loro ingenio rivoluzionano il mondo della liuteria americana: sono John D'Angelico, James D'Acquisto e John Monteleone. La loro produzione è oggi ambitissima soprattutto dai jazzisti. Ma le fanno la corte un po' tutti, da Paul Simon a Mark Knopfler, passando per George Benson e Steve Miller. Oggi vengono ufficialmente ricordati in una mostra aperta fino a luglio presso il Metropolitan Museum di New York.
Ai suoi clienti si presenta come una tipica macchietta italiana: con la canottiera unta, gli occhiali sulla punta del naso e un grembiule da macellaio. Tutti, però, sanno che dietro a quell'umile figura si cela uno dei più grandi liutai di tutti i tempi: John D'Angelico. Oggi le sue chitarre valgono una fortuna e qualunque chitarrista farebbe carte false per accaparrarsene una. Il motivo è presto spiegato; all'estrema originalità del design, D'Angelico affianca l'utilizzo di legni assai pregiati, in grado di conferire ai suoi prodotti un suono inimitabile: l'abete per top e catene, l'acero per fasce, fondo e manico, l'ebano per le tastiere. Lavora rigorosamente a mano, mettendo in pratica i trucchi imparati dal prozio Ciano, anche lui immigrato negli USA, da Napoli, in cerca di fortuna. Nato a New York nel 1905, nel 1923 D'Angelico si mette in proprio, prendendo come riferimento un modello preciso di chitarre: le cosiddette archtop con le buche a effe, fra le quali la famosa Gibson L5, la regina incontrastata di questo tipo di prodotti.
Fra il 1932 e il 1964, anno della sua morte, realizza 1164 chitarre, stabilendo una propria linea di modelli che ancora oggi fa scuola. Sono fondamentalmente chitarre acustiche, alle quali, dagli anni Cinquanta, vengono spesso aggiunti dei pickup per l'amplificazione. La Excel è uno dei modelli più gettonati della produzione D'Angelico. Caratterizzata da una cassa leggermente più larga della Gibson, intorno ai 43 centimetri, presenta intarsi in madreperla decorati da figure geometriche e il ponticello regolabile in ebano. Fra i suoi più celebri acquirenti c'è George Benson, gigante del jazz mondiale, che la utilizza per vari dischi negli anni Settanta. Oggi i lavori di D'Angelico possono essere visti da tutti, in occasione di una mostra intitolata “Guitar Heroes: Legendary Craftsmen from Italy to New York”, presso il Metropolitan Museum of Art di New York: la struttura, inaugurata nel 1872, ospita più di 5mila strumenti musicali provenienti da ogni angolo del pianeta, alcuni dei quali risalenti al 300 a.C.
L'appuntamento newyorkese offre, dunque, l'opportunità di soffermarsi su una realtà poco conosciuta del Novecento musicale statunitense: quella dei liutai italiani. New York, New Jersey, Long Island, Westchester County, sono i luoghi dove prendono dimora abilissimi artigiani della chitarra provenienti dal Belpaese, dando vita a una stagione produttiva di strumenti musicali irripetibile. Non è un caso: «Alla fine del Diciottesimo secolo, Napoli era diventata il principale centro italiano di strumenti a corda», racconta Jayson Kerr Dobney, curatore della mostra. «Anni dopo, molti di questi maestri liutai emigrarono in massa verso New York e negli anni a cavallo fra il 1890 e il 1920 godettero di estrema popolarità in America». La loro abilità consiste nel saper coniugare elementi della costruzione del violoni e dei mandolini con quelli della chitarra, per dare vita a strumenti con un suono più potente e originale. Fra questi non c'è solo D'Angelico, ma anche James D'Acquisto e John Monteleone, che nell'insieme vanno a costituire le cosiddette tre “J”.
D'Acquisto nasce a Brooklin nel 1935, da una famiglia di italiani originaria di Palermo. Da adolescente visita la bottega di D'Angelico e rimane stregato dai lavori del connazionale. Si propone come apprendista: a 17 anni comincia la sua esperienza lavorativa. Per dodici anni rimane al fianco del suo primo e unico datore di lavoro, in questo caso un vero e proprio maestro, dopodiché decide di continuare da solo la sua avventura di liutaio. Tenta di avviare un'attività senza fortuna a New York, ma poi si sposta a Long Island dove le cose cominciano a girare per il verso giusto. Il successo arriva a Greenport. I suoi primi lavori risentono enormemente dello stile D'Angelico, ma poi, pian piano, assumono una linea propria, gradita da sempre più chitarristi: Paul Simon, Chet Atkins, Mark Knopfler. Con Steve Miller, in particolare, stringe uno stretto rapporto di stima e amicizia. Segna la storia della produzione chitarristica degli anni Ottanta, e ancora oggi le sue chitarre sono molto ricercate. Un esempio? La Fender “D'Acquisto Elite”, un gioiello molto raro, risalente al 1984, in cui acero, abete ed ebano, concorrono per conferirle un suono inconfondibile, potente e brillante. È una delle preferite dai jazzisti di mezzo mondo.
Campagna pubblicitaria per le chitarre D'Angelico |
La terza “J” è quella di John Monteleone, anche lui di New York, dove nasce nel 1947. Mamma e papà sono di origine palermitana. Il padre lavora per l'aviazione industriale: è lui ad avviarlo alla lavorazione dei primi modelli in legno, da cui prenderanno forma le sue eccezionali chitarre. Intanto impara a suonare: chitarra e violino. Parte con l'elaborazione artigianale del mandolino, forgiando strumenti mai visti sul mercato, che vengono apprezzati da tutti i più importanti musicisti statunitensi: in America il mandolino rappresenta lo strumento principe per diversi generi musicali fra cui bluegrass, country music e appalachian music. Lavora sulle forme, consentendo la produzione di oggetti musicali dai suoni innovativi. In seguito passa alle chitarre, giungendo anche in questo caso a risultati eccellenti. Nei suoi prodotti non rinuncia, peraltro, all'aspetto puramente artistico, soffermandosi perfino su tratti architettonici déco di New York, come il grattacielo Chrysler.
Il successo delle tre J non è comunque casuale, poiché l'Italia è da sempre all'avanguardia nel campo della liuteria. Gli sforzi principali sono stati compiuti durante il Rinascimento, dopodiché sono state apportate pochissime modifiche nelle tecniche necessarie alla costruzione degli strumenti musicali. La città simbolo della liuteria nazionale, contrariamente a quanto possa far sembrare l'apoteosi dei tre artisti italoamericani, è Cremona. Qui nacquero le botteghe di liuteria più importanti come quelle di Antonio Stradivari e Giuseppe Guarneri del Gesù, i due più grandi liutai di tutti i tempi. In città è stata anche fondata nel 1980 l'ALI, Associazione Lituaria Italiana, che riunisce alcuni fra i migliori liutai e archettai professionisti e liutologi del Paese. Contendono lo scettro di Cremona altre due città europee: Granada, in Spagna e Mirecort, in Francia.
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