Natale, uguale stella cometa. Ma
come sempre l’immaginario collettivo, la tradizione, mal si sposa con il
pensiero scientifico, con l’astronomia, in questo caso. Le comete non sono
stelle, sono corpi rocciosi rivestiti di ghiaccio che girano intorno al sole
seguendo orbite fortemente ellittiche. Si dice che fu un corpo del genere a
indicare ai re Magi la grotta nella quale Gesù venne al mondo. I dubbi, però, permangono.
La cometa di Halley transitò nel 12 a.C., ma il Messia nacque almeno cinque
anni dopo; e non risultano altri passaggi simili negli anni successivi. Si è giunti
così all’esplosione di una supernova e poi all’allineamento di alcuni
importanti pianeti del sistema solare. Alla fine non c’è tesi che convinca
tutti. E allora ancora una volta, in occasione delle festività natalizie, ci
piace continuare a far finta che non esista un’opinione scientifica, e così
rivivere le atmosfere che da secoli rappresentano il sapore natalizio, almeno
per i paesi occidentali. Sul piano della ricerca, però, è cambiato molto da
quando il teologo Emanuel Swedenborg e il filosofo Immanuel Kant tentarono per
primi di dare un senso alla genesi del sistema solare; riferendo di un proto
sole, derivante da un collasso gravitazionale di materia, una nebulosa
stellare. Le comete non le avevano contemplate, ma oggi sappiamo che proprio
queste ultime rappresenterebbero gli oggetti più antichi dell’angolo di cosmo
che ci ospita. Gli studiosi riferiscono della misteriosa nube di Oort, situata
a circa 50mila unità astronomiche dal sole (un’unità astronomica corrisponde a
150 milioni di chilometri). Difficile poterla studiare nei dettagli, ma
l’ipotesi più plausibile è che possa essere assimilata a una sorta di deposito
cometario. In pratica è da qui che partirebbero le comete. O meglio, è da qui
che, per dinamiche non ancora del tutto chiarite, come particolari
perturbazioni gravitazionali della Via Lattea, uscirebbero dai binari
tradizionali per puntare verso il sole; dove, come è noto, per via del calore, verrebbero
completamente trasformate in palle di ghiaccio con la coda. Dallo strato più
esterno della nube di Oort, partirebbero le comete a lungo periodo, che girano
intorno alla nostra stella in più di duecento anni, in certi casi in milioni di
anni. Dallo strato più interno, detto anche nube di Hills, che finisce per
fondersi con la fascia di Kuiper (altro serbatoio cometario), quelle a corto
periodo, con rivoluzioni inferiori ai duecento anni; la cometa di Halley, che
giungerà di nuovo alle nostre porte nel 2061, è ascrivibile a questa categoria.
E ci sono casi estremi di comete con periodi ancora più brevi: come la cometa
di Encke che compie un completo giro intorno al sole ogni 3,3 anni. Risultati
figli di calcoli matematici e dell’azione dei telescopi. Benché da una quarantina
di anni si abbia fatto di meglio. Come atterrare, letteralmente, su una cometa.
È l’esperienza maturata dalla missione Rosetta. Portata a termine da un paio di
anni. Con essa, l’Agenzia Spaziale Europea, ha preso d’assalto la cometa
67P/Churymov-Gerasimenko; con un periodo orbitale di 6,45 anni, e dunque
semplice da tenere sotto controllo. Il lander Philae ha assolto l’arduo
compito, staccandosi dalla sonda Rosetta, e di fatto mettendo in pratica il
primo accometaggio della storia. Un’operazione di alta ingegneria spaziale.
Philae ha infatti abbandonato la sonda madre a 22,5 km di distanza dalla
cometa, colpendola alla velocità di 1 km al secondo. Numeri infinitesimali
(almeno in termini spaziali), che provano i notevoli progressi della ricerca
cosmologica. Compito del lander, l’analisi della composizione della cometa, comprese
particelle lunghe dieci micron (un millesimo di millimetro) e la scoperta di
dinamiche legate al suo costante movimento intorno al sole. Si è visto che la
polvere rilasciata dal corpo spaziale è costituita per il 50% da anidride
carbonica e ossido di carbonio. Molecole individuate anche sulla cometa di
Halley. Ci sono poi i silicati, composti molto abbondanti anche sulla Terra. E
soprattutto tracce di amminoacidi. Di cui – nonostante le indicazioni della
missione Stardust della Nasa, che per prima scrutò le polveri cometarie – solo
ora abbiamo la prova tangibile. Si tratta dell’amminoacido glicina, il più
semplice dei venti esistenti, fondamentale per le proteine animali. Indicazione
importante a favore della tesi della panspermia, secondo la quale le prime
molecole organiche che hanno generato la vita, arrivarono dallo spazio. Il
futuro? Si continuerà a fare luce sui misteri delle comete nei laboratori di
mezzo mondo, ma per sapere della prossima importante missione spaziale,
bisognerà aspettare il prossimo anno. Al vaglio della Nasa, infatti, ci sono
due possibilità: l’esplorazione di Titano, satellite di Saturno; o il ritorno
sulla cometa 67P, tramite una sonda progettata nell’ambito della missione Comet
Astrobiology Exploration Sample Return (Caesar), gestita dal Goddard Space
Flight Center. Scopo dell’iniziativa, che non potrà attuarsi comunque prima del
2020, portare sulla Terra dei campioni di cometa, e così mostrare i cambiamenti
subiti da questi corpi durante i passaggi vicino al sole; e sulla quantità di
acqua presente, altra molecola fondamentale per l’abiogenesi.
La cometa di Natale
Perplessità a parte, capita a
pennello una cometa in questi giorni; che tutti possiamo osservare a occhio
nudo, puntando lo sguardo verso l’alto. Si chiama 46P/Wirtanen, e si trova a
soli 18 milioni di chilometri dalla Terra. Il 12 dicembre raggiungerà la minima
distanza dal sole e il 16 sarà a un passo dal nostro pianeta (11,5 milioni di
km di distanza). Solo il piccolo inconveniente della Luna, che farà molta luce
rischiando di compromettere la visibilità (il 22 è prevista luna piena).
Dicembre sarà un mese propizio anche per le stelle cadenti (che in realtà non
sono stelle ma meteoriti). Le Geminidi, nella costellazione dei Gemelli, non
hanno nulla da invidiare alle Persiadi che durante la notte di San Lorenzo, ad
agosto, rischiarano i nostri cieli, promettendo di esaudire l’ultimo nostro
desiderio.
E quella
extrasolare
Ancora più affascinanti,
comunque, sono le comete che provengono da un’altra stella. È il caso di
Oumuamua, avvistata per la prima volta nell’ottobre 2017, grazie all’azione del
telescopio Pan-Staars 1. Le analisi hanno mostrato una cometa lunga ottocento
metri, potenzialmente dieci volte più luminosa di quelle presenti nel sistema
solare. Secondo gli studiosi, Oumuamua, avrebbe viaggiato nel cosmo per milioni
di anni, prima di essere “captata” dalla gravità solare. Astronomical Journal
riferisce di un corpo caratterizzato dalla capacità di espellere gas a grande
velocità; ottenendo una forte spinta propulsiva, concettualmente assimilabile
al lavoro compiuto dai motori dei razzi.
L’irrazionalità del
passato
Secoli fa non potevamo saperne
delle comete; e quindi si cercava di spiegarle associandole a qualcosa di
soprannaturale. Il loro arrivo doveva sempre essere legato a un avvenimento
particolare. La cometa dei vangeli è solo una fra le tante. I primi rimandi
alla quotidianità risalgono probabilmente agli assiro-babilonesi, che iniziarono
seriamente a scandagliare il cielo. Poi altri popoli dell’antichità come i
caldei e gli egizi. Con i greci si tentò di dare a questi oggetti cosmici un
senso razionale, e le comete vennero considerate alla stregua di pianeti un po’
particolari. Nel medioevo si torna alla superstizione. Milano, anno 1316. Il
cielo ospita una misteriosa luce. È una cometa, e di lì a poco scoppierà la
peste.
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