Potenzialmente potrebbero
arrivarci tutti, ma i creativi avrebbero la meglio. Il quesito è il seguente:
trovare una parola che accomuni i termini “vaglia”, “capri” e “inglese”. Dopo
pochi secondi il creativo potrebbe essere già riuscito nel rebus sentenziando
la parola “corno”. Così, infatti, si hanno Cornovaglia, capricorno e corno
inglese. Perché il creativo sì e gli altri no? Perché è l’unico che utilizza
con successo l’emisfero destro, fino a qualche decennio fa ritenuto secondario
a quello sinistro, ma oggi preso sempre più in considerazione, per le incredibili
ripercussioni che potrebbe avere nel vivere quotidiano. La creatività, dunque, resta un mistero, ma
qualche considerazione in più si può fare; grazie a Mark Beeman, professore
alla Northwestern University, in Usa, che dai primi anni Novanta lavora
sull’argomento; cercando di mostrare che la creatività, e quindi l’ispirazione,
non sono metafisiche espressioni di un privilegiato rapporto con gli dei (come
la storia dell’uomo ha sempre sostenuto), ma concrete e spiegabili fisiologie
dell’apparato neuronale.
Beeman ha concentrato la sua attenzione su pazienti
con lesioni all’emisfero destro; mettendo in luce la loro incapacità di
comprendere le battute spiritose, le metafore, le allegorie. Nei loro
ragionamenti mancava la fantasia. La capacità, quindi, di “creare” con il
pensiero; di compiere collegamenti fra contesti apparentemente lontani. La fase
successiva è stata quella di verificare come la scintilla della creatività – il
lampo di genio - scatta nelle persone in cui l’emisfero destro funziona con
successo. Si è passati allo scanner cerebrale per considerare i movimenti del
flusso sanguigno, strettamente legati all’ossigenazione delle cellule che
svolgono maggiore lavoro. Nella ricerca è, in seguito, intervenuto John
Kounios, psicologo alla Drexel University, con l’elettroencefalografia, che punta
la sua attenzione sulle onde elettriche emesse dal cervello, in funzione del
dialogo sinaptico fra i neuroni. Così si è giunti al primo grande traguardo
nella corsa alla comprensione della creatività: l’area neuronale
dell’intuizione, una piega di tessuto presente nell’emisfero destro, vicino
all’orecchio. Da qui partono le onde gamma, che permettono al cervello di
focalizzare le intuizioni e metterle in pratica. Ma non basta.
Perché si è
anche visto che la creatività non è solo figlia del lampo di genio, ma anche di
condizioni ambientali particolari. Che se mancano lasciano l’illuminazione fine
a se stessa, senza la possibilità di creare veramente. Per inventare è dunque
necessario il clima ideale: la rilassatezza, la calma, il silenzio. Le menti in
subbuglio rivolgono la loro attenzione all’esterno, quelle meditative
all’interno. È pertanto una questione di concentrazione. Chi si concentra
esternamente ha meno chance di diventare creativo. Ma ha più opportunità di
riuscire bene in certi studi, per esempio quelli matematici. I ragazzi che
soffrono di iperattività e disattenzione (ADHD) mostrano di avere scarsa
capacità di concentrarsi in classe, tuttavia la loro apparente frenesia
mentale, è l’anticamera della creatività; fanno fatica ad assimilare un
passaggio matematico, ma in compenso intercettano sensazioni che agli altri presi
dalla materia sfuggono, creando i presupposti per il lampo di genio. Il Ritalin
con cui si trattano questi ragazzi è dunque un’arma a doppio taglio. Gli si
offre la possibilità di concentrarsi verso l’esterno, facendogli però perdere
tutte le loro straordinarie capacità intuitive. E c’è poi la componente
psicologica. Pare, infatti, che le menti più creative siano anche quelle
contraddistinte dal temperamento più malinconico.
Le statistiche indicano che
l’80% degli scrittori soddisfa i criteri diagnostici rapportabili a determinate
forme depressive. Non depressioni maggiori, che azzerano qualunque virgulto
intellettuale, ma fenomeni più larvati, nell’ambito delle nevrosi. Stati che un
tempo venivano associati alla nevrastenia (lemma oggi caduto in disuso) e che
oggi, invece, si collocano facilmente nell’ampia sfera dei disturbi ansiogeni e
delle depressioni reattive. Anche chi soffre di attacchi di panico può
facilmente godere dell’illuminazione che spesso sopravviene dopo la brutale scarica
di adrenalina che ha il potere di fare credere a tutto ciò che non è vero. Perché,
dunque, i malinconici sono più creativi? Probabilmente si tratta di un vero e
proprio “stile cognitivo” che predispone alla rielaborazione di un’idea, che rende
perseveranti e obbliga a lunghe sedute mentali che consentono di limare e
controlimare l’intuizione, trasformandola in una vera opera d’arte.
Il genio, dunque,
non è solo il frutto di un’ispirazione superlativa, ma di
un lungo lavoro di revisione e perfezionamento. Einstein ha intuito la
relatività, ma poi ha lavorato mesi per regalarla al mondo con la formula
sublime che oggi tutti conosciamo, E=mc². Così si può presumere sia accaduto
con la legge di gravità di Newton, Les Demoiselles d’Avignon di Picasso, Like a
Rolling Stone di Bob Dylan. Adesso, dunque, proviamo ad anagrammare le lettere
di "lana", "orlo", e "pausa" fino a ottenere una
sola parola. Se siamo arrivati alla soluzione, “una sola parola”, diciamo
grazie al nostro emisfero destro e possibilmente, in futuro, impariamo a dargli
sempre più spazio.
Cos'è l'ADHD?
E' un disturbo evolutivo
dell'autocontrollo e coinvolge bambini di ogni età. I soggetti colpiti sono
irrequieti, fanno fatica a concentrarsi e a prestare attenzione. Se qualcuno
rivolge loro la parola, pare non abbiano interesse per alcun argomento, sono disordinati
e confusionari. Questi atteggiamenti comportamentali influiscono sulle
conquiste sociali dei piccoli che - benché contraddistinti da intelligenze
medie o addirittura medio-superiori - a scuola ottengono voti inferiori alla
media dei compagni e in generale abbandonano gli studi in anticipo. Un tempo
l'ADHD non era diagnosticato e si parlava solo di bimbi particolarmente vivaci,
per non dire maleducati e distruttivi. Oggi, invece, si sa che esiste un
disturbo vero e proprio che, però, potrebbe nascondere attitudini artistiche e
creative.
Panico e creatività
L'attacco di panico arriva come
una scarica di ansia acuta e improvvisa, dura pochi minuti, ma è in grado di
sconvolgere pesantemente l'esistenza di un individuo. Si hanno anche
tachicardia, tremori, capogiri, paura di morire o perdere il controllo. Negli
ultimi decenni la patologia ha coinvolto sempre più persone; si presume a causa
dello stress e dei ritmi di lavoro sempre più forsennati. Ma come per i
soggetti colpiti da ADHD, anche in questo caso il rovescio della medaglia
risponde a veri e propri guizzi artistici. Partendo dal presupposto che il
panico insorge proprio perché si obbliga l'emisfero destro a un forzato
silenzio. Nel momento in cui gli si dà carta bianca, la creatività emerge e
l'angoscia se ne va. E' quello che è accaduto a molti artisti di oggi e del
passato, da Alessandro Manzoni a Giovanni Allevi.
Le responsabilità
della scuola
Le condizioni sociali attuali e i
sistemi scolastici in voga, facilitano l'azione dell'emisfero sinistro, la
logica, le intelligenze matematiche, la razionalità; ma vengono fortemente
compromessi la fantasia, l'estro, l'inventiva, figli delle funzioni espresse dall'emisfero
destro. Anche i test utilizzati per selezionare i ragazzi in base alle nozioni
acquisite, penalizzano chi è più "estemporaneo". Così però si finisce
per fornire alla società sempre la stessa tipologia di persone, che, se da una
parte consente il successo nei campi più "pragmatici", dall'altra
priva il mondo di menti in grado di trovare le soluzioni più inimmaginabili. La
pensa così Ken Robinson, educatore e scrittore britannico, secondo il quale la
società tende a creare una massa di uomini-chupachups, tutto cervello, e niente
emozioni.
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