Hanno somministrato a un elefante una dose di LSD 3mila volte più potente di quella destinata ai drogati, scoprendo che l’animale è “molto sensibile al noto allucinogeno”: il proboscidato è rimbalzato un paio di volte su se stesso come un forsennato dopodichè – un paio di minuti più tardi – è stramazzato al suolo senza vita. È questo uno fra i tanti esperimenti condotti nel corso degli anni da scienziati – a metà strada tra genialità e follia - e laboratori ultraspecializzati. Oggi, a raccontarci i più incredibili test scientifici avvenuti nel corso della storia è il signor Alex Boese, scrittore statunitense e autore di “Elephants on Acid And Other Bizarre Experiments”, argomento che è stato recentemente ripreso anche dalla autorevole rivista scientifica New Scientist. L’esperimento dell’elefante risale all’agosto 1962 ed è stato condotto da Warren Thomas, direttore del Lincolm Park Zoo in Oklahoma. Nel 1954 Vladimir Demikhov, chirurgo sovietico, apre la strada al trapianto di cuore e a tutte le altre forme di trapianto creando il primo cane a due teste. A un pastore tedesco innesta la testa di un cucciolo. L’animale campa appena sei giorni. In seguito Demikhov si ripete su altri 19 animali riuscendo in un caso a far vivere un cane a due teste per un mese. Siamo in piena guerra fredda e gli Usa non possono certo stare dietro alle iniziative dei russi. Ecco quindi farsi avanti Robert White, esperto che condusse nel 1970 il primo trapianto di testa di scimmia. L’operazione richiese diverse ore, ma andò a buon fine. Dopo solo 36 ore però la scimmia morì per complicazioni. White successivamente propose un trapianto di testa umana: si fece avanti un tetraplegico, Craig Vetovitz, ma l’idea non ebbe seguito per la mancanza di un corpo disponibile. Nel 1960 dieci soldati volavano spensierati a 5 mila piedi di quota quando, all’improvviso, il pilota annunciò loro che di lì a poco si sarebbero schiantati. A questo punto gli venne chiesto di compilare un formulario per l’assicurazione, nel quale esentavano l’esercito da qualunque responsabilità. L’esperimento venne condotto per capire se sotto stress è più facile commettere errori: naturalmente la risposta si rivelò affermativa. Agli anni Trenta risale invece l’esperimento di Clarence Yeuba. Costui volle capire se fosse possibile evitare di ridere quando si è sottoposti alla tortura cinese, ovvero al solletico. Sperimentò il test direttamente sulla moglie, scoprendo che ridere in simili occasioni è invitabile, e che quindi la risata è una risposta istintiva a chi ci stuzzica precise parti anatomiche. È possibile imparare nuove cose mentre si dorme? Questo bizzarro quesito è stato risolto da Lawrence LeShan nel 1942 su vari ragazzi sofferenti di onicofagia. Lo studioso è andato avanti per diverse notti a ripetergli – mentre dormivano - che le “unghie sono terribilmente amare”. Alla fine il 40 percento dei giovani ha smesso di mangiarsi le unghie. Sempre in tema di sonno nel 1960 è Ian Oswald, dell’università di Edimburgo, a stabilire che è possibile dormire in ogni situazione. A tre volontari (con ore di sonno arretrate) bloccò il movimento palpebrale con strisce di scotch e li sottopose a shock elettrici, musica alta e lampi improvvisi. In ultimo s’avvide che tutti i volontari incredibilmente prendevano sonno dopo circa 12 minuti. Stubbins Ffirth volle invece capire se la febbre gialla fosse davvero contagiosa. Per verificare ciò bevve lui stesso il vomito di pazienti colpiti dal morbo. L’autore dell’esperimento non si ammalò, ma non poté cantare vittoria poiché, di lì a poco, ci si rese conto che la malattia viene trasmessa da una zanzara e non da liquidi organici umani. Infine, negli anni Trenta, abbiamo il genio del professor Robert Cornish dell’Università di Berkeley. Lo scienziato tentò di riportare in vita alcuni cani morti, soprannominati, non a caso, Lazarus, facendoli sballottare su e giù su un’altalena, mentre somministrava loro una miscela di adrenalina e anti-coagulanti. Morale: alcuni animali tornarono alla vita e, seppure ciechi e con danni irreversibili al cervello, resistettero qualche mese.
(Pubblicato sul mensile Rolling Stone)
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