Moni Ovadia,
in un recente concerto tenutosi a Milano, ha detto: «Da sempre
parliamo dei rom, senza però, avere mai parlato con loro». È vero.
Da circa mille anni, periodo in cui una “sottocasta” indiana
lasciò il continente per muoversi verso occidente, non s'è fatto
quasi mai nulla per comprendere le caratteristiche e i fabbisogni di
questa etnia, determinando l'emarginazione di un intero popolo. Oggi,
però, qualcosa sta cambiando. E lo dimostra il progetto europeo EU
inclusive che dal 2010 coinvolge la Soros Foundation Romania, la
Fundaciòn Segretariado Gitano, la Open Society Institute di Sofia e
l'italianissima Casa della carità. È la prima indagine condotta a
livello nazionale per capire chi sono e cosa fanno i rom e quali sono
i loro reali bisogni, superando una volta per tutte le barriere di
preconcetti che da sempre impediscono di avere un'idea chiara sulla
loro storia e identità. «Sui rom si hanno solo conoscenze
stereotipate», ha rivelato Sabrina Tosi Cambini dell'Università di
Verona, nel corso della due giorni dedicata ai rom, un paio di
settimane fa, presso la Triennale di Milano. Stereotipi come quello
relativo all'abitudine di “rubare i bambini”. La realtà è ben
diversa. Dal 1900 a oggi, in tutta Italia, non è mai passata in
giudicato una sentenza che condanni il rapimento di minore a opera di
un rom. Mentre in media, gli italiani, pensano che ogni anno
spariscano per colpa loro almeno una decina di bimbi. Per la prima
volta, quindi, degli operatori organizzati in un sistema progettuale
sovranazionale, hanno scelto di parlare direttamente con i rom,
coinvolgendo 1668 persone straniere, distribuite in dieci regioni
italiane. Un lavoro difficile e impegnativo, anche per la
comprensibile reticenza dei rom, che non capivano come qualcuno
potesse realmente interessarsi della scolarizzazione e delle attività
professionali di questo o quell'altro accampamento. E proprio
sull'istruzione gli esperti hanno puntato prima di tutto, per capire
non solo la situazione attuale di questa etnia, ma anche le
proiezioni future, tenuto conto del fatto che il livello di
“educazione scolastica” risulta direttamente proporzionale
all'inserimento sociale. Ma la situazione è decisamente compromessa
e i numeri sono fin troppo eloquenti. Per ciò che riguarda, per
esempio, i rom ex-jugoslavi, rappresentanti il 42% del campione
intervistato, la quota di senza titolo di studio raggiunge il 44%;
mentre tra coloro che possiedono un titolo di studio il 24% ha la
licenza elementare, il 28% la licenza media e solamente il 4% ha
proseguito gli studi superiori. Così il campione bulgaro,
assimilabile al 12% degli intervistati. In Lombardia e Lazio si
riportano tassi di scolarizzazione medio-bassi: circa la metà del
campione possiede la licenza media (53%), con la restante quota è
suddivisa fra coloro che hanno la licenza elementare (23,5%) e nessun
titolo di studio (23,5%). Lo stesso trend si registra fra i rom
bulgari che abitano le regioni meridionali d'Italia, con la
differenza che la quota di non scolarizzati è superiore ai dati del
nord e del centro Italia, arrivando al 36%. La migliore condizione è,
dunque, riscontrabile in Emilia Romagna dove i non scolarizzati non
arrivano al 14%, a fronte di un tasso di scolarizzazione medio-alto,
con un 77% di individui che possiede la licenza media e il 9% di
diplomati. Il livello di scolarizzazione dipende anche dalle
condizioni di vita e dai rispettivi nuclei abitativi. Tra le famiglie
che vivono all'interno di insediamenti irregolari, il 23% presenta
minori non scolarizzati; questo valore scende al 12% per le famiglie
che vivono in insediamenti regolari e arriva al 7% per coloro che
abitano in case comuni. Con ciò si deduce che le condizioni di
isolamento, segregazione e precarietà, tipiche dei campi rom, sono
un evidente ostacolo all'educazione scolastica e al conseguimento di
titolo di studio. Con simili dati non stupisce, dunque, sapere che il
tasso di analfabetismo fra rom e sinti è decisamente elevato: il 25%
delle donne e il 14% degli uomini, infatti, non sa leggere e
scrivere, cifre assai più consistenti dell'esiguo 1,4% della media
nazionale. L'analfabetismo varia in base alle condizioni lavorative:
è dell'11% nel caso degli individui occupati, del 15% nei
disoccupati e del 65% fra gli inattivi. Ed è inversamente
proporzionale all'età. Il 52% degli analfabeti ha infatti più di 50
anni, contro il 9% degli under 20. Dato che trova conferma nel fatto
che fra gli over 50, il 66% non ha alcun titolo di studio. La ricerca
ha permesso anche di capire che, laddove il livello di
scolarizzazione è più basso, anche le opportunità lavorative sono
molto più scarse. Chi non ha assolto l'obbligo scolastico (vale a
dire la gran parte degli intervistati) ha un tasso di occupazione del
20% circa. Tra chi invece ha raggiunto la licenza media, il dato
arriva al 30% (specialmente se riguardante esponenti maschili),
mentre il tasso di disoccupazione da almeno due anni cala dal 47% al
30%. Nonostante queste cifre poco confortanti, gran parte dei rom e
dei sinti è desideroso di poter assolvere una professione. Il 62,7%
degli inattivi dice chiaramente che è disponibile a lavorare. Da una
parte, però, si tratta di una disponibilità del tutto teorica,
poiché non è detto che ci siano delle reali offerte di lavoro; e se
anche dovessero esserci, non è sicuro che possano soddisfare le
esigenze dei richiedenti. D'altro canto, però, questa alta
disponibilità di aspiranti lavoratori sottolinea un disagio molto
forte: i rom vengono spesso esclusi dal mondo del lavoro. Il 47,5%
degli intervistati dice di essere stato spesso bistrattato a causa
della propria etnia. Il fenomeno è vivo più nelle aree rurali che
non in città, e guardando all'Italia, specialmente nelle regioni
settentrionali. Un caso particolare concerne Roma, dove il dialogo
con i rom sembra più difficile che altrove (comprese città del nord
come Milano e Torino). In questo contesto sociale la percentuale di
persone che dicono di essere abitualmente trattate male arriva al 63%
(contro il 40% del capoluogo lombardo). La discriminazione lavorativa
riguarda soprattutto le donne. Dalla ricerca EU Inclusive, infatti,
emerge che soltanto il 20,6% delle donne risulta occupato. Le
statistiche dicono che solo una donna rom su dieci ha svolto nel
corso della sua vita un'attività lavorativa stabile, mentre due su
tre non hanno mai lavorato negli ultimi ventiquattro mesi. Ma il
lavoro – come si è già detto per la scolarizzazione – dipende
anche dal contesto abitativo. Non è un dato da sottovalutare:
secondo i tecnici dell'European Union Agency for Fundamental Rights
“la dimensione dell'abitare è fortemente collegata alle altre
dimensioni dell'inclusione sociale, tanto da diventare un vero e
proprio canale di inserimento nella società o viceversa un ostacolo
al suo realizzarsi”. Lo studio mostra che c'è uno stretto legame
fra la condizione abitativa e lo status occupazionale: in generale
l'89% di coloro che risiedono all'interno della case è, di fatto,
occupato, segno di una stretta correlazione fra questi due aspetti
sociali. Il discorso varia anche in base alla densità di
popolazione. Il 40,8% dei rom e sinti residenti in centri con meno di
25mila abitanti, risulta occupato, dato che incrementa al 50% se la
base di appoggio è una casa dotata di servizi. Diversa la situazione
per i rom che gravitano intorno a grosse città, con più di 250mila
abitanti. In questo caso, la quota complessiva di occupati scende al
27,1%, con punte negative che toccano il 24,7%. Ma dove abitano più
frequentemente i rom? L'immaginario collettivo è solito collocarli
in accampamenti irregolari, all'interno di grosse e sconquassate
roulotte. Di fatto solo un terzo del campione intervistato, il 32%,
abita in case, siano esse di proprietà o in affitto. Il 65% vive in
insediamenti, molto diversi fra loro, dal punto di vista dimensionale
e amministrativo. Possono infatti essere micro aree ospitanti un solo
nucleo familiare, ma anche campi enormi, con migliaia di abitanti. I
terreni sui quali sorgono gli insediamenti possono essere privati,
occupati abusivamente, aree pubbliche, terreni in affitto o in
qualche caso di proprietà rom. Lo studio italiano mette in luce che
il 41% degli intervistati vive in insediamenti regolari, il 24% in
strutture irregolari. Ma per ogni campo è riscontrabile una netta
segregazione, spaziale ed etnica. Vivono in condizioni più precarie
i rom giunti in Italia da poco. Coloro che vivono nel nostro paese da
più anni, ottengono con maggiore facilità l'annessione a campi
comunali o aree private. Spesso nelle aree dove dimorano i rom, però,
mancano i servizi necessari a un idoneo sostentamento. Il 9% delle
famiglie negli insediamenti regolari è esclusa dall'erogazione
dell'acqua corrente; il 19% non possiede l'acqua calda e l'11% non
dispone di impianto fognario. Più di un terzo delle famiglie non
possiede una stanza da bagno nell'abitazione e il 34% usufruisce di
wc in comune con altre famiglie. Il sovraffollamento e la totale
assenza di privacy sono all'ordine del giorno, in tutti i campi,
siano essi regolari e irregolari. L'Associazione 21 luglio ha per
esempio evidenziato che nel villaggio di via Salone, a Roma, i
container dove abitano i rom presentano una superficie abitativa
media di 24,80 mq, ospitando circa 5-6 persone. Tutto ciò si
ripercuote sull'impossibilità di accedere a servizi di assoluta
necessità come i servizi per l'infanzia e il sostegno al lavoro. In
parte la situazione è resa meno drammatica dal terzo settore, in
particolare modo dalle ONG e dalla Chiesa, che offrono aiuto al 60%
dei partecipanti al test.
Cronologia
del popolo rom
250
a.C..: dal Rajasthan (probabile culla di origine del popopolo
nomade), i rom si dirigono verso le regioni indiane del nordovest e
il Pakistan. Il fenomeno prosegue ininterrottamente fino al 500 d.C.
1000:
i rom lasciano l'India vittime delle angherie perpetrate dal
condottiero afghano Mahmud
1011:
il poeta persiano Fidursi fa riferimento a un misterioso popolo
nomade proveniente dall'India del Decimo secolo
1068:
prima testimonianza scritta dell'esistenza dei rom: è un manoscritto
agiografico composto da un monaco georgiano del monastero di Iviron,
sul monte Athos
1300:
i rom varcano le terre bizantine
1383:
i rom si insediano in Ungheria
1384:
è certa la presenza di rom presso la città portuale di Modone, nel
Peloponneso. Leonardo di Niccolò Frescobaldi, viaggiatore ed
esploratore italiano, ne parla come di un popolo peccaminoso e
povero, dedito perlopiù alla lavorazione del ferro
1385:
un documento attesta la presenza di rom in Valacchia e Moldavia
1407:
i primi rom “tedeschi” prendono dimora a Hildesheim
1417:
le cronache parlano di gruppi nomadi che raggiungono Amburgo e
Lubecca
1420:
alcuni rom giungono in Francia
1422:
a questa data risalgono le prime cronache relative alla presenza di
rom in Italia. Si riferiscono alle città di Bologna e Forlì. A
Forlì si parla di circa duecento rom “rudi e inselvatichiti”
1425:
i rom attraversano i Pirenei
1440:
i rom arrivano in Inghilterra
1444:
a Nauplia si stabilisce una colonia rom
1475:
in un registro delle tasse della provinca della Rumelia, i rom
risultano regolarmente presenti nel territorio ottomano
1485:
i rom arrivano in Sicilia
1492:
l'editto reale di Ferdinando il cattolico porta all'espulsione di
centinaia di migliaia di ebrei e musulmani
1498:
primo insediamento rom in America, dopo il terzo viaggio di
Cristoforo Colombo
1501:
un editto tedesco ordina ai rom di lasciare il territorio
dell'impero. Alcuni rom approdano in Russia
1504:
un bando francese ordina che “tutti i gitani maschi debbano essere
arrestati e messi nelle galere senza processo”
1515:
i rom approdano in Svezia
1523:
i registri ottomani parlano della presenza di 16.591 rom divisi per
“unità fiscali”
1538:
in Portogallo avviene la prima deportazione forzata degli “zingari”
che finiscono in Africa e America del sud
1539:
in Spagna viene ordinata la condanna a morte di tutti i rom o la loro
reclusione
1549:
la prima legge anti-rom passa in Boemia
1557:
vengono varate le prime leggi anti-rom in Lituania
1563:
il Concilio di trento stabilisce che i rom non possono fare i preti
1568:
Papa Pio V ordina l'espulsione di tutti i rom presenti nei territori
governati dalla chiesa cattolica
1619:
i rom sono banditi dalla Spagna. Chi rientra è condannato a morte.
C'è solo una possibilità di salvarsi: rinunciare ai propri usi e
costumi e uniformarsi alle abitudini e alle leggi spagnole
1646:
a questa data risale la prima testimonianza scritta di lingua romanì
in Italia: si trova in una commedia di Florido dei Silvestris
1682:
Re Sole intensifica la persecuzione dei rom: indica il carcere a vita
per gli adulti, la rasatura a zero per le donne, l'orfanotrofio per i
bambini, la tortura per chi non vuole rinunciare al vagabondaggio
1759:
i rom sono banditi da San Pietroburgo
1773:
in Austria vengono proibiti i matrimoni fra rom, per incoraggiare i
matrimoni misti
1775:
Federico II di Prussia realizza un insediamento permanente presso una
remota località del Nordhusen
1776:
il pastore ungherese Etienne Vali riconduce la parlata rom a una
regione dell'India
1780:
le dure condizioni di vita dei rom vengono rese note in un documento
che parla di condizioni assimilabili alla schiavitù
1782:
in Ungheria viene vietata la musica rom. Duemila rom vengono accusati
di cannibalismo
1783:
in Austria chi parla rom, viene punito con 24 frustrate. Nello stesso
anno in Spagna Carlo III di Borbone tenta di civilizzare i rom con un
testo di 44 articoli, nel quale vengono proibiti vagabondaggio e
commercio di cavalli
1803:
Napoleone Bonaparte proibisce ai rom la residenza in Francia
1837:
George Barrow traduce il gospel Saint Luke in lingua romanì
1855:
i rom, in Romania, vengono liberati dalla schiavitù. Il prinicipe
Costantino dichiara: “Gli zingari sono stati creati da Dio come gli
altri uomini ed è peccato grave trattarli come bestiame”
1876:
Cesare Lombroso rende noti i suoi studi nei quali assimila le
caratterstiche fisionomiche dei rom a quelle dei delinquenti
1907:
nasce in Beglio uno dei più grandi musicisti “gitani” di tutti i
tempi: Django Reinhardt
1920:
nasce in Bulgaria la Istiqbal, organizzazione romanì
1927:
nasce negli USA la Red Dress Association, in favore dei diritti rom
1930:
in Norvegia propongono di sterilizzare tutti i rom
1933:
nasce la bandiera rom: è caratterizzata da due bande orizzontali,
una azzurra e una verde (in rappresentanza del cielo e della terra).
Al centro una ruota rossa, in virtù del perenne migrare dei rom
1935:
la legge di Norimberga priva i rom della cittadinanza tedesca
1936:
in Germania i rom vengono additati come “europei alieni”
1938:
un provvedimento europeo indica come sospetti criminali tutti i rom
1940:
a Buchenwald 250 bambini rom vengono usati come cavie per esperimenti
militari
1942:
Rudolf Hoess, comandante del campo di concentramento di Auschwitz,
dice che tutti i rom devono essere arrestati
1945:
si stima che muoiano nei campi di concentramento fino a un milione e
cinquecentomila rom
1967:
nasce l'Association of Gypsies in Finlandia
1971:
nasce l'Unione Internazionale dei rom, finalizzata al riconoscimento
di un'identità presente in tutti i paesi europei
1975:
una legge in Belgio consente ai rom di ottenere la cittadinanza
1993:
in Macedonia viene ufficilamente introdotto nelle scuole l'idioma
romanì
2006: l'Università di Manchester
elabora il primo studio ufficiale sui dialetti rom
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