Ve lo immaginate un popolo dove a comandare sono solo le donne (le primogenite in particolare, le kanakarà)? Ebbene, sono in pochi a saperlo, ma questo popolo esiste veramente e non si trova nemmeno tanto distante da noi. Stiamo parlando degli abitanti dell’isola greca di Kàrpathos, dove, secondo gli antropologi, vige l’ultimo matriarcato del Mediterraneo e probabilmente dell’intero mondo. Qui le donne, le primogenite, ereditano tutto e decidono tutto. Il marito con il quale convolare a nozze, la casa dove abitare, il destino dei propri figli e dei propri fratelli. Spesso qualche familiare si ribella a queste istituzioni e si rivolge al tribunale, ma con scarso esito. Così vuole la tradizione, così è che si fa. Il cognome del marito ha poco conto. Il nome della primogenita è quello della nonna, e il cognome quello della famiglia da cui deriva. Se in famiglia c’è un primogenito maschio, quest’ultimo eredita le ricchezze dal padre, ma il vero patrimonio va tutto nelle mani della femmina nata per prima. Le kanakarà indossano abiti preziosi ricamati a mano, e portano collane che la leggenda vuole risalgano addirittura al tempo di Alessandro Magno. Le primogenite sono anche dette “donne dalle mani bianche”: provengono tutte da famiglie abbienti e non lavorano. Ma come mai tutto questo potere nelle mani delle donne? Secondo gli antropologi ciò parte dalla necessità di non dividere in tanti appezzamenti la poca terra arabile disponibile. Il discorso è simile a quello dei masi sudtirolesi, anche se, in questo caso, a ereditare le tenute sono solo e sempre i maschi. Le tradizioni degli abitanti di Kàrapathos (l’isola si trova a metà strada tra Creta e Rodi, ha come principali centri Olympos, Piada, Aperi, e conta complessivamente 6 mila isolani) risalgono alla notte dei tempi. Le kanakarà utilizzano idiomi in uso all’epoca di Omero, e sempre all’epoca di Omero risalgono anche certe particolari celebrazioni che si tengono sull’isola di Kàrpathos. Una di queste è per esempio quella del 29 agosto, festa annuale di san Giovanni Battista. Tutti gli abitanti di Olympos, abbigliati con vestiti coloratissimi, si incamminano a piedi per cinque ore lungo un sentiero in discesa che dal paese porta a Vrokounda, una grotta a picco sul mare. Qui c’è la chiesetta dedicata al santo martire, dove vengono sgozzati alcuni capretti. Il motivo di questo sacrificio va probabilmente ricercato nell’Odissea: Ulisse, prima di accedere agli Inferi, il regno dei morti, compie infatti lo stesso rito. In alternativa il riferimento è a certe usanze risalenti a più di 3 mila anni fa e concernenti tradizioni in onore della madre terra e di Bacco, dio greco dell'ebbrezza e della pazzia, del vino, della fertilità e della vegetazione, figlio di Zeus e di Semele. La vita dell’isola di Karpathos si svolge dunque in maniera profondamente radicata nella sua antichissima tradizione: in particolare ciò è vero soprattutto per la parte settentrionale. Per oltre 400 anni gli abitanti del nord e del sud hanno infatti vissuto isolati gli uni dagli altri, sviluppando usi e costumi in maniera indipendente. E c’è chi ipotizza addirittura che essi abbiano differenti origini etniche. Nonostante la notevole crescita del traffico turistico degli ultimi anni, Karpathos e suoi abitanti conservano un carattere ospitale e genuino che talvolta richiede da parte del turista una piccola dose di adattamento e comprensione dell’orgoglio che i locali nutrono per le loro tradizioni.
(Pubblicato su Libero il 31 agosto 06)
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