Al mattino intrappolati nel traffico che non lascia spiragli né speranza o in fila come soldatini davanti allo sportello della posta. Approdati in ufficio, già stressati e strapazzati, c'è da combattere con il computer che, è vero, rosolve tutto. Ma ha i suoi tempi e spesso fa le bizze: s'incanta, rallenta, impazzisce, si blocca. Aspettare, aspettare, aspettare... Ma se è vero che la pazienza è la virtù dei forti, è altrettanto vero che essa ha un limite. Gli italiani - vessati di traffico e burocrazia - sono condannati a essere impazienti. Infatti si arrabbiano almeno cinque volte al giorno. È il risultato che emerge da un'indagine condotta dal Daily Mail: considerando l'intera Europa, gli abitanti del Belpaese, sono in assoluto i più impazienti: il 91% si lamenta della lentezza di internet, il 52% suona il clacson se 'quello davanti' non parte appena scattato il verde, il 56% non rispetta i limiti di velocità. Va molto meglio, invece, nei paesi scandinavi dove le persone prendono la vita con più filosofia, evitando, dunque, di scannarsi contro se stessi (e il padreterno) se non riescono, per esempio, a trovare parcheggio sotto casa. Questione di stile e di… carattere. Gli italiani, come del resto la gran parte dei mediterranei, sono infatti individui sanguigni, calienti in amore, ma anche collerici, sempre pronti ad alzare la voce se contraddetti o se c'è da aspettare troppo per un appuntamento. Finlandesi, svedesi e danesi, tutto un altro mondo. Gli scandinavi perdono la pazienza una volta ogni cinque giorni, mentre agli italiani succede almeno 3-4 volte al giorno. I numeri, come si vede, sono assai diversi. Molti personaggi storici possono essere citati per far capire la differenza fra un impaziente e un paziente. Per esempio fra i primi si può pensare ad Alessandro Magno, iracondo e impetuoso, e a Gabriele D'Annunzio, orgoglioso e arrogante; fra i secondi, invece, il riferimento è per esempio a individui come San Francesco (il cui atteggiamento nei confronti della vita non ha bisogno di delucidazioni), e a Isaac Newton che con la sua proverbiale calma è riuscito addirittura a formulare la teoria della gravitazione universale. Ma qual è il vero significato di questa ricerca? Gli studiosi ci vogliono fare capire che essere impazienti è controproducente per la salute. Quando ci arrabbiamo, infatti, i parametri psicofisici del nostro organismo sballano, in peggio. Aumenta per esempio il battito cardiaco (mentre è risaputo che meno sono i battiti, meglio è per il cuore), e così la pressione sanguigna. I livelli di adrenalina crescono e come se non bastasse le difese immunitarie vanno in tilt, facilitando l'insorgenza di infezioni. Che fare quindi per evitare tutto ciò? In questo caso ci viene in aiuto un servizio pubblicato in questi giorni sulla rivista Airone, nel quale si spiega quali (piccoli) stratagemmi adottare per mantenere sempre e comunque la calma. Si può per esempio contare fino a dieci: funziona davvero, e serve a prendere tempo. Si possono seguire dei corsi di yoga, che a lungo andare infondono benessere, soprattutto a livello mentale. Consigliato anche scrivere un diario o un blog, dedicarsi al giardinaggio, considerati un'ottima valvola di sfogo; non conviene invece fare troppe cose insieme. Essere pazienti, alla fine, premia. Mantenendo la calma anche in situazioni poco piacevoli determina infatti una maggiore produzione dell'ormone serotonina, la molecola del benessere, migliora le condizione psichiche, tiene lontano ansia e depressione, facilita i rapporti interpersonali. Gli scienziati spiegano infine che l'impazienza è un fenomeno che si è sviluppato negli ultimi tempi. Fino a 30 anni fa si era molto meno impazienti di oggi. Nel 2010 si ha, dunque, l'impressione di 'andare sempre di fretta', e di non aver mai tempo per fare nulla. Le statistiche dicono che siamo frenetici quasi tutta la giornata e che riusciamo a rilassarci solo un'ora al giorno. Pochino. E questo spiega quindi la nostra intolleranza quando, per esempio, un amico col quale abbiamo un appuntamento, ritarda anche solo di cinque minuti. La pazienza fa germogliare pietre, dice un proverbio, da noi dimenticato.
(Pubblicato su Libero il 15 gennaio 10)
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