Einstein
diceva di non sapere come l'uomo avrebbe combattuto la terza guerra mondiale,
ma di intuire come sarebbe avvenuta la quarta: con clave e bastoni. Alludeva
all'uso indiscriminato dell'energia nucleare che all'indomani delle due guerre
mondiali avrebbe determinato la scomparsa del genere umano, e forse dell'intera
vita sul pianeta; costringendo l'evoluzione a iniziare daccapo. Oggi gli
attriti fra Stati Uniti e Corea del Nord ripropongono il tema, e alcuni
scienziati, capeggiati dal climatologo Alan Robock, della Rutgers University,
in Usa, hanno davvero immaginato quel che potrebbe accadere se scoppiasse un
conflitto nucleare nei prossimi anni; supponendo l'utilizzo di cento bombe
nucleari, a fronte delle migliaia protette negli arsenali di mezzo mondo. La
Terra è sconvolta da un'azione antropica devastante e dopo una settimana cinque
megatoni di "black carbon" (carbone elementare, o polvere nera)
deturpano l'atmosfera; è un composto altamente nocivo, inquinante e soprattutto
in grado di alterare velocemente la qualità del clima. La fuliggine, infatti,
impedisce al calore del sole di raggiungere la superficie del pianeta,
provocando un repentino abbassamento delle temperature, con oscuramento del
cielo.
Trascorse due settimane il Pianeta azzurro è completamente trasformato e
il buio avvolge ogni suo angolo. Alcune faglie tornate attive causano terremoti
e smottamenti. Lo strato di ozono che riveste l'atmosfera è seriamente
compromesso. E il suo compito di difenderci dai raggi ultravioletti che provengono
dal sole e hanno il potere di danneggiare il Dna, viene meno. Si assiste a un
incremento dell'80-120% delle radiazioni ultraviolette, al quale scampano solo
poche piante dotate della capacità di produrre enzimi che assorbono e annullano
gli effetti radiativi. La mancanza di luce e di calore provoca dopo due mesi un
abbassamento delle temperature di circa 25 gradi: il pianeta si raffredda a
ogni latitudine e in una città come Milano si avrebbero mediamente -30 gradi in
inverno e un paio di gradi sopra lo zero in estate. L'inverno nucleare diviene
realtà; con gli unici animali capaci di contrastare efficacemente il
cataclisma: scarafaggi, blatte, moscerini, topi e scorpioni. Gli insetti, in
particolare, fanno tesoro di milioni di anni di selezione naturale, ormai
abituati a superare le condizioni climatiche più estreme.
Il crollo delle
temperature va di pari passo con una diminuzione delle precipitazioni: fiumi e
laghi rinsecchiscono fino a scomparire. Per gli organismi abituati a vivere in
stretto rapporto con il mondo acquatico è la fine. Molte specie di pesci e di
anfibi si estinguono e le piante smettono di crescere. Le catene alimentari
perdono tasselli importanti, compromettendo anche l'esistenza di specie che
possono resistere per lunghi periodi senza liquidi immediatamente disponibili.
Il Dna dei vegetali subisce importanti mutazioni, disturbando la regolare
crescita delle foglie e delle radici. Se gli errori di codifica genetica
riguardano l'apice meristematico (dove le cellule si riproducono velocemente
consentendo lo sviluppo della pianta), degenerano i tessuti, i fusti e i rami
crescono in modo irregolare dando luogo a "mostruosità vegetali".
Dopo due anni è l'uomo ad accusare il colpo peggiore. Per due miliardi di
persone la mancanza di organismi autotrofi è l'anticamera di gravi carestie:
grano e riso non crescono più e per chi si ciba di questi alimenti non può
esserci futuro. Peraltro gran parte del pianeta è invivibile a causa delle
bassissime temperature e non c'è modo di potersi spostare verso aree
geografiche dove l'alimentazione è assicurata.
A cinque anni dalla guerra
nucleare lo strato di ozono ridotto del 25% provoca un aumento esponenziale di
tumori epidermici. E già da tempo sono tornate a farsi strada malattie causate
dall'assunzione di cibo di scarsa qualità. Le acque contaminate non consentono
di abbeverarsi con sicurezza e le epidemie dilagano. La fisiologia cellulare è
alterata da un'impennata dei radicali liberi (suscettibili alle radiazioni
nucleari), molecole alla base di moltissime patologie. Occorrono venti anni per
tornare a livelli accettabili, con un timido riscaldamento che coinvolge un
pianeta ancora stretto nella morsa del gelo. Trent'anni dopo la guerra nucleare
torna a piovere con maggiore intensità, favorendo la ripresa definitiva di
angiosperme e gimnosperme (le piante più evolute); che di nuovo colorano il
pianeta regalando al cielo l'ossigeno, anche se molte zone rimangono fortemente
contaminate dalle radiazioni che impediscono uno sviluppo "sano".
Difficile dire a questo punto se e come l'uomo se la sarà cavata, e per quanti
decenni ancora il pianeta dovrà fare i conti con la più grande tragedia
climatica della storia; tuttavia, Robock è convinto che non ci sia nessuna
ragione per mettere in atto un programma nucleare, nemmeno quello accarezzato
dalla Nasa di provocare timide esplosioni per contrastare l'effetto serra.
Questo è, infatti, quello che accadrebbe se l'uomo facesse scoppiare dall'oggi
al domani cento bombe nucleari. Ma nessuno vuole immaginare (forse nemmeno Einstein
se fosse ancora vivo) cosa succederebbe se fossero molte di più, anche solo una
piccola parte delle 16mila sparse qua e là.
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