Un'emozione paragonabile solo alle missioni
Apollo o, volendo essere un po’più sdolcinati, a quelle suscitate dal
primissimo bacio. Sono le parole rilasciate dai tecnici dell'Esa, l'Agenzia
Spaziale Europea, subito dopo avere appreso la notizia della riuscita conquista
di 67P/Churymunov-Gerasimenko, una cometa che in questo momento si trova a 500
milioni di chilometri dalla Terra, scoperta nel 1969 da due astronomi ucraini. Alle
17.04 (ora italiana) di ieri pomeriggio, la comunicazione ufficiale: il lander
Philae è atterrato con successo, a soli quattro centimetri di distanza dal
punto previsto. 28 minuti di apprensione per gli scienziati, il tempo impiegato
dal segnale elettronico per raggiungere il nostro pianeta e comunicare il lieto
fine dell'avventura. «Un grande passo per la civiltà umana», ha detto Andrea
Accomazzo, direttore delle operazioni di volo di Rosetta, «che non è giunto per
caso, ma è stato il frutto della competenza di tanti scienziati. E' il nostro
destino, d'altronde, quello di spostarci dalla Terra. E la missione Rosetta è
il primo passo verso questo importante obiettivo». Per la prima volta, dunque,
l'uomo o, meglio, un suo macchinario, fa visita fisicamente a un simile oggetto
spaziale, vecchio di quattro miliardi di anni, in perenne rotazione intorno al
sole. Un viaggio iniziato il 2 marzo 2004 (dopo un anno di rinvii dovuti a un
incidente al razzo-vettore Ariane 5), lungo 5,5 miliardi di chilometri, con una
serie di tappe intermedie necessarie a sfruttare il cosiddetto "effetto
fionda", offerto dalle gravità planetarie: il sorvolo di Marte (febbraio
2007), la visita (da lontano) dell'asteroide 2867 Steins (2008) e la mappatura
della cometa 67P (agosto 2014). Poi, negli ultimi giorni, il lento
avvicinamento al corpo celeste, che si è concluso ieri, dopo sette ore di
manovre delicatissime, che hanno portato alla separazione di Philae da Rosetta,
e infine, all'incontro vero e proprio con la cometa. Il rischio che qualcosa potesse
andare storto era molto alto, e legato soprattutto al fatto che l'impatto
sarebbe potuto essere devastante. E invece è andato tutto alla perfezione, e
ora si possono cominciare a studiare le caratteristiche dell'oggetto spaziale
e, in pratica, inaugurare un nuovo capitolo dell'esplorazione cosmica. Nei
primi giorni di permanenza, Philae manderà informazioni alla Terra grazie a una
mini batteria allestita appositamente per la primissima fase post atterraggio. In
seguito entreranno in funzione dei pannelli fotovoltaici che avranno il compito
di caricare una seconda batteria, quella predisposta per la permanenza sul
suolo cometario e che dovrà fare funzionario il lander per l'intera durata
della missione. Philae si fermerà su 67P fino al dicembre 2015 e cercherà di
fare luce sui tanti misteri che ancora l'avvolgono. Si cercherà di studiare nei
dettagli la cometa, a partire dal suo campo magnetico, per arrivare alla sua
composizione. Interessanti potranno essere le conclusioni relative ai
cambiamenti che potrà subire avvicinandosi al sole, situazione che porterà alla
formazione della caratteristica coda cometaria e alla produzione di gas e
vapore acqueo. Per Stanely Cowley dell'Università di Leicester sarà l'occasione
buona per poter chiarire molti aspetti legati alle origini del sistema solare;
valutando anche la panspermia, e l'ipotesi che la vita sulla Terra sia giunta
dallo spazio. Non è detto che tutto potrà filare alla perfezione. Si teme
infatti che il riscaldamento solare possa provocare gravi perturbazioni a
ridosso della cometa o grosse fratture sulla fratture sulla sua superficie, tali da
compromettere la sopravvivenza del lander. In ogni caso i lavori sulla cometa
vedranno gli italiani impegnati in prima linea, considerato che uno degli
strumenti più importanti a bordo di Philae proviene dal Politecnico di Milano.
Si tratta di un trapano, battezzato SD2, che verrà utilizzato per penetrare l'anima
della cometa e studiare la geologia del corpo celeste.
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