Andare in banca? È
peggio che pagare le tasse e avere a che fare con la suocera. Lo dice uno
studio realizzato attraverso quattro focus group, cui hanno partecipato
ottanta titolari di almeno un conto corrente. Gli studiosi affermano che solo
il 18% degli italiani ha un rapporto sereno con il proprio istituto bancario.
Tutti gli altri risentono, infatti, di manifestazioni psichiche che vanno dal
generico stress, nel 31% dei casi, a vere e proprie crisi di angoscia (19%), e
di rabbia (17%), talvolta sfocianti addirittura in alterchi e litigi con i
dipendenti dell’istituto di riferimento. Secondo il 27% degli italiani andare
in banca è più stressante che pagare le tasse, e nel 21% dei casi è più fastidioso
che ricevere all’improvviso in casa la suocera. Ma perché è così difficile recarsi
in banca? Nel 75% dei casi perché c’è troppa burocrazia. A seguire, per colpa
del linguaggio spesso incomprensibile utilizzato dagli operatori (69%), per la
necessità di dover compilare pile di moduli anche per semplici operazioni
bancarie (57%), per la rigidità dei contratti (51%). Interessante è anche il
dato relativo al fatto che a causa di scandali come Parmalat e quello sui Bond
Argentini, molti italiani temono di essere in qualche modo coinvolti in contratti
sfavorevoli. Per di più si ha l’impressione che non sempre gli operatori
facciano bene il loro mestiere e possano quindi commettere errori. Ma le paure
non sono legate solo alla possibilità di perdere i propri risparmi: per molti
abitanti del Bel Paese c’è anche il timore claustrofobico di rimanere bloccati
dentro la bussola del metal detector (19%), di perdere il bancomat (17%), di
scoprire all’improvviso di essere rimasti senza un soldo (13%), o di ritrovarsi
nel bel mezzo di una rapina (7%). Peraltro, “l’orticaria” relativa alle
faccende bancarie, non viene solo agli affiliati di un determinato istituto. Secondo
uno studio condotto da Eta Meta Research, su un panel
di novanta direttori e responsabili di filiali dei maggiori istituti di credito,
colpisce soprattutto chi in banca è costretto a recarvisi per lavoro, e che
giudica l’italiano medio come un incompetente, irascibile, arrogante e isterico.
I dirigenti bancari contestano in particolare ai clienti di non rispettare la
fila, di rivolgersi al primo impiegato che incontrano sulla loro strada, che di
solito è sempre quello sbagliato, di dimenticarsi scadenze e documenti, di non
rispettare regole e procedure e di non chiedere mai informazioni perché pensano
di sapere tutto, di avere sempre ragione senza ascoltare quello che l’impiegato
sta dicendo. Per il 23% dei dirigenti intervistati c’è troppa poca informazione
sui ruoli e le attività di una banca. Per il 19% del panel è la situazione
economica generale a portare i clienti a sfogare sull’impiegato tensioni dovute
all’insicurezza del posto di lavoro e al diminuito potere d’acquisto degli
stipendi. A quanto pare anche i mass media farebbero la loro parte. Per il 17%
dei dirigenti bancari sono certe campagne informative e di comunicazione ad
amplificare semplici disguidi. Una ricerca condotta dalla Fiba–Cisl,
attraverso un questionario, cui hanno risposto oltre 10mila bancari dipendenti
del gruppo Intesa, punta sulla cosiddetta “incentivazione esasperata”, tesa a
vendere prodotti spesso “non adatti al cliente”, a volte definiti persino
“scadenti”, la prima fonte di stress per un operatore bancario: ciò riguarda il
30% degli intervistati. A distanza seguono: il carico di lavoro (13%), la
carenza di personale (8,3%), la mancanza di formazione (2,9%), la distanza
casa-lavoro (2,8%) e l’ambiente di lavoro inadeguato (2,7%).
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