giovedì 28 agosto 2014

Quando è lui il primo a dire "ti amo"


L'emotività è donna, si sa, tanto è vero che ogni smanceria viene prima di tutto ricondotta all'universo femminile. Eppure non è sempre così, specialmente quando c'è da pronunciare la più importante frase del genere umano: ti amo. Stando, infatti, a una ricerca pubblicata su Journal of Personality and Social Psychology, la fatidica confidenza è soprattutto appannaggio dell'uomo. Si stima che nel 62% dei casi, all'inizio di una relazione, è il maschio per primo a dire "ti amo". E di solito arriva a farsi avanti tre mesi dopo l'incontro inaugurale. La donna, al contrario, è più cauta. Pare più titubante, e finisce col rivelare il proprio amore al partner almeno cinque mesi dopo il primo appuntamento. Per le donne la "delicatezza" maschile è sovente il subdolo tentativo di portarne a letto un'altra; per gli uomini è invece un reale sentimento, che deve essere espresso il più in fretta possibile, prima che la nuova conquista prenda altre strade. Chi ha ragione? In parte entrambi. Ma il meccanismo comportamentale che determina questo risultato è tutt'altro che scontato, e sconfina nel mondo dell'antropologia e dell'evoluzione umana. Donne e uomini, di fatto, non cercano esattamente la stessa cosa quando decidono di frequentarsi. La donna punta alla persona giusta perché vuole mettere al mondo dei figli che poi vanno necessariamente accuditi, seguiti, cresciuti; individuo che deve rispondere a requisiti speciali, talvolta lontani dai desideri maschili, e difficili da mettere correttamente a fuoco. Per una scelta oculata, quindi, ha bisogno di tempo. La donna vuole ponderare con precisione il partner al quale rivelare il proprio amore, perché da lui dovrà e vorrà dipendere per portare avanti una famiglia. Per l'uomo la scelta è differente, e obbedisce a un istinto riproduttivo più marcato, non rigorosamente legato alle cure parentali. Certo, il discorso, riflette gli albori della civiltà, quando i concetti di famiglia e clan spesso si fondevano fra loro, tuttavia alcune attitudini comportamentali permangono nell'uomo moderno e sono le stesse che contraddistinguevano i nostri lontanissimi antenati. Infine i ricercatori hanno messo in luce il momento preferito dai due sessi per sentirsi dire "ti amo". Per gli uomini è prima di avere un rapporto intimo, perché inevitabilmente legato alla consapevolezza di essere riuscito nella conquista e all'ipotesi di un felice futuro sessuale. Per la donna, invece, è preferibile sentirselo dire dopo essere andati a letto insieme, perché conferma la validità di un sentimento sincero, non finalizzato a una storia da una notte. Quel che conta, in ogni caso, è che non ci si fermi alla "prima volta", ma si vada oltre. Secondo gli studiosi, infatti, è importante per la solidità della coppia esprimere apertamente i propri sentimenti, prerogativa che, in questo caso, aumenta l'autostima, la fiducia nel rapporto, e aiuta a condividere le gioie (e i dolori) della quotidianità.  

lunedì 25 agosto 2014

Il robot transformer


Immaginiamo un foglio di carta a due dimensioni, che grazie a un po' di fantasia, possiamo trasformare in una barchetta o in un aereo  tridimensionali. Il concetto è lo stesso, ma non riguarda uno strato di cellulosa, bensì una struttura hitech in grado di assumere le sembianze di un "essere" a quattro zampe, pensiamo a un granchio, capace di camminare, girare, e potenzialmente compiere svariati compiti. Un "foglio" dotato di mente propria, che in quattro minuti si autoassembla e non ha bisogno di aiuti esterni per entrare in azione. E' questo l'ultimo avveniristico robot prodotto dalla collaborazione fra scienziati di Harvard e del Massachusetts Institute of Technology (Mit) di Boston. Si tratta, in pratica, di un robot transformer a tutti gli effetti, così spesso decantato dai fumetti o dai libri di fantascienza;  per la prima volta realizzato in un laboratorio scientifico. Potrà essere disponibile fra qualche anno, a un costo irrisorio, se paragonato ad altri prodotti di questo genere:  gli scienziati dicono, infatti, che per realizzare il primo prototipo sono bastati cento dollari di materiale altamente tecnologico ed elettrico. Più prosaica l'assimilazione a un "origami meccanico" (in riferimento alla caratteristica arte orientale), dotato di un "cervello elettrico", due motori e comunissime batterie per il rifornimento energetico.  Il suo segreto? Essere caratterizzato da un polimero "a memoria di forma", predisposto per fornire alla struttura base il comando per l'auto-assemblaggio, e la trasformazione finale in un marchingegno robotico le cui ripercussioni in campo industriale potrebbero essere molteplici. "Partiamo dall'idea di rendere i robot il più possibile veloci ed economici", spiega Sam Felton, a capo del progetto, "e un modo per giungere a questo risultato è, appunto, affidarci a strutture analoghe a un foglio di carta, in grado di trasformarsi da solo in corpi tridimensionali". Il primo robot transfomer nasce, in realtà, per scopi militari, ma non sono esclusi perfezionamenti futuri che potrebbero, per esempio, facilitare l'esplorazione spaziale. Entra in funzione tramite la variazione di parametri climatici esterni, come, per esempio, la temperatura. Aumenta il caldo e in pochi minuti la sua "bidimensionalità" viene sostituita da quattro zampette che cominciano a brancolare qua e là, fino a raggiungere i 5,4 centimetri al secondo di velocità. Proprio come fa un granchio o un qualunque aracnide (benché dotati di otto zampe). Lo spunto è stato preso da un gioco chiamato Dinks Shrinky (inventato nel 1973), in grado di cambiare colore e ridurre le proprie forme del 50% se sottoposte a un innalzamento di temperatura. Un solo strato hitech potrebbe apparire banale, ma se si immagina una risma di "fogli" di questo tipo, non è difficile intuire gli incredibili scenari che potrebbero derivare dal suo impiego; primo fra tutti un esercito di micro robot in grado di scandagliare la superficie di un corpo celeste, o un'area di interesse energetico. Con i robot transformer si può pensare alla realizzazione di satelliti di nuova generazione, e facilitare i campi di esplorazione e le operazioni di salvataggio. Ma anche oggetti in grado di assumere le sembianze di altri animali (pensiamo a un cigno), per poi volare. Notizie in più si potranno sapere fra qualche settimana, quando, nel corso di una conferenza di robotica che si terrà a Taiwan si riparlerà del primo robot transformer, ma anche di nuovi "gadget hitech", come il cubo auto-pieghevole di soli cinque millimetri di lunghezza e il bruco robot. 

Il futuro della robotica 

Il progetto SAPHARI - acronimo di Safe and Autonomous Physical Human-Aware Robot Interaction - ha come scopo la progettazione di un automa in grado di interagire con l'uomo, di comprenderne i movimenti, di collaborare senza mai interferire dal punto di vista spaziale, una macchina capace di vivere insieme agli umani nel segno della sicurezza.

Alla Cornell University, in Usa, i ricercatori stanno lavorando su macchine che possano, come gli esseri umani, imparare da ciò che osservano e dall'esperienza quotidiana. Hanno creato, per esempio, un sistema che identifica le attività sulla base dei movimenti delle persone e che, una volta installato in un macchinario che svolge funzioni di "badante", potrebbe aiutare la persona che ha in affido offrendole da bere o spazzolandolgi i denti. 

In futuro potremmo anche rilassarci su un robot divano e, prima di accomodarci a tavola, ordinargli di trasformarsi in sedia. Presso il laboratorio di biorobotica del Politecnico federale di Losanna ci si occupa, infatti, dei cosiddetti robot modulari – dei Roombots –  che potrebbero permettere di trasformare questa utopia in realtà.

Calorie italiane


Da tempo non se ne parla più come di una semplice malattia, ma di una epidemia a tutti gli effetti. L’obesità, infatti, rappresenta percentuali tanto grandi da essere paragonata ai peggiori flagelli dell’umanità. L’Oms prevede che, per il 2030, gli obesi in Italia saranno il 70% della popolazione; con picchi del 90% in Irlanda e dell’80% in Spagna. In realtà l’obesità è in gran parte dovuta ad abitudini quotidiane che potrebbero essere facilmente contrastate, se solo si facesse un po’ più di attenzione, per esempio, a quello che si mangia. Com’è noto, infatti, gran parte dei chili di troppo è la conseguenza di un accumulo spropositato di calorie. Lo si dice da sempre e oggi ne abbiamo un’ulteriore conferma, grazie a uno studio diffuso dal sito Evoke.ie. L’analisi mette in relazione la quantità di calorie consumate abitualmente da ogni persona nell’arco delle 24 ore, con il singolo paese di appartenenza. Si scopre così che gli Usa, emblema dell’obesità, (dove già oggi almeno un terzo della popolazione soffre di sovrappeso), sono anche i primi in classifica: ogni persona assume, infatti, 3.770 calorie al giorno. Al secondo posto, con 3.760 calorie, c’è l’Austria e al terzo, con 3.660 calorie, l’Italia. Seguono Israele, Irlanda e Gran Bretagna, e chiudono l’India con 2.300 calorie e la Repubblica Democratica del Congo, staccatissima, con 1.590 calorie (che probabilmente parafrasa un po’ tutta la realtà delle nazioni meno sviluppate). L’unico, paese, quest’ultimo, a rientrare nei parametri delineati dai medici di tutto il mondo, secondo i quali gli uomini non dovrebbero accumulare più 2.400 calorie al giorno, e le donne non dovrebbero andare oltre le 2mila calorie. Gli italiani pagano, probabilmente, l’abitudine a nutrirsi con alimenti come la pasta, la pizza e il pane; gli americani, il vizio di abbuffarsi di hamburger. E la famosa dieta mediterranea? Non sempre viene rispettata a dovere, per questo il conteggio delle calorie cresce. Si punta correttamente su pane e prodotti cerealicoli, ma spesso (per non dire sempre) si eccede. Il pane andrebbe consumato una o due volte al dì, mentre andrebbero aumentate le dosi di pesce, frutta, verdura, a discapito di carne e dolci; torte, brioche e merendine, non sono contemplati nella dieta mediterranea, se non sottoforma di crostate di frutta. Si esagera anche con birra, maionese, patatine, che mal s'accordano con il tradizionale cibo mediterraneo. Del resto non si è nemmeno consci del fatto che l’accumulo e il consumo di calorie rispetta un delicato equilibrio, derivante dall’alimentazione, ma anche dalla quantità e dalla tipologia di movimento affrontati ogni dì. Basterebbe poco, infatti, per bruciare calorie inopportunamente ingerite, come accade magari in ambito lavorativo, quando la fretta porta a cibarsi in modo sbrigativo e irragionevole (in posti dove spesso, rispetto ai piatti preparati in ambito casalingo, l’apporto calorico triplica). Duecento calorie, per esempio, si possono eliminare in fretta: ballando per 37minuti, giocando a golf per un’ora, lavorando in giardino o lavando la macchina per 40 minuti, o correndo su e giù per le scale per due minuti e mezzo. E non sempre è necessario compiere esercizi fisici tradizionali. Ogni azione, infatti, permette di bruciare calorie. Anche baciarsi. Se lo si fa per un minuto, se ne vanno un paio. Fondamentale, però, valutare quel che si mangia, sapendo che ogni alimento ha un contenuto calorico specifico, e che in risposta a singole porzioni esistono vere e proprie “bombe” che farebbero male a chiunque. Va considerato, dunque, il rapporto fra il peso dell’alimento consumato e le calorie che fornisce. 588 grammi di broccoli forniscono, per esempio, duecento calorie; ma lo stesso accade con appena 51 grammi di quelle caramelline morbide e colorate che se si inizia con una, non si finisce più. 740 grammi di peperoni danno lo stesso numero di calorie di un cheesburger, ma in proporzione l’apporto nutrizionale è maggiore. E così via. Ma se ci si applica un po’ i risultati non tardano a venire. E si possono già ottenere delle perfette silhouette togliendo dalla dieta tradizionale 400-600 calorie al giorno, vale a dire 3-4mila calorie alla settimana. Non sono solo i chili di troppo a diminuire, ma anche il rischio di ammalarsi di qualunque morbo, in particolare di natura cardiovascolare.