giovedì 21 maggio 2009
Il segreto per vivere il più a lungo possibile? L'anonimato
Secondo un team di ricercatori dell’università di Liverpool la longevità è inversamente proporzionale alla fama: tanto più si vive nell’anonimato, tanto maggiori sono le chance di campare più a lungo. Ciò vale soprattutto per chi acquisisce notorietà in campo artistico. Per arrivare a questo risultato gli scienziati hanno passato al setaccio le biografie di oltre mille artisti e cantanti americani ed europei in attività dagli anni Cinquanta ad oggi. Ciò che emerge lascia di stucco: l’età media degli artisti americani è di 42 anni, di 35 quella degli europei. Sono valori evidentemente assai inferiori a quelli della popolazione media generale, dove è risaputo, la donna vive oltre gli 80 anni, l’uomo intorno ai 75. Ma in che modo la celebrità influisce negativamente sulla longevità? Secondo gli studiosi chi diventa famoso è più facilmente vittima di vizi come l’alcol e la droga, e più spesso si abbandona a comportamenti autodistruttivi. In particolare le ricerche pubblicate sul Journal of Epidemiology and Community Health ci dicono che il rischio di morire anzitempo per un personaggio famoso è vero soprattutto durante i primi cinque anni del successo. Passato questo periodo critico la durata media della sua vita può essere assimilata a quella della gente comune. Gli effetti del vivere secondo l’arcinoto leitmotiv “sesso, droga & rock ‘n roll” colpisce con una leggera prevalenza il genere maschile e i motivi dei decessi sono molteplici: in primis infarti, overdose, e miscugli di farmaci; in minima parte disastri aerei, omicidi, e incidenti automobilistici. “Essere un artista ad alti livelli presuppone uno stile di vita frenetico e difficile da gestire – ammettono i ricercatori -. Se uno vuole diventare una rock star è perché desidera in qualche modo essere adulato. Ma molto probabilmente dietro a questo desiderio se ne nascondono molti altri magari irrealizzabili. Si entra così in un circolo vizioso che porta spesso a una sorta di insoddisfazione cronica sedabile solo con comportamenti anomali”. Secondo gli studiosi diventare famosi dall’oggi al domani può provocare inizialmente uno stato di euforia, seguito però dal grave rischio di perdere il contatto con la realtà. “Acquisire fama e potere sociale, oltre a portare ovvi benefici, aumenta il rischio di farsi del male in quei soggetti che al rischio sono predisposti – ci racconta Antonio Armenia, psicologo e psicoterapeuta di Genova -. La possibilità di eccedere, unita alla grande pressione psicologica che comporta la necessità di affrontare un nuovo stile di vita dove velocità, mondanità, presenzialismo sono la norma, possono diventare una miscela esplosiva a cui diventa difficile far fronte. La persona famosa può così accedere in modo continuo e strutturato a quello che la nostra società definisce ‘lo sballo’ e che circoscrive a determinati contesti temporanei (discoteche, party), incidendo pesantemente anche sulla psiche più salda e il corpo più forte”. Nella ricerca sono stati fatti dei nomi relativi a personaggi divenuti all’improvviso famosi e che - non avendo appunto saputo gestire la notorietà - alla fine si sono bruciati. I più noti ormai sono diventati dei miti, delle leggende, soprattutto per i più giovani. Si va da Jim Morrison, cantante del gruppo americano The Doors, spirato nella vasca da bagno di un albergo parigino nel 1971 a 28 anni, si pensa per overdose; a Jimi Hendrix, strepitoso chitarrista originario di Seattle, deceduto il 18 settembre del 1970, in un appartamento al Samarkand Hotel di Londra, a causa di un cocktail di alcool e tranquillanti. Altri giovanissimi mancati prima del tempo sono stati James Dean (24 anni), Janis Joplin (27), Brian Jones (27). E sembra che il problema riguardi anche epoche più recenti con artisti come Jeff Buckley (31), morto annegato nel Mississippi nel 1997, River Phoenix (23), deceduto per overdose nel 1993, Freddie Mercury (45) colpito dall’Aids nel 1991.
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