Impianti elettrici del futuro che, collocati in punti strategici delle profondità marine, funzioneranno grazie alla capacità di microbi geneticamente modificati di generare spontaneamente energia elettrica. È la proposta di un team di ricercatori statunitensi del Naval Research Laboratory di Washington. Essi hanno realizzato una cella a combustibile (in pratica una pila) basandosi sul fatto che esistono in natura batteri in grado di trasformare gli ioni sodio in elettronegatività: in chimica il concetto di elettronegatività di un atomo corrisponde alla misura della sua abilità ad attrarre verso di sé gli elettroni condivisi con un altro atomo allo scopo di formare con esso un legame chimico. Gli esperti, applicando questa caratteristica fisiologica dei microrganismi a semplici elettrodi di grafite, hanno visto che è possibile sfruttare una certa differenza di potenziale elettrico per gli scopi più disparati, come quello concernente il funzionamento di un impianto di illuminazione. In particolare gli scienziati sono intervenuti tramite sofisticati procedimenti di bioingegneria per potenziare l’"appetito" dei microbi, in modo da indurli a nutrirsi con maggiore avidità, e quindi a produrre anche potenze elettriche superiori: allo stato attuale infatti, per far funzionare anche solo una piccola lampadina, sarebbero necessari decine di ettari di fondale marino colonizzato dai microrganismi presi in considerazione. La scoperta degli studiosi di Washington risponde a un altro celebre tentativo di impiegare i batteri per ottenere energia. Il riferimento è in questo caso al lavoro compiuto da ricercatori dell’università del Massachussets – Amherst, che hanno messo a punto una batteria basata sul lavoro di microbi (Rodoferax ferrireducens, isolati dai fondali della Oyster Bay in Virginia), in grado di trasformare in energia elettrica gli zuccheri di cui si nutrono.
giovedì 4 aprile 2013
Energia dai batteri marini
Impianti elettrici del futuro che, collocati in punti strategici delle profondità marine, funzioneranno grazie alla capacità di microbi geneticamente modificati di generare spontaneamente energia elettrica. È la proposta di un team di ricercatori statunitensi del Naval Research Laboratory di Washington. Essi hanno realizzato una cella a combustibile (in pratica una pila) basandosi sul fatto che esistono in natura batteri in grado di trasformare gli ioni sodio in elettronegatività: in chimica il concetto di elettronegatività di un atomo corrisponde alla misura della sua abilità ad attrarre verso di sé gli elettroni condivisi con un altro atomo allo scopo di formare con esso un legame chimico. Gli esperti, applicando questa caratteristica fisiologica dei microrganismi a semplici elettrodi di grafite, hanno visto che è possibile sfruttare una certa differenza di potenziale elettrico per gli scopi più disparati, come quello concernente il funzionamento di un impianto di illuminazione. In particolare gli scienziati sono intervenuti tramite sofisticati procedimenti di bioingegneria per potenziare l’"appetito" dei microbi, in modo da indurli a nutrirsi con maggiore avidità, e quindi a produrre anche potenze elettriche superiori: allo stato attuale infatti, per far funzionare anche solo una piccola lampadina, sarebbero necessari decine di ettari di fondale marino colonizzato dai microrganismi presi in considerazione. La scoperta degli studiosi di Washington risponde a un altro celebre tentativo di impiegare i batteri per ottenere energia. Il riferimento è in questo caso al lavoro compiuto da ricercatori dell’università del Massachussets – Amherst, che hanno messo a punto una batteria basata sul lavoro di microbi (Rodoferax ferrireducens, isolati dai fondali della Oyster Bay in Virginia), in grado di trasformare in energia elettrica gli zuccheri di cui si nutrono.
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