venerdì 17 febbraio 2023

Stelle di neutroni: quando nasce una kilonova

Abbiamo sentito spesso parlare di supernove, stelle di grande massa che alla fine dei loro giorni esplodono trasformandosi in oggetti cosmici superdensi, ma piccolissimi. Oggi abbiamo la conferma di un nuovo fenomeno fisico altrettanto affascinante: la kilonova. Si tratta di uno scontro cosmico fra due oggetti “estremi” dell’universo, le stelle di neutroni, astri in estinzione che condensano tutta la loro energia (decisamente superiore a quella solare) in pochi chilometri di diametro. È il risultato dell’azione del telescopio SMARTS, ospitato dal CTIO (Cerro Tonolo Inter-American Obesrvatory), pubblicato in questi giorni su Nature. Riferimento al sistema stellare CPD-292176, a più di 11mila anni luce dalla Terra, nel cuore della Via Lattea, dove brillano almeno 200 miliardi di stelle. Una decina appena i sistemi stellari soggetti a fenomeni analoghi, fra cui quello individuato in seguito alla scoperta delle onde gravitazionali, nel 2017, grazie agli interferometri americani e europei. Si indagò la natura e la provenienza di queste perturbazioni cosmiche arrivando a identificare il sistema AT2017gfo, simile a quest’ultimo, ma con una tipica nube di fuoco asimmetrica e in fase evolutiva più avanzata. Qui invece è un rarissimo sistema binario, due stelle ruotanti intorno a un baricentro comune, in equilibrio gravitazionale fra loro; soggetto a una geometria perfetta, riconducibile a una elegante e colorata sfera. Di solito due stelle di questo tipo terminano la loro vista esaurendosi e separandosi. In questo caso, riferibile al termine tecnico “supernovae ultra-stripped”, si osserva un avvicinamento fra i due copri celesti, che fondendosi danno origine a una kilonova. Albert Sneppen, del Niels Bohr Institute di Copenaghen, dice che non era prevedile un’evoluzione del genere, e che probabilmente gli studi necessari a comprendere la genesi delle kilonove sono da riformulare. Lo affianca Darach Wastson, comprimario dello stesso istituto, parlando di “bomba magnetica”, capace di distribuire in modo omogeneo la materia intorno a sé; prima del definitivo collasso che potrebbe portare alla nascita di un buco nero. Magnetar, non a caso, indica una stella di neutroni caratterizzata da un enorme campo magnetico, miliardi di volte più potente di quello terrestre. Con la collisione e la relativa esplosione, si assisterebbe dunque alla produzione di elementi pesanti, come ferro, oro e argento. Di fatto le stelle quando esauriscono completamente il tradizionale “carburante” composto da atomi leggeri come l’idrogeno e l’elio, consumano gli elementi che pesano di più, procastinando l’inevitabile fine. Con una massa elevata si formano stelle superdense nel momento in cui protoni carichi positivamente ed elettroni negativi soggetti a forti pressioni si annichiliscono a vicenda trasformandosi in neutroni. Nelle kilonove potrebbe avvenire il contrario, grazie all’intevento dei neutrini, particelle misteriose, di massa piccolissima, che potrebbero mediare la trasformazione dei neutroni in protoni ed elettroni, e dunque in elementi chimici a tutti gli effetti. Gli scienziati si riferiscono alla nucleosintesi da processo r (che indica rapido) per spiegare la nascita ex novo di elementi in un periodo di tempo ristretto. La coalescenza di due stelle di neutroni con relativa esplosione ed emissione di raggi gamma, potrebbe infine aiutarci a comprendere dinamiche cosmologiche che ci tormentano da tempo. Come il mistero riguardante la velocità di recessione che sta portando a un progressivo allontanamento delle galassie, alla base dell’espansione dell’universo.

Il luogo più isolato del mondo

Un posto isolato da tutto e da tutti, nel cuore della Sardegna; fra i luoghi più silenziosi del mondo, dove l’impatto antropico è pressoché nullo e così il rischio sismico. Un paradiso terrestre? Piuttosto il posto ideale dove ospitare ET, l’Einstein Telescope, avveniristico progetto coinvolgente vari enti astrospaziali, che mira a fare luce sugli oggetti più misteriosi del cosmo, i buchi neri. Fonte delle cosiddette onde gravitazionali, predette da Einstein, e ufficialmente scoperte cinque anni fa, per via della collisione fra due giganti cosmici dove anche luce non trova scampo. “Riconferma che abbiamo avuto nel 2017, attraverso lo studio di due stelle di neutroni”, racconta al Giornale Enzo Brocato, dell’Inaf, oggetti super densi, figli dell’implosione di astri molto più grandi del sole. Il nuovo telescopio potrebbe essere battezzato fra due o tre anni. E andrebbe ad affiancare altre due potenti apparecchiature, Ligo e Virgo, in attività da qualche anno negli Stati Uniti e in Italia. “Sono interferometri, per l’esattezza”, rivela Brocato, “dunque strumenti che sfruttano un gioco di raggi laser per calcolare misure infinitesimali capaci di svelare dinamiche dell’universo che fino a oggi non abbiamo mai potuto considerare”. In lizza anche un sito in Olanda, al confine con il Belgio e la Germania. Ma la Sardegna sembrerebbe solleticare maggiormente gli interessi degli astronomi. In questi giorni, infatti, è stato divulgato uno studio ufficiale, nel quale si segnalano le ottime caratteristiche ambientali della zona; in corrispondenza di una miniera abbandonata, dove un tempo si estraevano metalli, Sos Enattos, a pochi chilometri da Nuoro. Un mondo fuori dal mondo, dominato dalla natura, e dall’idea che il tempo non passi mai. “Proprio come accade affrontando il concetto di spazio tempo che potrebbe ulteriormente essere messo in evidenza dall’Einstein Telescope”, prosegue Brocato. “Perché le onde gravitazionali hanno mostrato di poterlo modificare muovendosi nello spazio, proprio come i fotoni della luce percorrono la loro strada sottoforma di onde elettromagnetiche”. Le onde gravitazionali, però, sono qualcosa d’altro, “una nuova finestra sul cosmo”, che potrebbe anche aiutarci a comprendere il mistero della materia oscura. Gli elementi della tavola periodica, infatti, rappresentano solo la materia ordinaria, con la quale siamo soliti confrontarci. Ma tutto il resto, che è la percentuale più vasta, rimane un enigma. “Ecco perché è importante l’azione dell’Eistein Telescope”, conclude Bracato. “Se è vero che il cosmo è composto da particelle ancora sconosciute, la possibilità di poter leggere quel che accade a distanze straordinarie, dove i buchi neri impazzano, potrebbe permetterci di fare luce anche su questa sfuggente realtà”.