È
una storia cominciata 35 anni fa che nessuno avrebbe mai immaginato
potesse andare così bene. È la storia delle sonde Voyager, in
viaggio nello spazio dal 1977 e ancora oggi perfettamente
funzionanti, benché si trovino ormai oltre i confini del sistema
solare. Sono decollate a bordo di un razzo Titan IIIE-Centaur. Ancora
oggi nel centro di ascolto del Deep Space Network della NASA a
Goldstone, arrivano, infatti, costantemente messaggi dalla sonda
Voyager 1, raccontandoci di mondi lontanissimi e condizioni di vita
pressoché impossibili. Usano ancora registratori a nastro, concetti
tecnologici già ampiamente superati, ma ancora, in questo caso,
incredibilmente “vitali”. Complice il fatto che, dal 1990, sono
stati disattivati tutti gli strumenti “ottici” - idonei per
fotografare i miracoli di Giove e Saturno, ma non le profondità
monotone del cosmo - per recuperare energia preziosa. Attualmente
Voyager 1 si trova a 18 miliardi di distanza dalla Terra, circa 120
volte la distanza che separa il nostro pianeta dal sole. La lunga
antenna della base americana capta segnali particellari, figli del
vento solare. Ad agosto, per esempio, i messaggi parevano più
turbolenti del solito, dimostrazione che la sonda stava attraversando
un'area del cosmo particolarmente “insidiosa”. La situazione è
cambiata il mese successivo, passando da 25 particelle al secondo a 2
particelle al secondo. La NASA fa inoltre sapere che da queste
osservazioni sarà possibile stabilire il limite esatto
dell'eliopausa, con la formazione della tipica bolla formata dallo
spazio interstellare. In generale, per giungere sul nostro pianeta, i
dati raccolti dalla sonda spaziale impiegano 16 ore e 38 minuti.
Voyager 1 è in azione da 35 anni, 1 mese e 10 giorni (dato
riferibile al 15 ottobre 2012). Il viaggio interstellare di Voyager
è, invece, iniziato il 15 giugno 2012, diventando il primo oggetto
umano a lasciare il sistema solare. La sua prima missione ufficiale
risale al 1980, con l'esplorazione di Giove e Saturno. Per
l'esattezza la sonda iniziò a fotografare Giove nel gennaio 1979. Le
scoperte iniziarono fin da subito, con l'individuazione dei vulcani
di zolfo su Io e l'approfondimento delle caratteristiche degli anelli
di Saturno. Secondo i dati raccolti da Nature, Voyager 1 ha superato
il cosiddetto “termination shock” (in corrispondenza del
rallentamento delle particelle del vento solare), nel 2003. Oggi si
muove a 17mila chilometri al secondo, alimentata da una batteria RTG
– un generatore termoelettrico a radioisotopi. Dovrebbe andare
avanti così fino al 2025, anche se la corrispondenza con la Terra
potrebbe bloccarsi nel 2016, con l'avaria del giroscopio, non più in
grado di puntare i suoi occhi verso il pianeta blu. Ma la sua corsa
non si arresterà. Davanti a sé c'è il muro di idrogeno (fra
l'eliopausa e il bow shock, fenomeno particolare della magnetosfera)
che potrebbe superare intorno al 2040 e la costellazione dell'Ofiuco:
fra 40mila anni Voyager 1 si troverà dalle parti di AC+793888, una
stella dalla quale disterà “appena” 1,6 anni luce. Alla luce di
queste considerazioni suonano incredibili le parole da poco
pronunciate da Ed Stone, scienziato del progetto Voyager presso il
Caltech: «Quando le sonde Voyager
furono lanciate, nel 1977, l’era dell’esplorazione spaziale aveva
appena 20 anni», spiega il ricercatore. «Molti di noi del team
sognavamo di arrivare allo spazio interstellare, ma non avevamo idea
di quanto esattamente poteva durare il viaggio o se le due sonde in
cui abbiamo investito così tanto tempo ed energia sarebbero rimaste
operative per abbastanza tempo da arrivarci». Un messaggio, quindi,
per E.T.: Voyager 1 porta con sé un disco registrato di rame e
placcato d'oro che contiene immagini e suoni terrestri, assieme a
qualche istruzione su come suonarlo...
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