L’Homo sapiens sapiens
lasciò l’Etiopia 100mila anni fa e conquistò il mondo intero
soppiantando le altre specie di ominidi presenti sul pianeta, vale a
dire l’Homo erectus in Asia e l’Homo di Neanderthal in Europa. È
la nuova tesi evoluzionistica elaborata da un team di
paleoantropologi dell’università di Cambridge. Gli studiosi hanno
preso in considerazione la variabilità genetica delle singole
popolazioni sparse per il mondo e le caratteristiche genotipiche
dell’uomo di fine Pleistocene: la variabilità genetica è un dato
che serve a stimare quanto differenti siano tra loro le varie razze
della Terra, e a verificare quindi i gradi di parentela e le singole
origini di ogni etnia.
È emerso che le popolazioni che risiedono a maggiore distanza dall’Etiopia sono anche quelle che presentano minore variabilità genetica rispetto alle forme arcaiche: ciò conferma il fatto che non c’è stata una grande differenziazione genetica tra i più antichi sapiens sapiens e le forme attuali presenti per esempio nelle Americhe o nelle estreme regioni siberiane. Al contrario si è visto che le popolazioni dislocate in paesi vicini e molto vicini all’Etiopia sono quelle contraddistinte da una notevole variabilità: in questo caso il riferimento è a gruppi etnici che hanno lasciato la ‘culla dell’umanità’ molto più tardi degli altri, portandosi appresso l’intero bagaglio di nuove ‘informazioni’ genetiche sviluppatesi in seguito al cambiamento del clima, dell’ambiente, degli usi e dei costumi.
In pratica gli studiosi di Cambridge hanno appurato che i primi uomini moderni (che in seguito avrebbero dato origine alle forme cromagnonoidi dell’Europa centro meridionale), non si svilupparono rispettivamente in Asia o in Europa da forme ancestrali riconducibili agli erectus di Heidelberg o a quelli Choukoutien (dai nomi delle località in cui sono stati rinvenuti i resti fossili), poiché in quelle regioni l’Homo sapiens sapiens vi arrivò direttamente dall’Africa orientale attraverso ondate migratorie successive, iniziate circa 100mila anni fa. «Capire quando e in che modo si sia originato il pool genico europeo è una questione molto ampia», rivelano i ricercatori del Dipartimento di Biologia Evoluzionistica dell'Università di Firenze. «Secondo il modello di colonizzazione paleolitica, la variabilità genetica attuale rispecchierebbe le conseguenze del primo popolamento dell'Europa, risalente a circa 40mila anni fa. In seguito, le popolazioni locali si sarebbero espanse o contratte, senza però incorporare molti geni provenienti dall'esterno.
Il modello alternativo di diffusione neolitica propone invece che la maggior parte degli antenati degli attuali europei non vivesse in Europa, ma nel Vicino Oriente, fino a circa 10mila anni fa; con lo sviluppo delle tecnologie per la produzione del cibo, questi gruppi sarebbero aumentati di dimensioni, espandendosi e sostituendo quasi completamente i cacciatori-raccoglitori europei». Sicché è probabile che l'europeo moderno possa essere figlio del mix di popolazioni giunte in Europa 50mila anni fa, che vivevano di caccia e raccolta, ed etnie provenienti dal medio oriente di 10mila anni fa, i padri dell'agricoltura.
Svante Paabo ha appurato l'esistenza di due aplogruppi (sequenze di DNA) dai quali è possibile ricavare interessanti conclusioni. L'aplogruppo H è riconducibile al Medio Oriente di 30mila anni fa; l'aplogruppo U risale invece a circa 55mila anni fa. Questo aplogruppo ha un'incidenza dell'80% nei raccoglitori del Paleolitico, percentuale decisamente superiore a quella riscontrabile nelle popolazioni più moderne. Paabo ha scoperto che il genoma dei cacciatori è meno variegato di quello degli agricoltori, essendo caratterizzato da almeno otto aplogruppi, contro i quattro dei primi. Significa che questi ultimi erano dotati di una variabilità genetica molto più accentuata. Il picco dell'aplogruppo U si ha intorno ai 20mila anni fa; quello dell'aplogruppo H circa 7mila anni fa. Incuriosisce il fatto che oggi l'aplogruppo U sia piuttosto basso in gran parte delle regioni europee, ma rimane alto in Bulgaria e nei Balcani. Potrebbe essere la prova che da qui i nostri primi antenati sono passati per la conquista dell'Europa?
È emerso che le popolazioni che risiedono a maggiore distanza dall’Etiopia sono anche quelle che presentano minore variabilità genetica rispetto alle forme arcaiche: ciò conferma il fatto che non c’è stata una grande differenziazione genetica tra i più antichi sapiens sapiens e le forme attuali presenti per esempio nelle Americhe o nelle estreme regioni siberiane. Al contrario si è visto che le popolazioni dislocate in paesi vicini e molto vicini all’Etiopia sono quelle contraddistinte da una notevole variabilità: in questo caso il riferimento è a gruppi etnici che hanno lasciato la ‘culla dell’umanità’ molto più tardi degli altri, portandosi appresso l’intero bagaglio di nuove ‘informazioni’ genetiche sviluppatesi in seguito al cambiamento del clima, dell’ambiente, degli usi e dei costumi.
In pratica gli studiosi di Cambridge hanno appurato che i primi uomini moderni (che in seguito avrebbero dato origine alle forme cromagnonoidi dell’Europa centro meridionale), non si svilupparono rispettivamente in Asia o in Europa da forme ancestrali riconducibili agli erectus di Heidelberg o a quelli Choukoutien (dai nomi delle località in cui sono stati rinvenuti i resti fossili), poiché in quelle regioni l’Homo sapiens sapiens vi arrivò direttamente dall’Africa orientale attraverso ondate migratorie successive, iniziate circa 100mila anni fa. «Capire quando e in che modo si sia originato il pool genico europeo è una questione molto ampia», rivelano i ricercatori del Dipartimento di Biologia Evoluzionistica dell'Università di Firenze. «Secondo il modello di colonizzazione paleolitica, la variabilità genetica attuale rispecchierebbe le conseguenze del primo popolamento dell'Europa, risalente a circa 40mila anni fa. In seguito, le popolazioni locali si sarebbero espanse o contratte, senza però incorporare molti geni provenienti dall'esterno.
Il modello alternativo di diffusione neolitica propone invece che la maggior parte degli antenati degli attuali europei non vivesse in Europa, ma nel Vicino Oriente, fino a circa 10mila anni fa; con lo sviluppo delle tecnologie per la produzione del cibo, questi gruppi sarebbero aumentati di dimensioni, espandendosi e sostituendo quasi completamente i cacciatori-raccoglitori europei». Sicché è probabile che l'europeo moderno possa essere figlio del mix di popolazioni giunte in Europa 50mila anni fa, che vivevano di caccia e raccolta, ed etnie provenienti dal medio oriente di 10mila anni fa, i padri dell'agricoltura.
Svante Paabo ha appurato l'esistenza di due aplogruppi (sequenze di DNA) dai quali è possibile ricavare interessanti conclusioni. L'aplogruppo H è riconducibile al Medio Oriente di 30mila anni fa; l'aplogruppo U risale invece a circa 55mila anni fa. Questo aplogruppo ha un'incidenza dell'80% nei raccoglitori del Paleolitico, percentuale decisamente superiore a quella riscontrabile nelle popolazioni più moderne. Paabo ha scoperto che il genoma dei cacciatori è meno variegato di quello degli agricoltori, essendo caratterizzato da almeno otto aplogruppi, contro i quattro dei primi. Significa che questi ultimi erano dotati di una variabilità genetica molto più accentuata. Il picco dell'aplogruppo U si ha intorno ai 20mila anni fa; quello dell'aplogruppo H circa 7mila anni fa. Incuriosisce il fatto che oggi l'aplogruppo U sia piuttosto basso in gran parte delle regioni europee, ma rimane alto in Bulgaria e nei Balcani. Potrebbe essere la prova che da qui i nostri primi antenati sono passati per la conquista dell'Europa?
I tragitti:
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