E' un mistero che potrà essere
risolto nei prossimi anni, tuttavia la domanda che si pongono gli antropologi è
oggettivamente intrigante: è possibile che gli aborigeni australiani siano
figli dei denisoviani? Andiamo con ordine. Nel 2008 in Siberia venne scoperta
una nuova specie umana. Non un "primitivo" come può essere un australpithecus
o un erectus, ma una specie molto simile a noi e ai neandertaliani; una classe
tassonomica pensante, in grado probabilmente di seppellire i suoi morti, e di
osservare pratiche non dissimili da quelle dell'Homo sapiens agli albori del
suo cammino evolutivo. L'Homo di Denisova abitò le caverne siberiane e venne
senz'altro in contatto con la nostra specie e con i neandertaliani; ci furono
degli accoppiamenti e oggi ne abbiamo la prova: l'Homo sapiens è infatti
caratterizzato da percentuali variabili di Dna appartenuto ai denisoviani. Ma
non in modo indifferenziato.
Esistono, di fatto, popolazioni, dove la percentuale di Dna denisoviano risulta più abbondante. Si va dunque dalla minima percentuale dello 0,2% degli originali abitanti delle Americhe, al 4-6% degli aborigeni australiani. E da qui la riflessione fatta da Richard Bert Roberts, direttore del centro scientifico di archeologia dell'università di Wollongong: "Ci sono molti elementi per credere che i denisoviani abbiano compiuto un lungo cammino dalla Siberia all'Australia". Un viaggio di oltre 8mila chilometri. L'ipotesi è suggestiva. Ma del resto le specie umane discendenti dell'Homo eidelbergensis ci hanno offerto molti spunti per credere che fosse insita nel loro animo la spinta a muoversi verso territori vergini. Il cammino dei sapiens è noto: 200mila anni fa, Africa; 70mila anni fa, Asia; 60mila anni fa, Indonesia; 50mila anni fa, Australia; 45mila anni fa Europa. Meno quello dei denisova, che, appunto, potrebbero avere incrociato il tragitto dei sapiens diretti verso l'Oceania. C'è un punto, in ogni caso, che lascia perplessi gli scienziati: come hanno fatto i denisova a superare la linea di Wallace?
E' una linea fittizia, che divide le caratteristiche naturalistiche dell'Asia da quelle dell'Oceania, sottolineando lo sviluppo di realtà tassonomiche completamente diverse fra loro (motivo per cui in Australia esistono animali unici nel loro genere). Si pensa che possa essersi verificata una conquista del tutto casuale, basata sulla capacità dei denisova di sfruttare particolari correnti e mezzi assolutamente rudimentali, per esempio delle zattere. Muovendosi a piccoli passi, saltando da un'isoletta all'altra, fra le tante che occupano i mari situati fra l'Oceano Pacifico e l'Indiano. Dove peraltro risiede Flores, l'isola della Sonda dove, nel 2004, venne rinvenuto un altro esemplare "moderno": l'Homo floresiensis (che però negli ultimi tempi si sospetta possano essere solo i resti di un sapiens colpito dalla sindrome di Down).
Insomma, ce n'è per poter sviluppare un romanzo ambientato 50mila anni fa; se si pensa che in corrispondenza della linea di Wallace, a quei tempi, ci deve essere stato un gran traffico di specie che puntavano tutte nelle stessa direzione: l'Australia. Certamente, l'Homo sapiens ebbe la meglio su tutti gli altri, tuttavia è sempre più vicina la prova ufficiale che, dove un giorno sarebbero sorte Sidney e Brisbane, migliaia di anni fa sbarcò anche un nostro cugino.
Esistono, di fatto, popolazioni, dove la percentuale di Dna denisoviano risulta più abbondante. Si va dunque dalla minima percentuale dello 0,2% degli originali abitanti delle Americhe, al 4-6% degli aborigeni australiani. E da qui la riflessione fatta da Richard Bert Roberts, direttore del centro scientifico di archeologia dell'università di Wollongong: "Ci sono molti elementi per credere che i denisoviani abbiano compiuto un lungo cammino dalla Siberia all'Australia". Un viaggio di oltre 8mila chilometri. L'ipotesi è suggestiva. Ma del resto le specie umane discendenti dell'Homo eidelbergensis ci hanno offerto molti spunti per credere che fosse insita nel loro animo la spinta a muoversi verso territori vergini. Il cammino dei sapiens è noto: 200mila anni fa, Africa; 70mila anni fa, Asia; 60mila anni fa, Indonesia; 50mila anni fa, Australia; 45mila anni fa Europa. Meno quello dei denisova, che, appunto, potrebbero avere incrociato il tragitto dei sapiens diretti verso l'Oceania. C'è un punto, in ogni caso, che lascia perplessi gli scienziati: come hanno fatto i denisova a superare la linea di Wallace?
E' una linea fittizia, che divide le caratteristiche naturalistiche dell'Asia da quelle dell'Oceania, sottolineando lo sviluppo di realtà tassonomiche completamente diverse fra loro (motivo per cui in Australia esistono animali unici nel loro genere). Si pensa che possa essersi verificata una conquista del tutto casuale, basata sulla capacità dei denisova di sfruttare particolari correnti e mezzi assolutamente rudimentali, per esempio delle zattere. Muovendosi a piccoli passi, saltando da un'isoletta all'altra, fra le tante che occupano i mari situati fra l'Oceano Pacifico e l'Indiano. Dove peraltro risiede Flores, l'isola della Sonda dove, nel 2004, venne rinvenuto un altro esemplare "moderno": l'Homo floresiensis (che però negli ultimi tempi si sospetta possano essere solo i resti di un sapiens colpito dalla sindrome di Down).
Insomma, ce n'è per poter sviluppare un romanzo ambientato 50mila anni fa; se si pensa che in corrispondenza della linea di Wallace, a quei tempi, ci deve essere stato un gran traffico di specie che puntavano tutte nelle stessa direzione: l'Australia. Certamente, l'Homo sapiens ebbe la meglio su tutti gli altri, tuttavia è sempre più vicina la prova ufficiale che, dove un giorno sarebbero sorte Sidney e Brisbane, migliaia di anni fa sbarcò anche un nostro cugino.
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