martedì 1 dicembre 2009

Il giornalismo ai tempi di internet: in attesa di una nuova rivoluzione

Mesi fa in occasione del terremoto in Abruzzo qualche buontempone ha avuto la brillante idea di girare a Corriere.it una foto riportante case distrutte, piegate su se stesse, devastate da una furia sismica senza eguali. I responsabili della testata web, dando per verosimile la foto dell'utente, hanno deciso di pubblicarla. Lo scherzo, però, è durato poche ore. Una segnalazione, poco dopo, attestava, infatti, la falsità del reperto fotografico, e che quelle case, quindi, non erano il risultato di un terremoto avvenuto in Italia, bensì in Turchia anni prima. Più o meno nello stesso periodo si parlava di un uomo al quale era cresciuto un abete nel polmone. La fonte poteva anche essere attendibile (un giornale web che si appoggia quotidianamente alle principali agenzie di stampa), tuttavia c'era qualcosa di strano: come fa un albero a crescere nei polmoni di un uomo? Io che mi occupo spesso di scienza ho dovuto contattare un pneumologo e un botanico per chiarire definitivamente il problema. La notizia era una megabufala, perché è scientificamente possibile che un seme (per esempio di pisello) possa germinare in una cavità bronchiale, ma è inimmaginabile che questo possa trasformarsi in pianta per il semplice fatto che al buio non può avvenire la fotosintesi clorofilliana. Sono solo dei banali esempi che però danno immediatamente l'idea di cosa sia oggi il giornalismo, qualcosa di assai diverso da ciò che era anche solo dieci anni fa. Cos'è successo dunque al giornalismo di oggi? La risposta è fin troppo semplice: è arrivato internet. La Rete, in effetti, ha sconvolto il giornalismo, creando un numero illimitato di potenziali giornalisti, la possibilità di divulgare notizie con una rapidità impressionante, determinando la nascita del cosiddetto 'citizen journalism' (giornalismo collaborativo), in cui ogni persona - grazie anche alla macchinetta fotografica sempre presente nella borsetta o a un comunissimo cellulare - si trova nelle condizioni di poter documentare un certo evento e poi spedirne le 'prove' a questa o a quell'altra redazione. In vista del secondo decennio dell'anno Duemila le regole 'giornalistiche' in voga fino a ieri sono state, quindi, definitivamente stravolte, in virtù di 'dogmi' inesistenti, o forse non ancora del tutto compresi e focalizzati. Oggi, in teoria, può fare giornalismo chiunque, benché - scolasticamente - sia richiesto un master prima di esercitare. In realtà con la Rete basta compilare poche righe burocratiche (account, mail, password) e ritrovarsi a vestire i panni di un provetto Montanelli o Biagi. Il riferimento è a siti personali, blog, social network. Esistono nel mondo oltre 14milioni di blog e un nuovo blog nasce ogni secondo. I siti sono circa 98milioni e crescono a un ritmo di oltre 2mila al mese. I social network coinvolgono 300milioni di persone. Secondo l'associazione americana no profit Pew Internet and American Life Project, il 45% della popolazione adulta degli Stati Uniti (circa 60milioni di persone) trova in Rete tutto ciò che gli occorre. Il 70% dei contenuti di OhmyNews - uno fra i principali siti d'informazione coreani - è rappresentato da notizie diffuse da internauti abilitati a tutto, fuorché alla carriera giornalistica. Infine basta citare 'Wikipedia', la più grande e più letta enciclopedia del mondo, il cui risultato è il frutto dell'intervento di 350mila autori diversi, che hanno prodotto 1.900.000 voci, in più di 180 lingue. Ma il rischio è dietro l'angolo e si chiama 'disinformazione'. Con internet, infatti, l'informazione rischia di scadere, e di non essere - non solo poco trasparente (questo succede già) - ma anche, pericolosamente, poco attendibile: chi viene a dirci che il blog curato da Tizio racconta la verità e non sia invece tutto frutto dell'immaginazione del suo autore? Chi spiega alla casalinga di Voghera che la foto del terremoto in Abruzzo, in realtà, è stata scattata in Turchia? Chi lavora come giornalista a livello professionale può facilmente accorgersi delle fonti poco attendibili, tuttavia la gran parte degli italiani non è (ancora?) in grado di discernere una buona fonte da una dubbia. In ogni caso ci sono degli stratagemmi che possono aiutarci a capire la maggiore o minore credibilità di un 'contenitore' di notizie. Innanzitutto è necessario dare uno sguardo generale all'homepage sulla quale ci troviamo a navigare. Di solito i siti ragguardevoli e degni di nota sono, infatti, realizzati con grande cura, le notizie sono riportate con una certa regolarità, gli articoli scritti bene, i titoli sfiziosi, mancano gli errori ortografici. Questo parametro basterebbe a suggerirci che, probabilmente, ciò che stiamo leggendo è verosimile. Inoltre è importante sapere che ogni notizia - degna di chiamarsi tale - deve sempre riportare la fonte originale. Per esempio se ci viene comunicato - come è avvenuto pochi giorni fa - che è stata scoperta l'acqua sulla Luna (di certo non una notizia da poco), è necessario anche risalire all'origine del comunicato - in questo caso la Nasa, ente ben conosciuto, affidabile e facilmente contattabile - per renderci conto che il documento non è viziato da chissà quali intenti. Con ciò, se domani dovessimo, per esempio, leggere che su Marte è stata scoperta l'acqua calda, senza riuscire a individuare 'la fonte' (e non è il primo giorno di aprile), dovremmo diffidare: una notizia del genere ha sempre alle spalle un riferimento ben preciso, un'università o un istituto con ottime credenziali. I giornali - per così dire - seri, sono poi contraddistinti da figure ben precise e contattabili tramite mail o telefonicamente, come l'editore e il direttore responsabile. Spesso in qualche punto dell'homepage è inoltre riportata la regolare registrazione della testata al tribunale. Ma perché il giornalismo web è così difficile da gestire (e capire)? Secondo gli esperti della comunicazione il fenomeno dipende dal fatto che il giornalismo via internet ha avuto un'evoluzione troppo rapida, al punto da cogliere impreparati gli stessi addetti ai lavori. Nessuno dieci anni fa avrebbe immaginato che nel giro di pochissimi anni tutti i principali giornali del mondo sarebbero stati rappresentati anche e soprattutto da un sito internet. E che molti avrebbero addirittura abbandonato il formato cartaceo per affidarsi esclusivamente all'hitech. È successo, per esempio al quotidiano svedese Post-och Inrikes Tidningar, il più vecchio giornale del mondo, nato nel 1645 per volere della regina Cristina. Le cronache ne hanno parlato a lungo citando i pro e i contro. Hanno, dunque, drizzato vigorosamente le antenne numerosi redattori, direttori ed editori - alcuni favorevolmente, altri meno - che per anni hanno lavorato per la carta stampata. Hans Holm è uno di questi: "È un disastro culturale", rivela il giornalista al soldo del giornale svedese per 20 anni, "ed è una cosa triste vedere che adesso cambierà tutto". "Non so se stamperemo ancora il New York Times fra cinque anni", sono invece le parole di Arthur Sulzeberge, editore del giornale statunitense. I dati d'altronde parlano chiaro. Fino a due anni fa la versione online del giornale newyorkese contava 1,5milioni di lettori al giorno, contro il milione dei lettori 'cartacei'. A marzo 2009 si registravano mensilmente 250milioni di accessi, per un totale di 1,1 miliardi di pagine visualizzate. Le previsioni di alcuni saggisti americani sono addirittura catastrofiche. Secondo questi esperti nei prossimi due anni (entro il 2011) in Usa morirà l'85% dei grandi giornali, e il 15% sopravvivrà solo online. Ma c'è anche chi esulta davanti a questa incredibile rivoluzione dell'informazione. Il riferimento, in questo caso, è ai risultati emersi nel corso dello studio annuale "European Digital Journalim Survey 2009". Dalla ricerca emerge che, in generale, i giornalisti credono ancora nella qualità di informazione, ritenendo internet un miglioramento. Dei 350 giornalisti europei coinvolti nello studio, l'84% dice di essere più che in passato felice del proprio lavoro. E il 66% lamenta la necessità di essere maggiormente coinvolto dalle aziende editoriali per ciò che riguarda l'aggiornamento professionale concernente i nuovi media. È dunque vero che per il momento su internet regna l'anarchia: ognuno può scrivere quello che vuole, e credere in quello che vuole, nonostante le numerose minacce di censura sollevate in molti paesi. Ma una nuova rivoluzione potrebbe davvero essere alle porte, partendo dal fatto che c'è chi sta addirittura lavorando alla ristrutturazione del mondo virtuale. “Siamo a un punto di svolta, all’alba di una rivoluzione; potremmo assistere a uno stallo dell’utilità della Rete, forse si potrebbe addirittura tornare indietro. Dobbiamo quindi radunare tutte le tecnologie che già conosciamo e combinarle a formare un sistema completamente diverso, innovativo”. Sono le parole degli studiosi del Mit di Boston. Un preludio alla rinascita di internet e, forse, a un giornalismo ancora tutto da inventare.

(Pubblicato su Milanoweb il 1 dicembre 09)

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