I dialetti italiani stanno sparendo? Non si direbbe. Stando, infatti, a un'indagine Instat, un po’ per orgoglio cittadino, un po’ per
difendere le proprie origini, nel nostro paese i dialetti stanno vivendo una nuova giovinezza. I dati ottenuti dallo studio
parlano chiaro: sono 12,6 milioni (circa un quarto della popolazione
nazionale) le persone che parlano quotidianamente l’idioma della
rispettiva regione o città; e 15 milioni (il 28,3% della
popolazione) coloro che al dialetto mischiano la lingua madre. In
preferenza si parla in dialetto in famiglia o tra amici, mentre in
ufficio e negli ambienti di lavoro si preferisce l’italiano. Sono i
giovani in particolare a riscoprire il valore dei vernacoli,
recuperandoli dai propri genitori e soprattutto dai nonni. I
sociologi affermano che il fenomeno è in costante evoluzione ed è
dovuto alla necessità delle nuove leve di ritagliarsi uno spazio ben
preciso all’interno della società italiana: in sostanza emerge da
parte dei ragazzi la volontà di sentirsi portavoce di una
rappresentanza unica, di una tradizione che altrove non esiste. I
numerosi corsi di lingua che, a fianco di quelli per imparare
l’inglese, il francese, e l’arabo, si occupano ormai da tempo
degli idiomi delle varie regioni e città italiane, ne sono la
conferma: basta fare un giro su internet per scoprire per esempio che
a Milano e a Roma esistono già parecchie scuole dove si insegna il
“meneghino” e il “romanesco”. Quali e quanti sono i dialetti
italiani? È difficile dirlo. Ma c’è una mappa dei vernacoli
italiani che risale al 1977 e che illustra in modo più che esaustivo
almeno le principali “regioni dialettali”: l’autore è
l’etnografo Giovan Battista Pellegrini. Egli sostiene che ogni
dialetto rappresenta un’area geografica ben distinta, il risultato
di un’evoluzione storica e linguistica specifica. Alle grosse
regioni dialettali come quella gallo – italica, che dal Piemonte
arriva all’Emilia Romagna, si contrappongono delle vere e proprie
“isole dialettali” capeggiate dal franco – provenzale parlato
in Val D’Aosta e dal gallurese utilizzato in Sardegna. In
particolare, in Lombardia, si distinguono il lombardo occidentale e
il lombardo orientale. Il milanese rientra nel primo gruppo ed è
parlato perlopiù nella zona compresa fra il Ticino, l'Olona e il
saronnese. Diversa la genesi del brianzolo, che risente di spiccate
influenze lecchesi, comasche e monzesi.
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