Non è di
molto tempo fa la notizia proveniente da Berkeley relativa a una
nuova generazione di superconduttori, caratterizzata da fogli
ultrasottili, a base di arseniuro di indio e substrati in silicio.
L'idea è andare a sostituire progressivamente i transistor
tradizionali di natura silicea, costosi e sempre più difficili da
approntare per via della scarsità delle materie prime. Gli esperti
dell'Università della California a Berkeley hanno concentrato le
loro attenzioni soprattutto sull'arseniuro di indio, dotato di
proprietà semiconduttrici eccellenti. Qualcosa già si sapeva.
Stando infatti alle ricerche compiute da Intel, si potrebbe forgiare
transistor da dieci nanometri (con velocità di spostamento degli
elettroni assai più elevata rispetto al silicio) sfruttando proprio
l'arseniuro di indio e gallio; il primo, un elemento che entra in
gioco anche nell'ambito dell'antimoniuro di indio, utile per la
fabbricazione di dioidi laser. In questo caso gli scienziati hanno,
invece, puntato su una nuova tecnica ingegneristica che ha portato a
strati di arseniuro di indio (con spessori di dieci milionesimi di
millimetro), integrati a substrati silicatici, in grado di assolvere
performance conduttive decisamente superiori a quelle tradizionali. È
l'ennesima prova che, proprio nell'ambito del “sempre più nano”,
si dovranno andare a cercare le soluzioni ideali per le tecnologie
del domani.
La ricerca
di un'alternativa al silicio nel campo elettronico riguarda anche i
cosiddetti semiconduttori organici. Offrono l'opportunità di poter
essere lavorati in condizioni “ambientali” più economiche e
vantaggiose dal punto di vista ecologico. Ma le prestazioni sono, per
ora, decisamente poco promettenti, per via dell'estrema lentezza di
conduzione degli input elettrici. Luminare in questo campo è Dmitrii
Perepichka che, in compagnia dell'italiano dell'INRS Federico Rosei,
ha lavorato tramite tecniche di bottom-up e self-assembly per dare
vita ad array perfettamente ordinati, partendo da uno dei polimeri
conduttori più noti: il PEDOT. È un ottimo conduttore elettrico
che, chimicamente, risponde al poli 3,4-etilenediossitiofene – poli
stirenesulfonato, un complesso di due ionomeri. È stato preso in
considerazione anche da Ifor Samuel, della University di St Andrews,
in Inghilterra, allo scopo di forgiare nuove e rivoluzionarie
batterie in grado di catturare e accumulare fotoni. Perepichka è
riuscito a ottenere polimeri con una risoluzione di cinque nanometri,
accarezzando la possibilità di arrivare a dare vita a transistor
organici dieci volte più piccoli di quelli attuali.
Una parte da
leone nella ricerca del semiconduttore più efficace, la fanno
altresì i nanotubi di carbonio. Scienziati dell'Università
dell'Illinois hanno infatti verificato che utilizzando questo tipo di
materiale è possibile ottenere un notevole incremento della
conducibilità elettrica. Lo studio, originariamente apparso su
Physical Review Letters, prova che considerando campi elettrici molto
potenti, gli elettroni e le lacune (quasiparticelle che veicolano la
corrente elettrica) possono creare ulteriori coppie di
elettrone-lacuna producendo un effetto a valanga; e predisponendo,
dunque, a un trasporto accelerato del segnale elettrico. Per arrivare
a questi risultati gli studiosi hanno elaborato i nanotubi di
carbonio per deposizione chimica a vapore, utilizzando un
catalizzatore di ferro e contatti in palladio per le misurazioni.
«Abbiamo effettuato ripetute misurazioni», dice su Science Eric
Pop, collaboratore del Micro and Nanotechnology Laboratory
dell'Università dell'Illinois, «arrivando a ottenere correnti fino
a 40 microampere, circa il doppio di quelle osservate in altri test».
Parlando di
carbonio è, infine, importante accennare al grafene, più volte
definito il vero erede del silicio, anch'esso rappresentato da atomi
di carbonio. Secondo molti scienziati le sue caratteristiche
porteranno nei prossimi anni a un miglioramento eccezionale dei
prodotti hitech, in virtù di un materiale ultrasottile, nemmeno
ipotizzabile fino a cinquant'anni fa. Il grafene è costituito da uno
strato monoatomico di atomi di carbonio e possiede un'altissima
conducibilità elettrica, che lo renderebbe ideale per gran parte dei
chip e dei semiconduttori di nuova generazione. Sono già nati
transistor al grafene, tuttavia le sue applicazioni potranno
riguardare molti altri settori della scienza e della tecnologia,
compresi il campo clinico e la lotta ai batteri.
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