lunedì 19 febbraio 2018

Embrioni chimera


La prima volta fu nei primi anni del Novecento, con le ricerche di Nicolae Paulescu, professore di fisiologia dell’Università di Bucarest: lo scienziato riuscì a ottenere artificialmente l’insulina necessaria a guarire un cane ammalato di diabete, cambiando per sempre il corso delle biotecnologie. Poi le cose si sono affinate e attualmente se ne produce in quantità in laboratorio, così da consentire a chi possiede un pancreas deficitario di poter vivere normalmente. Oggi, un nuovo importante risultato: lo sviluppo di embrioni di pecora contenenti cellule umane; e se fino a questo momento lo scopo è stato quello di produrre insulina per poter gestire i livelli troppo alti di glucosio nel sangue, fra pochi anni la soluzione potrebbe arrivare dallo sviluppo di organi umani presenti in altri animali, pronti per essere introdotti in un organismo malato. È una nuova frontiera della medicina.

La notizia arriva dalla Stanford University, in Inghilterra. Gli scienziati hanno ottenuto embrioni di ovini contenenti cellule di Langerhans provenienti dall’uomo. Sono quelle legate all’azione pancreatica e responsabili della produzione di insulina. Chi ha il diabete di tipo I, detto anche giovanile, presenta, infatti, un’azione ridotta e talvolta assente di queste cellule, che predispone alla malattia per tutta la vita; (al contrario chi è colpito dal diabete adulto può essere curato con una terapia farmacologica molto meno invasiva che può in certi casi permettere una remissione del morbo). I test hanno riguardato una percentuale minima di tessuti chimera, ma pur sempre promettente: una cellula umana, ogni 10mila cellule di pecora. E non è esattamente la prima volta; perché un obiettivo simile era stato ottenuto anche nei maiali qualche anno fa, in un rapporto di uno a 100mila. Perché è così importante questo traguardo?

Perché se siamo in grado di fare crescere un embrione di pecora contenente cellule umane, si può seriamente pensare che fra non molto si potrà giungere a sviluppare ovini adulti caratterizzati da organi destinati alla  nostra specie. In particolare in questo ambito si sta lavorando allo sviluppo di pancreas umani. Lo step successivo, infatti, sarà quello di comprendere fino a che punto si è in grado di permettere lo sviluppo di un embrione contenente cellule provenienti da un altro raggruppamento tassonomico. Negli esperimenti di Stanford l’evoluzione dell’embrione chimera si è protratto per 28 giorni, ma già si pensa a un futuro test spalmato su 70 giorni. “Riuscirebbe a dare prove ancora più convincenti”, dice Hiro Nakauchi, coinvolto nello studio. Peraltro si dovrà incrementare l’impiego di cellule umane; perché quantità troppo esigue non permetterebbero la formazione di un organo intero.

E se le cose dovessero prendere la piega giusta, sarà una rivoluzione in campo medico e sociale. Tenendo conto dell’alto numero di persone che è in attesa di un trapianto di organo. Il sondaggio NHS Blood and Trasplant ha rivelato che nel 2016 sono scomparse 460 persone, nell’attesa di ricevere un organo da un donatore. Dati del genere non avrebbero più senso di esistere. Anche perché le probabilità di successo di un trapianto sarebbero molto più alte. Partendo dal presupposto che non si tratterà di un xenotrapianto – trapianto di un organo di origine animale – ma di una tecnica che beneficerà di un corredo cromosomico perfettamente assimilabile a quello umano. In sostanza, non ci sarebbero i caratteristici problemi legati al rigetto. Quel che accade ancora oggi, e che può essere tenuto a bada solo con una pesante terapia a base di immunosoprressori. 

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