lunedì 29 luglio 2013

Auto da "camporella"


Piccola, essenziale, scomoda, in pratica, un'utilitaria ad hoc. E' il modello di automobile prediletto da chi desidera appartarsi con un partner lontano da occhi indiscreti. E' quanto emerge da uno studio condotto su circa duemila persone dalla BBA Reman, azienda attiva dal '93 in campo automobilistico. Il sondaggio rivela che sono soprattutto gli over 35 ad avere fatto sesso in macchina, spesso più di dieci anni fa. Mentre i più giovani di età compresa fra i 18 e i 34 anni, sembrerebbero meno disposti a sopportare la "scomodità" dell'auto. Il motivo? Secondo Chris Swan, fondatore della ragione sociale, oggi, rispetto a venti o trenta anni fa, viene accettato con più facilità dalle famiglie e dall'opinione pubblica il fatto che due giovani o giovanissimi possano condividere lo stesso letto o appartamento; con ciò il numero di soggetti dediti alla "camporella" è in continuo calo in Inghilterra e si presume in gran parte dei paesi europei. Il 49% degli intervistati rivela di avere avuto esperienze amorose in auto; nel 17% dei casi da un anno a questa parte, nel 27% dei casi oltre dieci anni fa. La conferma di un modello comportamentale che sta sbiadendo sempre più. Ciò non toglie che scambiarsi effusioni in auto sia tutt'altro che raro: «Siamo stati tutti giovani e innamorati», dice Swan, «e sappiamo quanto sia difficile spesso trovare angoli dove potersi rifugiare con la propria dolce metà». Curioso, però, è il dato concernente le macchine ideali per amoreggiare. Non sono, infatti, macchinoni o auto particolarmente spaziose e confortevoli, come si potrebbe immaginare, bensì quelle più comuni, "da battaglia". Al primo posto c'è la Ford Fiesta, tipica vettura di "segmento B", citata dal 29% dei partecipanti al test. A seguire ci sono la Volkswagen Golf (27%), la Vauxhall Corsa (23%), la Mini (21%) e la Renault Clio (18%). Chiude l'originale classifica la Vauxhall Astra (5%), autovettura di fascia media prodotta in più serie in Inghilterra dal 1979. Dati, in realtà, che contraddicono un vecchio studio pubblicato sul giornale francese relay.fr, secondo il quale le vetture più idonee alle fughe d'amore sono la Volvo station wagon e la Mercedes Sprinter, non proprio due macchinette. Ma dove piace di più "imboscarsi"? L'ideale sono i luoghi che offrono la possibilità di rimirare un bel panorama: la pensa così il 37% degli amanti. Altrettanto gettonati sono i parcheggi (29%) e le strade private (22%). Ma c'è anche chi sceglie di non fermarsi da nessuna parte e di fare sesso con l'auto ancora in movimento: accade nel 3% dei casi osservati. A conferma, infine, di un'abitudine che, comunque, resta in voga, è da poco sorta la prima guida dei luoghi dell'amore mordi e fuggi. Il sito di riferimento, www.c-guide.it, è, in pratica, un "database" con riportate le zone più romantiche e quelle più eccitanti, dove consumare un rapporto a bordo della propria auto, costantemente aggiornato dagli utenti. E per chi desidera saperne di più sull'argomento, esiste anche un vademecum delle posizioni migliori per fare l'amore in macchina. Battezzato "Carma Sutra" è un libro di 82 pagine ricco di illustrazioni e aneddoti, acquistabile via internet. 

(Pubblicato su Il Giornale del 27 luglio 2013) 

martedì 23 luglio 2013

L'urbanistica "astronomica" di Cuzco


Cuzco, l’antica capitale inca situata in Perù a un centinaio di chilometri da Macchu Pichu, riproduce la sagoma di un puma, e ricalca in parte una misteriosa costellazione posta tra quella del Cigno e della Volpe. È ciò che sostiene Giulio Magli, matematico del Politecnico di Milano sul sito ‘Arxiv’, gestito dalla Cornell University di Ithaca, New York. Lo studioso afferma in particolare che i palazzi dell’antica città risalente al 12esimo secolo d.C. erano costruiti in modo da essere allineati con precisi eventi astronomici, come il solstizio d’inverno e quello d’estate. Mentre l’impianto geo – urbanistico dell’insediamento ricorderebbe un puma essendo caratterizzato da una collina riconducibile alla testa dell’animale, dal più grande tempio della città che rappresenterebbe l’apparato genitale, e dalla congiunzione di due fiumi, il Tullumayo e l’Huatanay in sostituzione della coda. In realtà la proposta di Magli non convince molti scienziati. I più scettici infatti ritengono che la città di Cuzco abbia piuttosto delle spiccate relazioni con la costellazione dello Scorpione: qui infatti si può ammirare una stella molto luminosa, Antares, la cui comparsa nel cielo di dicembre, poco prima del solstizio d’inverno, aveva un gran significato nella cultura inca. 

martedì 16 luglio 2013

Alaska, l'effetto serra contribuisce allo sviluppo dei terremoti


Il surriscaldamento globale può essere una delle cause dei terremoti. Lo affermano gli studiosi della Nasa e dell’Ordine dei geologi americani. Hanno, infatti, condotto delle ricerche tra i ghiacciai dell’Alaska concludendo che il repentino scioglimento dei ghiacci, (dovuto appunto all’aumento medio delle temperature), incide fortemente sugli strati litologici sottostanti: in particolare sostengono che la diminuzione del peso dei ghiacci in fase di ritiro fa sì che le placche tettoniche perdano progressivamente la loro stabilità e che si creino quindi i presupposti per l’attività tellurica. È un fenomeno che in parte gli scienziati hanno potuto constatare anche osservando le tracce del ritiro dei ghiacci risalenti all’ultima grande glaciazione conclusasi poco più di 10 mila anni fa. In tale frangente è stato infatti confermato che il Canada venne colpito da numerosi e forti terremoti, e che lo stesso fenomeno si è verificato in Scandinavia. Oggi invece tutto ciò avviene soprattutto nello stato più settentrionale del NordAmerica, dove dall’inizio del ‘900 le temperature medie sono cresciute più che in ogni altra parte del mondo (si pensa che entro 100 anni esse possano subire un ulteriore incremento di addirittura 7°C). Qui le placche tettoniche sono quanto mai instabili e ora il timore degli scienziati è che si possano verificare di nuovo episodi come quello del 1979, anno in cui il Paese subì un sisma di intensità pari a 7,2 della scala Richter. Tra le conseguenze del surriscaldamento del globo va altresì ricordato che, sempre in Alaska, la tundra, la tipica vegetazione delle latitudini più elevate, sta progressivamente scomparendo, per lasciare il posto a specie tipiche delle regioni più meridionali caratterizzate da foreste di conifere di tipo marittimo.

sabato 13 luglio 2013

Gli uccelli attaccano l'uomo... come nell'horror di Hitchcock


Si teme soprattutto il loro becco, duro quasi quanto un oggetto di metallo, e in grado di provocare profonde ferite, il motivo per cui gli ornitologi, quando li studiano "sul campo", indossano sempre un caschetto protettivo. L'ultimo significativo attacco nei confronti dell'uomo da parte dei gabbiani è avvenuto pochi giorni fa in Cornovaglia, a Perranporth. Presi di mira soprattutto i postini che, obbligati a percorrere un tragitto particolarmente esposto all'azione degli uccelli, hanno deciso di sospendere il servizio finché non verranno presi provvedimenti. Ma i gabbiani hanno creato problemi anche ai cittadini comuni e perfino agli animali domestici: qualcuno è finito all'ospedale e un anziano ha subito un attacco cardiaco. Un fenomeno che ricorda il celebre film di Alfred Hitchcock, "Gli uccelli", dove i protagonisti subiscono l'assedio da parte di laridi particolarmente esagitati. D'accordo, è un film, tuttavia l'attacco all'uomo da parte di animali come i gabbiani è tutt'altro che raro e dovuto alla mutua convivenza uomo-uccelli nelle principali metropoli "marine" del mondo: «Per i gabbiani le nostre città si sono trasformate in scogliere ideali, dove trovare sostentamento e luoghi ad hoc dove nidificare», spiega Giuseppe Bogliani, zoologo dell'Università di Pavia. «Sono abituati a convivere con l'uomo, tuttavia la loro natura selvaggia riaffiora quando qualche altra specie si avvicina ai loro nidi»; che normalmente sorgono fra le rocce o sul delta di un fiume, mentre in città occupano soprattutto i tetti delle case: «I gabbiani sono animali molto territoriali», racconta Cecilia Soldatini, vicepresidente del CISO (Centro Italiano Studi Ornitologici, «e difendono il proprio pulcino con molto impegno, attaccando senza problemi uomini e animali». Si parla per l'esattezza di "mobbing" (lo stesso nome con cui s'indica l'insieme di comportamenti violenti perpetrati da un capo ai danni di un subalterno), fenomeno etologico tale per cui alcuni uccelli mettono in atto un'aggressione collettiva e sincronizzata a discapito di una popolazione considerata pericolosa. «Attacchi all'uomo da parte dei gabbiani si registrano frequentemente anche in Italia», dice Soldatini, «specialmente in città affacciate sulla costa come Trieste e Venezia». Ma non sono solo i laridi a impensierire gli abitanti delle città. A Tokyo, per esempio, i falchi hanno colonizzato i grattacieli più alti della metropoli, piombando dal cielo come saette per accaparrarsi l'ennesima preda. All'uomo non hanno ancora arrecato gravi problemi, tuttavia la loro presenza ha determinato un drastico calo della popolazione di tortore e anatre selvatiche. Nel 1999, in uno zoo americano, una bimba di tre anni è stata attaccata da un condor (benché sia noto che la cattività modifica gli schemi comportamentali). Nel 2007, a Roma, varie cornacchie si sono accanite su passanti inconsapevoli di aver sfilato di fronte ai loro piccoli pronti a spiccare il primo volo. Non necessariamente lo scontro avviene con l'uomo. Molto spesso le combutte si verificano fra specie animali, talvolta appartenenti alla medesima classe tassonomica. «Frequentemente assistiamo, per esempio, ad attacchi di cornacchie grigie ai danni delle poiane», racconta Bogliani. Altri episodi di "mobbing ornitologico" sono stati evidenziati in ogni parte del mondo, coinvolgendo le specie più diverse: gabbiani e piccioni, pappagalli e upupe, cornacchie e passeri, falchi e rondoni. Come difendersi, dunque, da attacchi di questo genere? «L'unico rimedio è impedire agli animali di insediarsi nelle aree giudicate "critiche"», spiega Soldatini, «anche se non è sempre facile. I gabbiani, infatti, nidificano in febbraio, periodo in cui nessuno si sogna di girovagare per tetti e terrazze. Quando nascono i piccoli, fra aprile e maggio, potrebbe essere tardi». In tal caso, quindi, si gioca di rimpallo, cercando di "familiarizzare" con gli uccelli, proprio come accade fra comuni vicini di casa. «Per renderseli amici basta offrirgli un paio di sardine al giorno», conclude la studiosa, «così imparano a conoscere chi gliele dà, evitando qualunque attacco». E' vero, però, che a questo punto diviene impossibile levarseli di torno.


Gabbiani
Sono gli animali che più frequentemente interagiscono con l'uomo. Ma difficilmente gli fanno del male, il più delle volte sono avvertimenti legati alla gestione dei piccoli. Basta evitare che nidifichino in aree "critiche".

Falchi
Sono state avvistate colonie di falchi in cima ai grattacieli delle principali città giapponesi. Hanno scambiato le costruzioni umane per scogliere a picco sul mare: qui trovano tutto ciò che gli occorre per vivere, più che nel loro ambiente naturale.

Cornacchie
A Roma, nel 2007, hanno fatto notizia diversi attacchi ai danni dell'uomo, concernenti, anche in questo caso, la necessità di difendere i propri nidi. In realtà, è un fenomeno costante, che si rinnova di anno in anno fra maggio e giugno.   

Condor
Vivono lontano dagli habitat umani, tuttavia in uno zoo americano nel 1999 un condor ha preso di mira una piccola di tre anni, durante lo show intitolato "Wings of Flight". La bimba ha riportato ferite alla schiena e all'addome.

Merli
L'episodio clou si è verificato a febbraio di quest'anno a Hopkinsville, un piccolo centro del Kentucky, in USA. Stormi di merli hanno letteralmente preso d'assalto la cittadina, ricoprendola di guano, potenzialmente causa d'infezioni come la istoplasmosi.

Corvi
Parafrasi de "L'attacco dei corvi imperiali", film horror di Sheldon Wilson, la crescita smisurata di corvi nelle città nipponiche è ormai un dato di fatto. Non attaccano deliberatamente l'uomo, ma la convivenza forzata con questi animali sta impensierendo scienziati e autorità.

(Pubblicato su Il Giornale l'11 luglio 2013)

lunedì 8 luglio 2013

I segreti della coscienza: intervista a Martin Monti

 

La coscienza è uno dei campi più affascinanti e misteriosi della neurologia e della psichiatria. Ne parliamo con Martin Monti, professore dell'University of California di Los Angeles, fra i principali esperti in materia.
Un termometro per giudicare il grado d'incoscienza non esiste. Ma ora si può lavorare utilizzando la risonanza magnetica in modo “originale”...
Sono studi importanti, ma io li leggo in modo leggermente diverso: quello che secondo me ci dicono è che mentre credevamo che i nostri test clinici tradizionali fossero buoni metodi per capire se una persona è cosciente o meno, in realtà sono meno buoni di quanto pensassimo. Considera però che questi studi di risonanza (come immaginare di giocare a tennis) ci dicono pochissimo (anzi, niente) su cosa sia, nel cervello, la coscienza. Ci offrono tuttavia un'arma in più per capire se un paziente è cosciente o meno.
In questo modo si riesce, in pratica, a far “parlare” chi è cosciente, ma sembra incosciente perché non riesce a muoversi...
Esattamente. Se un paziente non può dirci di essere cosciente nei test clinici tradizionali perché non riesce a muoversi (cioè a produrre una risposta motoria/vocale sufficientemente chiara per permetterci di vederla), magari può darci una "risposta" pensando.
Un traguardo che potrebbe rivoluzionare le terapie mediche tradizionali...
Insomma, non credo che dal punto di vista terapeutico questi studi ci dicano molto.
Il cervello rimane comunque una delle aree anatomiche umane più misteriose. E ancora più misteriosa è la cosiddetta “coscienza”. Ma esiste davvero?
Mah, sicuramente esiste una sensazione soggettiva che chiamiamo coscienza. E se è così reale deve per forza esisterne un correlato neuronale (come qualsiasi altra sensazione). Certo, il significato di questa sensazione soggettiva e della sua impronta neurale è un discorso diverso e ancora più complesso.
E' una cosa "vera" la coscienza? E' davvero "libera" o è solo un'illusione epifenomenale?
E' questo il problema. Per esempio, mentre elaboro questa intervista, è una mia libera scelta o solo il frutto di una serie di input/stimoli e la loro elaborazione in una serie di circuiti neurali che ancora non siamo in grado di scrivere come equazioni?
Alcuni autori, come il biologo Christof Koch, del California Institute of Technology, la collocano in corrispondenza del talamo...
Non sono sicuro che sia prudente pensare che esista una struttura regina che corrisponda così semplicisticamente alla coscienza, un po' come la ghiandola pineale per Cartesio, che ci vedeva la "sede" unica dell'anima. Credo anch'io che il talamo sia fondamentale per la coscienza, del resto sue lesioni possono "annullarla"; ma non perché la coscienza sia "al suo interno", bensì perché il lavoro (di una parte) del talamo è necessario per darle un senso. Se la coscienza è davvero "integrazione dell'informazione" alla Tononi (Giulio Tononi è un neuroscienziato del dipartimento di psichiatria dell'Università del Wisconsin), il talamo svolge un ruolo fondamentale nel ricevere e distribuire l'informazione elaborata in qualche parte della corteccia cerebrale.
E del subconscio cosa si può dire?
Il subconscio è "tutto il testo". Ed è tantissimo. Il nostro cervello è una macchina molto sofisticata che riesce ad eseguire (la maggior parte dei) processi silenziosamente, in background. Da neuroscienziato per me questo è il subconscio. Immagina se dovessi consciamente pensare a ogni minimo movimento dei tuoi muscoli mentre scrivi una lettera o mentre riconosci il volto di una persona cara. C'è semplicemente troppo information-processing per permettere che sia tutto eseguito coscientemente. Così il nostro cervello ha tantissime "routine," se vuoi, che operano su processi "noti," per esempio coordinare piedi e mani per cambiare le marce mentre guidiamo, lasciandoci liberi di dirigere il nostro pensiero cosciente a problemi non di routine che richiedono flessibilità e pensiero "produttivo", invece che "riproduttivo"; ad esempio pensare a quali domande potrebbero farci e a come rispondere al colloquio di lavoro al quale siamo diretti.
Secondo alcuni studiosi la realtà del subconscio spiegherebbe la capacità intuitiva dell'uomo...
Se si vede il subconscio come l'ho dipinto sopra, l'intuizione diventa proprio il frutto di processi di background. Il cosiddetto effetto dell'incubazione è proprio questo. A volte rimaniamo bloccati su problemi per un intero pomeriggio e poi la soluzione ci "salta in mente" d'improvviso mentre stiamo bevendo un caffè al bar, due giorni dopo (e senza averci pensato deliberatamente). Questo capita spesso nei cosiddetti problemi di insight, cioè quei problemi in cui una persona deve cambiare un frame mentale o fare qualche nuova connessione mentale per risolverli. Un esempio. Una signora, in un piccolo villaggio, ha sposato venti uomini diversi. I venti uomini sono tutti vivi e si conoscono fra di loro (e nessuno è arrabbiato con gli altri), eppure la donna non ha infranto nessuna legge. Com'è possibile? Magari basta un minuto di riflessione, invece di due giorni e un caffè "illuminante", ma spesso le persone riportano che d'improvviso, dal nulla, gli è venuto in mente che la signora non è la sposa, bensì il ministro che ha celebrato il matrimonio! Se l'hai risolto su due piedi, Google potrebbe volerti assumere, visto che questo è un tipico quesito delle loro interviste.
Da qui si può pertanto ipotizzare che l'uomo sia potenzialmente in grado di prevedere il futuro. Sono, peraltro, i risultati di uno studio serissimo intitolato “Feeling the Future: Experimental Evidence for Anomalous Retroactive Influences on Cognition and Affect”...
Mah, "prevedere il futuro" è una frase ambigua. Direi che il futuro è incerto, punto. Alcuni eventi sono più probabili di altri, e qui sicuramente l'intuizione aiuta molto. Non ce ne accorgiamo, ma il nostro cervello riceve una marea di informazioni tutto il tempo e spesso usa queste informazioni, in background per così dire, proprio come nel tipo di problemi che ho descritto prima. La computazione avviene a livello subconscio, ma a volte il risultato "viene in mente" dal nulla. Quindi non direi che siamo in grado di prevedere il futuro, ma sicuramente il nostro cervello elabora molta più informazione di quanto siamo coscienti e a volte ce lo suggerisce: forse l'intuizione è proprio quando il cervello ci dice alcune cose senza dirci come le ha elaborate. 
Pare una magia…
No. O meglio, sì, ma solo perché non abbiamo ancora capito come il cervello esegue queste computazioni; non c'è niente di soprannaturale. C'è uno studio che ha cercato proprio di rispondere a questo genere di domande. Si era chiesto a un gruppo di persone di risolvere degli anagrammi. In genere i partecipanti al test dicevano che d'improvviso la risposta arrivava, senza che avessero coscientemente fatto tutte le "permutazioni" per trovare quale parola fosse celata. In un secondo momento gli scienziati hanno mostrato gli anagrammi ai partecipanti solo per 500 millisecondi, o solo per un secondo, e hanno poi chiesto: "questo anagramma secondo te forma una parola di senso compiuto o no?". La cosa incredibile è che le persone, benché non fossero riuscite a risolvere l'anagramma, rispondevano meglio del 50% che uno si aspetta da risposte casuali. Quindi anche se non avevano avuto tempo di trovare la risposta è chiaro che il cervello era riuscito a elaborare molta informazione e loro in qualche modo sono riusciti ad 'attingere' a questi processi subconsci.

(Pubblicato su Newton) 

mercoledì 3 luglio 2013

La psicologia del design


Accomodati per una riunione condominiale, per un incontro d'affari, per una semplice discussione fra amici prima di una partita a carte, fondamentale è il tavolo al quale sediamo. Stando, infatti, alle conclusioni di uno studio canadese dell'Alberta University, chi si accomoda a un mobile circolare risulta più aperto e disponibile nei confronti degli altri, rispetto a chi siede a un tavolo quadrato. Diminuiscono i conflitti e le asperità, in favore di un dialogo democratico e sereno. Si ha la sensazione di appartenere a un gruppo sociale, compatto e altruista, proprio come insegna la letteratura inglese relativa all'epopea dei Cavalieri della Tavola Rotonda. Conferme arrivano da alcuni ristoranti, dove i locali arredati con tavolini rotondi attirano maggiori clienti; analogamente s'è visto che le dispute affaristiche a ridosso di tavoli quadrati falliscono più facilmente rispetto a quelle che avvengono abbracciando superfici sferiche.
Sono tutti aspetti riconducibili alla cosiddetta "psicologia ambientale", tale per cui ognuno di noi ha comportamenti differenti in base al "contesto spaziale" in cui si viene a trovare. Non è, quindi, solo una questione legata alle caratteristiche di un determinato mobile, ma dipende anche da fattori come l'illuminazione, la colorazione delle pareti, la temperatura dell'aria. Gli scienziati dell'American Society of Healing Ventilation and Air-conditioning Engineers hanno coniato il termine "termoigrometria" per definire il livello di comfort fornito da un certo ambiente. Tanto più è alto, tanto più le ripercussioni salutari in positivo saranno maggiori. Nelle case dove vige un comfort termoigrometrico basso si ha un'impennata delle malattie polmonari, soprattutto fra i bambini. Malattia e psicologia ambientale vanno di pari passo anche nell'ambito delle sindromi neurodegenerative. I malati di Alzheimer stanno meglio se osservano parametri legati alla corretta fruizione degli spazi casalinghi e della distribuzione degli oggetti.
Per l'ottenimento di un comfort ambientale ideale è fondamentale l'illuminazione. In un soggiorno, per esempio, l'illuminazione preferibile è quella diffusa, non molto intensa, ideale per guardare la televisione. La disposizione di più faretti, anziché l'azione di un solo "punto luce", risulta più gradevole al nostro cervello. Un'illuminazione indiretta crea ombre e facilita la conversazione. Luci calde o fredde? Dipende anche dal clima. In generale, nei paesi più rigidi, si punta alle tonalità calde; viceversa il "freddo" è contemplato preferibilmente nelle aree siccitose del pianeta. Importanti anche i colori alle pareti. Considerando che il discorso va di pari passo con l'illuminazione: percepiamo, infatti, i colori solo la luce non è troppo forte. Quelli più tenui, il verde, l'azzurro, servono a distendere, non per nulla vengono utilizzati frequentemente negli ospedali. Il marrone stringe gli spazi, così il blu e tutte le tinte troppo scure; il bianco li allarga, il porpora crea un continuum cromatico ideale con i  mobili vecchi o di antiquariato.
Le stanze con le pareti chiare sembrano meno affollate di quelle con le pareti scure; è un aspetto della psicologia umana che vale soprattutto per le donne che, rispetto agli uomini, presentano una soglia più bassa nel percepire un ambiente come sovraffollato. Non una cosa da poco, visto che trovarsi in una stanza con parecchie persone provoca un aumento del battito cardiaco e un incremento della pressione arteriosa. I carcerati, obbligati a trascorrere la maggior parte del tempo in celle sovraffollate, presentano valori pressori mediamente più alti della norma; mentre si è visto che le urine di studenti che vivono ammassati in ostelli o appartamenti universitari hanno alte quantità di catecolamine, residui adrenalinici dovuti allo stress. L'idea di sovraffollamento incrementa con i soffitti bassi e le stanze con angoli curvi. In generale le stanze rettangolari risultano meno affollate di quelle quadrate.
Per ciò che riguarda il design (si parla ormai di psicologia del design) gli oggetti grandi a quelli piccoli e le forme arrotondate (ancora una volta) rispetto a quelle aguzze. Di fronte all'acquisto di un divano, ma anche di un orologio, puntiamo con decisione sul prodotto che presenta minori "spigolosità". Le forme spigolose attivano i neuroni cerebrali dell'amigdala, dove si collocano i "centri della paura". Prediligiamo inoltre gli oggetti simmetrici a quelli asimmetrici. E' un retaggio evolutivo: i visi simmetrici ci danno, infatti, un'idea di salute e suscitano in noi emozioni positive. 

(Pubblicato su Il Giornale domenica 30 giugno 2013)

lunedì 1 luglio 2013

A caccia di asteroidi... con il regista di Titanic


Si è a lungo discusso dell'ipotesi di andare a recuperare l'elio 3 presente sul nostro satellite, potenzialmente in grado di soddisfare una grossa parte dei bisogni energetici del pianeta. È nuova, invece, la proposta di puntare le nostre attenzioni sugli asteroidi, che sarebbero delle vere e proprie miniere di materiale estraibile, utile per sopperire alle carenze minerarie terrestri. È un'idea che vede coinvolto in prima persona James Cameron, il noto regista autore di film di grande successo come Titanic. Il cineasta s'è, peraltro, distinto poco tempo fa per avere raggiunto le profondità dell'oceano Pacifico a bordo di un siluro monoposto. Con lui ci sono anche Larry Page co-fondatore di Google, Eric Schmidt, amministratore di Google, Ram Shriran ex capo di Microsoft, Charles Simonyi, turista spaziale, e Ross Perot jr., figlio del miliardario candidatosi anni fa per la presidenza USA. La “missione”, partita ad aprile con la nascita della Planetary Resources, è coordinata da Peter Diamandis, già noto per aver dato vita allo SpaceShip One, il primo veicolo spaziale per turisti. Riguarda l'intenzione di andare a catturare, con una sonda speciale, i cosiddetti NEO (Near Earth Objects) e trasportarli presso l'orbita lunare, dove potrebbero essere facilmente “gestiti” e quindi sfruttati. Ci sono almeno 1.500 asteroidi che ruotano intorno alla Terra, e almeno il 10% di essi potrebbe contenere molte materie prime. Entro i prossimi 18-24 mesi si vuole lanciare nello spazio un supertelescopio in grado di individuare gli asteroidi più interessanti; mentre la “cattura” dei primi corpi celesti è prevista per il 2020. La notizia ha destato grande entusiasmo, ma anche scetticismo, per via dei costi esorbitanti dell'operazione, che il team non ha, comunque, ancora reso noti. “È roba da fantascienza”, dice l'ex astronauta Thomas Jonas, “tuttavia s'è spesso partiti proprio dalla fantascienza per arrivare ad alcuni dei più importanti traguardi astronomici”. Le materie prime potrebbero essere trasportate sulla Terra, ma anche essere utilizzate nello spazio per un'infinità di operazioni, fra cui la realizzazione di satelliti capaci di trasferire energia solare sul pianeta. Secondo gli scienziati, gli asteroidi contengono cospicue presenze minerarie: anche se di piccoli dimensioni potrebbero, per esempio, conservare una quantità di platino pari a 20mila miliardi di dollari. Il platino potrebbe essere molto utile in ambito elettronico, ma anche nel campo della medicina. In generale si stima che un asteroide di 500 tonnellate possa contenere duecento tonnellate di silicati, cento tonnellate di acqua e di composti carboniosi e 80 tonnellate di metalli. Fra i minerali che potrebbero soddisfare di più le nostre necessità ci sono ferro, nichel, cobalto, carbonio e silicio.

New York-Bristol in un'ora e mezza: la promessa di Franck Davidson


Tra cento anni potremo andare negli Stati Uniti in treno in un’ora e mezza. Lo sostiene Frank Davidson, uno tra gli ingegneri che hanno preso parte alla realizzazione del tunnel sotto la Manica. L’esperto ritiene che il tragitto di 5.600 chilometri che separa la città inglese di Bristol da New York verrà coperto all’interno di un tunnel sottomarino, da un mezzo che viaggerà a 3.700 chilometri all’ora, tre volte la velocità del suono. Il treno sfrutterebbe la levitazione magnetica, di cui oggi già ci si serve per far funzionare alcuni treni di superficie che viaggiano a grandi velocità. 12 miliardi di euro si prospetta il costo complessivo dell’opera. Davidson prevede che verranno impiegati 54 mila tubi in acciaio e oltre 100 mila cavi dello stesso materiale necessari a conferire l’assoluta stabilità alla lunghissima galleria sottomarina. Ogni tubo avrà un diametro di trenta metri e una lunghezza di cento. Il loro allestimento avverrà grazie all’ausilio della rete satellitare, e di robot altamente specializzati radiocomandati. Il tunnel galleggerà sfruttando il noto principio di Archimede, basato sul fatto che un corpo immerso in un fluido riceve dallo stesso una spinta verso l’alto pari al peso del volume di fluido spostato. Il pericolo di infiltrazioni di acqua verrebbe scongiurato dall’installazione di uno spesso strato di schiuma sintetica. Attualmente il più lungo tunnel sottomarino del mondo è quello giapponese che collega le isole di Honshu e Hokkaido: è lungo 53,85 chilometri e si snoda a 240 metri di profondità dalla superficie del mare. È stato inaugurato nel 1988 e i treni si spingono fino a 300 Km/h. Il secondo al mondo per lunghezza è invece il tunnel della Manica: qui i mezzi ferroviari collegano la Francia all’Inghilterra in circa 35 minuti e viaggiano a circa 160 Km/h. Oltre all’avveniristico progetto di Davidson ce n’è un altro che potrebbe vedere la luce prima dello scadere dei cento anni previsti dallo scienziato inglese per la costruzione del primo collegamento ferroviario Bristol – New York: si tratta del tunnel che unirebbe la Sicilia alla Tunisia. Se ne sta occupando l’Ente per le nuove tecnologie, l’energia, l’ambiente (Enea). Il progetto consterebbe di una galleria sottomarina situata a 230 metri di profondità che possa mettere in comunicazione la città di Bon in Tunisia a Mazara del Vallo in provincia di Trapani in Sicilia, coprendo una distanza di 136 chilometri.

Mare 2013: ecco le meduse più diffuse (ma non sempre pericolose)


E' andata male soprattutto a un tredicenne ricoverato al pronto soccorso per le numerose "scottature" di medusa, ma sono state decine le persone che hanno dovuto sottoporsi a cure, in seguito all'eccezionale proliferazione di celenterati avvenuta negli ultimi giorni all'Isola d'Elba, in corrispondenza dalla spiaggia delle Ghiaie. Ora la situazione è sotto controllo, le correnti hanno "spedito" al largo le meduse, tuttavia permane una certa apprensione, non solo fra chi sta facendo vacanza lungo la costa tirrenica. Molte località italiane sono, infatti, interessate da fenomeni analoghi, dove ogni anno le meduse sembrano aumentare sempre di più; a banchi si sono già presentate in Sicilia e in Puglia. Un luogo comune asserisce che sia indice di un mare pulito e "sano", ma molti scienziati nicchiano. La verità è che le meduse seguono un andamento biologico "ciclico" (che passa, cioè, attraverso vari stadi di sviluppo), tale per cui la loro sovrabbondanza nei mari dovrebbe essere periodica, e non costante come si sta verificando negli ultimi tempi (in particolare dal 2003 a oggi). Che succede? Secondo i ricercatori stiamo assistendo a due processi che agendo in concomitanza determinano ovunque un incremento di cnidari: la tropicalizzazione delle acque e il drammatico calo della fauna ittica. Il caldo attira nuove specie di celenterati dal Mar Rosso e dall'Atlantico, mentre la pesca forsennata sta spopolando il Mediterraneo dei predatori naturali delle meduse. Gli esperti parlano di "crocevia biologico" indicando i nostri mari come il punto ideale di convergenza di numerose specie in transito verso habitat ritenuti più idonei alla loro sopravvivenza; negli ultimi venti anni, su cento nuove specie marine introdotte, novantotto sono tropicali, e fra queste spiccano anche varie meduse. E avanzano, dunque, funeree previsioni sul destino della biodiversità locale, parlando senza mezzi termini di "desertificazione" dei mari: secondo gli scienziati dell'Unione Intenzionale per la Conservazione della Natura (ICUN), quarantatre specie di pesci sono a rischio di estinzione per via della pesca eccessiva, ma anche dell'inquinamento, e molte di esse si nutrono proprio di animali planctonici come le meduse. La conseguenza è inevitabile: mare pulito o meno, i celenterati crescono sempre di più, interferendo gravemente con la catena alimentare e arrecando sempre più danni a chi ama trascorrere le ferie al mare. Oggi esistono "ricette" vecchie e nuove per tenere a bada le "punture" di medusa, tuttavia è bene scorgere al più presto l'eventuale insorgenza di difficoltà respiratorie, pallore e disorientamento, sintomi che dovrebbero indurre a sospettare uno shock anafilattico, potenzialmente letale. Esistono peraltro servizi online che offrono la possibilità di controllare in tempo reale lo stato delle nostre acque, per capire dove le meduse risultano particolarmente aggressive e come correre ai ripari in caso di contatto con un animale. Si basa sull'azione di un software che consente a chiunque di segnalare la presenza di cnidari nelle varie località turistiche del Belpaese e, dunque, a ogni bagnante di valutare il rischio di spiacevoli incontri. Al momento sono state riconosciute con certezza undici specie (molte, invece, quelle non ancora passate al vaglio dei biologi), distribuite in modo irregolare lungo tutto lo Stivale. Ecco quali sono le loro caratteristiche e i litorali che le ospitano:

PELAGIA NOCTILUCA
Diffusa in gran parte dei mari italiani, può formare banchi estesi in grado di colonizzare i litorali per mesi. Colore violetto del corpo, è stata censita a Melendugno (LE), Gallipoli (LE), Maruggio (TA), Messina (ME), Porto Empedocle (AG), Palmi (RC), Tropea (VV), Napoli( NA).

AEQUOREA FORSKALEA
Pressoché innocua per l'uomo, raggiunge i dieci centimetri di diametro ed è caratterizzata da tipici canali radiali che disegnano l'ombrello dal centro ai margini. E' stata individuata a Viareggio (LU) e Margherita di Savoia (BT).

PHYSALIA PHISALIS
Non è una vera medusa ma una colonia di forme polipoidi. Nel 2012 alcuni bagnanti sono finiti all'ospedale a causa di una sua "puntura". Si riscontra raramente e può presentare tentacoli lunghi venti metri. Per ora è stata individuata a Maiori (SA).

MARIVAGIA STELLATA
Specie poco urticante identificata lungo le spiagge del ferrarese. E' comparsa nel Mediterraneo nel 2010, provenendo dal Mar Rosso. Presenta macchie rossastre a forma di stella sull'ombrello.

CHRYSAORA HYSOSCELLA
Urticante, viene spesso scambiata per la Pelagia noctiluca. E' contrassegnata dalla tipica faccia superiore dell'ombrello, con sedici bande a V. E' stata notata a Salve (LE), Favignana (TP) e Sabaudia (LT).

AURELIA AURITA
Individuata a Sestri Levante (GE), Alessio (SA), Comacchio (FE), Riccione (RN), è dotata di un veleno parzialmente urticante per l'uomo, e di un ombrello che può raggiungere i quaranta centimetri. In Cina viene consumata a pranzo.

CARYBDE MARSUPIALIS
Riscontrata a Cavallino-Treporti (VE), si presenta con un ombrello cubico di pochi centimetri. Non possiede un veleno mortale: le sue punture dolgono, ma gli effetti tossici sono brevi. Conquistano le rive soprattutto durante le ore notturne.

CATOSYLUS TAGI
Color bianco/azzurro, poco urticante, si sospetta che provenga dall'Atlantico: è molto abbondante lungo le coste del Portogallo. In Cina e in Giappone è considerata commestibile. In Italia, quest'anno, è stata adocchiata a Castellamare di Stabia (NA) e a Diano Marina (IM).

RHOPILEMA NOMADICA
Può raggiungere i sessanta centimetri di diametro e provocare dolorose punture. E' stata rinvenuta nei mari di Numana (AN), Viareggio (LU) e Margherita di Savoia (BT). Prima degli anni Sessanta era pressoché inesistente nei nostri mari. Proviene, si pensa, dalle regioni indo pacifiche.

COTYLORHIZA TUBERCOLATA
Specie endemica, fra le più belle meduse del Mediterraneo. Ha un ombrello molto rigido, con sfumature rosse e gialle. Spesso simbiotica con alcune alghe, non desta problemi all'uomo. E' stata avvistata a Scalea (CS) e a Torre del Greco (NA).

RHIZOSTOMA PULMO
E' la medusa più grande del Mediterraneo, arrivando a pesare fino a dieci chili. Di colore bianco, con un orlo blu lungo il margine dell'ombrello, ha la forma di un cavolfiore. E' stata riscontrata a Lignano Sabbiadoro (UD) e Rodi Garganico (FG).

(Pubblicato in prima pagina su Il Giornale, il 26 giugno 2013)