martedì 30 giugno 2009

All'orto botanico di Brest sboccia il fiore più grande del mondo

L'exemplaire unique en France de l'Arum titan, la plus grande fleur du monde qui peut atteindre 2,70 mètres de haut mais est menacée de disparition, a éclos dimanche dans les serres du Conservatoire botanique de Brest. Amorphophallus Titanum est le nom scientifique de cette plante à tubercule rare découverte à Sumatra en 1898 dans les forêts de basse altitude et qui peut vivre une quarantaine d'années en ne fleurissant.

(Liberation)

"Bariatric Unit", per soccorrere i pazienti oversize

Autoambulanze extralarge per pazienti extralarge. Lo scopo? Andare incontro a tutti colori che pesano dai 200chilogrammi in su e che spesso, proprio a causa della loro eccezionale mole, non possono usufruire adeguatamente dei servizi ospedalieri. In questo momento, per salvaguardare la salute di queste persone, c’è solo la visita a domicilio, che però porta a un notevole dispendio economico. In Usa il fenomeno dell’obesità sta raggiungendo cifre straordinarie – si parla del 25% della popolazione – e c’è dunque chi ha pensato di attrezzare il Paese con mezzi di trasporto di nuova generazione adatti a soccorrere anche gli individui gravemente colpiti dall’obesità. In sei città statunitensi il via alla sperimentazione delle prime Bariatric Unit, autoambulanze dotate di attrezzature speciali, a partire da una rampa in grado di sostenere fino a 700chili di peso. Altra particolarità sono le speciali barelle rinforzate e allungabili adatte a ogni corporatura. Unico neo, il costo. Un’ambulanza costa, infatti, 250mila dollari, circa 200mila euro. Secondo gli scienziati è comunque questo un primo passo significativo verso coloro che soffrono di obesità. Ma c’è ancora molto da fare. L’obeso vive in uno stato di perenne isolamento dovuto all’impossibilità di compiere le più semplici azioni quotidiane, a causa della presenza indiscriminata di barriere architettoniche, funzionali e lavorative. Per queste persone può diventare un problema insormontabile anche salire le scale, passare da una porta, andare al cinema, pesarsi (visto che le pese sono tarate al massimo fino a 140chili).

La top ten dei mondi abitabili

Stilata la top ten dei mondi potenzialmente abitabili. Si trovano tra 4,5 e 26anni luce di distanza dalla Terra. È il risultato emerso nel corso del recente congresso dell’Associazione americana per l’avanzamento delle scienze (AAAS) svoltosi negli Stati Uniti, a St Louis. La ricerca consentirà a 350 nuovi telescopi, che saranno presto operativi presso l’osservatorio californiano ATA (Allan Telescope Array), di puntare fin da subito gli occhi nella giusta direzione, senza spreco di tempo e denaro. Quasi 20mila sistemi solari sono stati esaminati dall’astronoma Margaret Turnbull, della Carnegie Institution di Washington, prima di arrivare a elencare i dieci punti dell’universo dove si presume, più che altrove, possa nascondersi la vita. Margaret Turnbull ha in particolare concentrato le sue ricerche su stelle somiglianti il più possibile al nostro sole. Parametri come età, dimensioni e composizione chimica indicano che la vita potrebbe essere presente per esempio su pianeti che orbitano intorno a beta CVn. Distante da noi circa 26anni luce (circa 246mila miliardi di chilometri) l’astro brilla nella costellazione dei Cani da caccia (Canes Venatici). Tra le altre sono state segnalate HD 10307 che dista dalla Terra 42anni luce e presenta un contenuto di metalli analogo a quello del sole; 18 Scorpii, nella costellazione dello Scorpione, che è di poco più giovane del sole (circa 300milioni di anni in meno); 51 Pegasus, divenuta famosa poiché attorno ad essa è stato scoperto il primo pianeta extrasolare; Epsilon Indi A che si trova nella costellazione dell’Indiano (Indus) ed è contraddistinta da una luminosità riconducibile a quella del sole. “Le stelle - ha commentato Margaret Turnbull - non sono tutte uguali e non tutte somigliano al nostro sole”. Per raggiungere questo risultato è stato necessario identificare oggetti brillanti di luce propria di almeno 3miliardi di anni, il tempo minimo indispensabile perché intorno a una stella possano formarsi pianeti e svilupparsi specie viventi. Concludono gli studiosi dicendo che “pensare di essere soli nell’universo rappresenta di certo un errore di presunzione della specie umana, non sostenuto neanche dal calcolo delle probabilità che invece incoraggia chi da sempre guarda al cielo in cerca di prove della vita”.

(Per ulteriori info: http://www.seti.org/Page.aspx?pid=1241)

lunedì 29 giugno 2009

La farmacologia al servizio della relatività

Quando ci si diverte il tempo se ne va in un battibaleno, quando ci si annoia non passa mai. Adesso sappiamo anche il perché: il nostro cervello percepisce il trascorrere delle ore in modo diverso a seconda delle situazioni. Lo diceva anche Einstein quando cercava di spiegare la relatività: “Quando un uomo siede un'ora in compagnia di una bella ragazza, sembra sia passato un minuto. Ma fatelo sedere su una stufa per un minuto e gli sembreràpiù lungo di qualsiasi ora". A questo punto la domanda che qualcuno potrebbe giustamente porsi è la seguente: non sarebbe bello provare la sensazione che il tempo trascorri più lentamente quando ci si sta divertendo, e più in fretta quando si sta invece vivendo una situazione poco interessante? Ebbene è proprio su questo argomento che stanno lavorando degli scienziati della Carolina del nord. Tramite l’esperimento Armageddon hanno innanzitutto verificato che quando si è concentrati su qualcosa il tempo scorre più veloce. Sono stati selezionati due gruppi di persone: agli individui del primo gruppo è stato chiesto di assistere a nove minuti di proiezione del film Armageddon; a quelli del secondo di rimanere senza far nulla in una sala d’attesa del cinema. In seguito i rappresentati di entrambi i gruppi sono stati invitati a stimare il tempo trascorso. Risultato: quelli del primo gruppo dicevano che il tempo era trascorso molto velocemente, il secondo molto lentamente. Infine gli esperti si sono resi conto che la percezione del tempo potrebbe essere teoricamente “manipolata” dall’esterno. Come? Con potenziali farmaci in grado di agire su una sostanza del cervello chiamata dopamina che, in vari test condotti sugli schizofrenici, ha già dimostrato il suo legame con la capacità del cervello di stimare correttamente il trascorrere delle ore. Il Dalai Lama, intanto, a un recente congresso di neuroscienziati a Washington, ha illustrato un metodo assolutamente “naturale” per fermare le lancette dell’orologio: la meditazione. “Con la meditazione, in effetti, è possibile modificare fisiologicamente l’attività cerebrale – hanno ammesso gli studiosi presenti all'incontro - così come l’esercizio fisico aumenta il volume muscolare nel resto del corpo”. Mentre lo psicologo Robert Levin ha semplicemente detto che “finché la medicina non permetterà all’uomo di ‘vivere per sempre’, accontentiamoci di imparare a dilatare i momenti più belli della nostra esistenza”.

(Per info: http://www.psych.csufresno.edu/levine/)

Gli yogurt su e il manzo giù. A ogni cibo il posto giusto nel frigo

Dove si devono mettere le uova nel frigo? E la frutta? Le regole ci sono. Va tenuto presente che la temperatura non è la stessa in ogni parte dell’elettrodomestico. Nella portiera si aggira intorno ai 12 gradi, nel ripiano più alto è di 8, in quelli centrali è tra i 4 e i 5 gradi fino ai 2-3 gradi del ripiano sopra i cassetti (al cui interno è di 10 gradi). Dopo la spesa, a ogni alimento il suo posto.

Carne

Va posta nel ripiano più basso, sopra i cassetti, conservata nella sua confezione originale se ermetica, oppure in contenitori di vetro con il coperchio o in un piatto, avvolta in carta argentata o pellicola trasparente. Particolare attenzione va riservata alla carne di pollo, che può contenere la salmonella. È importante isolare la carne cruda dagli alimenti cotti, dai formaggi e dai latticini. Le carni crude andrebbero consumate entro 4 giorni, quelle cotte entro 8 giorni.

Pesce

Anche il pesce va conservato nel primo ripiano in basso del frigo, in contenitori chiusi o comunque avvolti in fogli di alluminio. Meglio lavarlo prima di conservarlo. L’ideale è consumarlo entro un paio di giorni. Tonno, sardine e altri pesci in scatola vanno conservati in frigo, coperti da alluminio, una volta aperta la confezione, e consumati in un paio di giorni.

Uova

Vanno lasciate nella confezione originale o sistemate nell’apposito portauova, nella portiera, per evitare il contatto con altri alimenti: il guscio, infatti, è poroso e permeabile ai microrganismi. Le uova possono rimanere in frigo anche per un mese (rispettando la data di scadenza sulla confezione).

Formaggi


Si devono sistemare nella zona meno fredda del frigo, quindi sul ripiano più alto, avvolti in carta oleata o fogli di alluminio, e inseriti in un contenitore chiuso ermeticamente. Per evitare che ammuffiscano, si può mettere nel contenitore qualche zolletta di zucchero o una manciata di riso (che assorbono le muffe). I formaggi freschi vanno consumanti in 2 o 3 giorni, quelli stagionati possono anche un mese.

Latte e burro

Yogurt, latte e burro possono essere posizionati nella portiera o sul ripiano più alto. Il latte fresco, il burro e gli yogurt devono essere consumati entro la data di scadenza; il latte a lunga conservazione, una volta aperto, in due o tre giorni.

Sughi e salse

Vanno posizionati nella parte centrale del frigo, in contenitori coperti e vanno consumati entro due o tre giorni. Ricordarsi sempre di scaldarli bene prima di mangiarli in modo da uccidere eventuali germi.

Salumi

Vanno posti nel ripiano centrale de frigo, all’interno delle loro confezioni originali di plastica o avvolti nella carta oleata e argentata, quindi racchiusi in contenitori a chiusura ermetica. Senza protezione possono facilmente essere attaccati dai batteri. I salumi in busta vanno consumati entro la data di scadenza riportata sulla confezione, mentre quelli affettati dal salumiere si conservano per 3-4 giorni.

Frutta

Si conserva nei cassetti nella parte bassa del frigo. Attenzione a non tenerla troppo tempo: in genere, dopo una decina di giorni può essere attaccata da muffe che, oltre a rendere la frutta immangiabile, possono diffondersi deteriorando altri prodotti. Quella non ancora matura si può lasciare fuori dal frigo, tranne d’estate.

Verdure

Va riposta nei cassetti in basso, separata dalla frutta. L’ideale è proteggerla con sacchetti che vanno bucherellati per consentire la circolazione dell’aria, senza la quale si forma acqua che potrebbe farla marcire. In genere va consumata entro otto giorni.

(Per ulteriori info: http://www.virologia.unimi.it/)

(Pubblicato sul numero 7 di OkSalute)

11 gatti, 4 ghepardi, 5 leoni, 2 tigri: i coinquilini di Riana

Sharing a bed with your furry friend has taken on a whole new meaning for Riana Van Nieuwenhuizen. The sanctuary worker shares her South African home with not one but FOUR orphaned cheetahs, five lions and two tigers. Forty-six-year-old Riana said: 'I love them all. But they're a handful.' Riana bought her first cheetah, Fiela in 2006, after realising the big cats were in trouble and heading for extinction with only 1000 left in Africa. She left her full time job working for the department of justice - a position she had held for 22 years - and found temporary employment on a game ranch where she could raise her beloved big cat. But Riana's real dream was fully realised after she set up the not-for-profit Fiela Funds Cheetah Breeding Project in South Africa to ensure the long-term survival of the cheetah and their ecosystem.

(Dalily Mail)

Ex anoressiche rischiano meno di ammalarsi di tumore al seno

Chi ha sofferto di anoressia corre meno rischi di ammalarsi di tumore al seno. È la scoperta compiuta dai ricercatori dell’Harvard Medical School. Gli studiosi sostengono che la riduzione dell’introito calorico tipico della malattia, ha ripercussioni positive sullo sviluppo delle cellule del tessuto mammario e inoltre agisce efficacemente sull’azione degli ormoni estrogeni, spesso alla base del tumore. Krin Michels, a capo dello studio, interviene sulle pagine del Journal of the American Medical Association dicendo che nelle ex anoressiche, rispetto alle persone che non hanno mai avuto problemi di questo tipo, il rischio di ammalarsi di neoplasie alla mammella è in media inferiore del 53%. Nelle donne che hanno avuto figli la percentuale sale al 76%. Per giungere a simili risultati (che comunque non intendono in nessun modo ridimensionare la gravità della patologia alimentare) sono state prese in considerazione 7.300 donne svedesi, ricoverate per anoressia prima dei 40 anni.

domenica 28 giugno 2009

L'ANIMA DELLE AUTO

Anche le macchine hanno un’anima. Questa la conclusione di uno studio condotto da Sonja Windhager dell’Università di Vienna e Dennis Slice dell’Università della Florida. I due ricercatori hanno chiesto a 40 persone (20 uomini e 20 donne) di commentare le caratteristiche di 38 modelli di auto, considerando numerosi aspetti fra cui le linee della carrozzeria, la forma dei fari e della mascherina anteriore, il rumore del motore. Alla fine è stato possibile stilare una speciale classifica che mette in evidenza le macchine più simpatiche e socievoli, e quelle più aggressive e potenti. L’automobile in assoluto più potente (e quindi aggressiva) è la Mercedes E. A seguire ci sono la Maybach e la Nissan Micra. Le meno potenti sono la Citroen C4 e la Suzuki Swift. Per ciò che riguarda invece le automobili con la personalità più simpatica e/o socievole, ai primi tre posti ci sono la Bmw 5, l’Alfa 147 e la Chrysler Crossfire; agli ultimi posti la Opel Vectra, la Toyota Yaris, e la Suzuki Swift (che quindi risulta la meno interessante fra i 38 modelli esaminati, essendo la meno potente e contemporaneamente la meno simpatica). Ma in che modo l’uomo riesce a stabilire il carattere di una macchina, ammasso di plastica, metallo e acciaio? Lo fa attraverso un aspetto della psicologia umana chiamato pareidolia. È un fenomeno evolutivo tale per cui l’uomo tende a dare “un volto” (e quindi un’anima, una personalità) a ogni cosa che lo circonda. È lo stesso principio per il quale siamo soliti dare forme di facce o animali alle nuvole, o a particolari linee dei muri. Rientrano, quindi, nei casi di pareidolia anche quelle situazioni in cui qualcuno dice di vedere scolpito su un mobile o su un muro l’immagine di Cristo o di Padre Pio, così come quelle che, relativamente alle foto provenienti da Marte, ci portano a scambiare semplici rocce per persone che camminano o teschi. La pareidolia è dunque insita nell’uomo e gli consente di individuare situazioni di pericolo anche in presenza di pochi indizi: serviva soprattutto ai nostri antenati per riuscire a scorgere un predatore mimetizzato. Gli studiosi intendono ora approfondire meglio l’argomento per capire cosa succede nel cervello, da un punto di vista fisiologico, quando attribuiamo un carattere a un’automobile. «I questionari svolti finora ci offrono solo un dato parziale di questo particolare aspetto della psicologia umana» dice Windhager. «Ora vogliamo osservare il cervello umano in azione tramite strumenti hitech, per capire cosa succede a livello subcosciente». Scopo degli studiosi sarà anche quello di effettuare questo tipo di esperimenti in altri Paesi così da verificare in che modo diverse società attribuiscono a oggetti inanimati un carattere, una personalità, un’anima. È la prima volta che gli scienziati svolgono un lavoro di questo tipo. Precedentemente ci si era limitati ad osservare che - quasi sempre - a un certo tipo di macchina corrisponde un determinato tipo di persona. Per esempio si è visto che le automobili con le linee più sinuose come il Maggiolone sono tipiche di individui sognatori ed estroversi, mentre quelle con le linee più austere come alcuni modelli Station Vagon rappresentano persone seriose e autoritarie.

(Pubblicato su Libero il 28 giugno 09)

sabato 27 giugno 2009

Chi ha qualche chilo di troppo vive un anno in più di chi è magro

Scienziati giapponesi hanno scoperto che le persone che vivono di più non sono quelle magre o normopeso, ma quelle leggermente sovrappeso. Il dato si scontra, in parte, con quello che si è sempre detto sui chili di troppo, ossia che fanno male alla salute e abbreviano l’esistenza incondizionatamente. In realtà ciò sarebbe vero solo per chi è obeso o gravemente obeso; in tutti gli altri casi è una garanzia di longevità. Secondo il ministero della sanità giapponese i magri e i normopoeso vivono meno dei cicciotelli, perché fumano di più e perché, essendo più gracili, sono più facilmente vittime di infezioni. Dalla ricerca è emerso che le persone con l’indice di massa corporea tra 25 e 30 (sovrappeso) campano circa un anno in più rispetto agli individui magri con indice di massa corporea compreso tra 18,5 e 25.

(Pubblicato su Libero il 27 giugno 09)

In ginocchio, la miglior posizione per partorire

Ricercatori della University of Malardalen di Vasteras (Svezia) dicono che la migliore posizione per partorire è quella in ginocchio. L’esperimento ha coinvolto 271 gestanti. Ad esse è stato chiesto di scegliere una posizione per il parto: supina, seduta o in ginocchio. Dopo il parto hanno compilato dei questionari. Risultato: è emerso che le donne che avevano partorito in ginocchio erano quelle che avevano accusato meno dolore. (Mentre la maggiore sensazione di dolore era stata percepita da chi partoriva seduta). Peraltro, fra questo gruppo di partorienti, la percentuale di incisioni del perineo (episiotomia per facilitare l’espulsione del feto) è stata minore della norma. Secondo gli scienziati il parto in ginocchio diminuisce la pressione sulla zona lombare che si sviluppa durante le contrazioni e provoca dolori. Inoltre la posizione inginocchiata offre una maggiore flessibilità e libertà di movimenti. Infine partorire in questa posizione non comporta effetti collaterali di nessun tipo sulla salute del nascituro. In quasi tutti gli ospedali, però, si partorisce ancora sul classico lettino ginecologico, in posizione supina. E solo in rari casi si lascia libere le future mamme di assumere la posizione che desiderano durante il travaglio. Lo studio è stato divulgato sulle pagine dell’International Journal of Obstetrics and Gynecology.

La tecnologia? Fa perdere tempo e soldi

Tecnologia sì, ma fino a un certo punto. Stando infatti alle dichiarazioni di esperti della società texana Day–Timers, oggi, paradossalmente, la tecnologia anziché velocizzare il lavoro, lo rallenta. Secondo gli esperti, nel 1994, i lavoratori portavano a termine in media tre quarti del lavoro quotidiano, mentre oggi si arriva al massimo a due terzi. Il 60% dei lavoratori dice di sentirsi sempre in affanno e di aver paura di non fare in tempo a chiudere con il lavoro della giornata. La ricerca mostra che nel 1994 si riteneva produttivo l’83% delle persone. Oggi solo il 51%. “Siamo abituati a pensare alla tecnologia come a un sistema che ci permette di lavorare sempre di più e meglio – spiega Maria Woytek, manager della Day–Timers -. Ma paradossalmente, tenuto conto di ogni aspetto legato alla giornata lavorativa, la produttività risulta minore rispetto a quella di un tempo”. I motivi di questo fenomeno? Secondo gli esperti l’uomo moderno è sempre più soggetto al cosiddetto “multitasking”, ossia la volontà di cimentarsi contemporaneamente in più compiti diversi. Un atteggiamento che, alla lunga, anziché incrementare la produzione, la riduce. Oggi siamo circondati da pc sempre più veloci, internet, cellulari, posta elettronica. Gli studiosi della Day–Timers stimano che in media riceviamo ogni giorno 46 email. Un fatto impensabile dieci anni fa. Ma non è l’unico. Pensiamo al tempo trascorso a navigare in Rete; a rispondere a un messaggino sul telefonino; a una chiamata al telefono fisso. Non ci rendiamo conto, ma per assecondare tutti questi input tecnologici, alla fine sprechiamo tantissimo tempo, a discapito del lavoro. Dice John Challenger, a capo dello studio: “Non siamo mai concentrati su un solo lavoro, ma su più azioni contemporaneamente. Così diventa davvero difficile concludere qualcosa come si deve”. Edward Hallowell, psichiatra dell’Harvard Medical School, dice che a causa della troppa tecnologia non solo si produce meno, ma ci si stanca anche di più. Lo studioso ha identificato il cosiddetto deficit di attenzione caratteristico (ADT) che, a suo avviso, sta raggiungendo una vasta diffusione nelle aziende. Si tratta di una condizione indotta dalla vita moderna, in cui si è così impegnati a gestire input e output da diventare sempre più distratti, irritabili, impulsivi, stanchi e, nel lungo termine, improduttivi.

venerdì 26 giugno 2009

In attesa di trapianto, 43enne inglese vive con tre tazze di té al giorno

Trudy Sharp, 43 (in the picture), has digestion problems and the only thing that passes her lips is three cups of tea a day. Mrs Sharp, a housewife, survives on a liquid food being fed directly into her system at meal times. “It’s not easy watching everyone else eat, while I have to get by on tea. I’d love to sit down to a really romantic three-course meal with all the trimmings and lots of wine. “But over the years I’ve learnt to make do with a simple cuppa. No one knows tea better than I do!”. Mrs Sharp, who lives in Milton Keynes, Bucks, with her husband Barry, 44, first developed intestinal difficulties when her appendix burst as a teenager. The problems persisted for most of her adult life, and reached a critical point in 2006 when doctors said she needed a colectomy - the removal of her large and small bowel. Since the diagnosis, she has been forced to eat liquid meals fed via a tube inserted into her neck. It means she is forced to carry her daily rations with her in a four-litre rucksack wherever she goes. Mrs Sharp is also limited to drinking three cups of tea per day. A fourth cup may overload and damage her system. She is now at the top of a transplant waiting list at Churchill Hospital in Oxford. The hospital is one of only two in the country to carry out multi-organ transplants and is appealing for more people to sign up to become donors. But Mrs Sharp, a former assembly worker, remains confident about the future. "Every day I count my blessings that I am still here. But to be honest, a life without eating food is not much of a life. I dream that one day soon a donor will be found and I will be able to lead a normal life at last”.

(Telegraph)

UN'ESTATE DA PAURA

A quanto pare ne soffrirebbe anche Madonna. Non appena sente il fragore di un tuono, la popstar va infatti in tachicardia e non può fare a meno di chiamare qualcuno per farle compagnia. Parliamo di una fobia specifica che, col sopraggiungere della bella stagione, colpisce un numero sempre crescente di persone: è la brontofobia (dal greco bronte, tuono), ossia la paura cronica dei temporali e specialmente dei tuoni. Secondo un servizio pubblicato sull’ultimo numero di OkSalute (http://ok.leiweb.it/), questo tipo di fobia è nato agli albori della civiltà umana, quando si adoravano divinità come Zeus, il potente padre di tutti gli dei: gli antichi credevano che i tuoni servissero agli dei per comunicare all’uomo che qualcosa non andava secondo le loro aspettative e che quindi bisognava agire per porvi rimedio. La brontofobia è, dunque, una tipica fobia estiva, così come lo sono la paura dei fulmini, degli insetti, dell’acqua alta al mare e delle altezze in montagna; timori che di solito si instaurano nell’infanzia, ma che a volte – a causa magari di un forte stress – possono insorgere improvvisamente anche a 50 anni. Nel primo caso si parla di astrapofobia (dal greco astrape, fulmine). La persona colpita va in crisi non appena il cielo viene illuminato da una saetta. In realtà il timore è immotivato, poiché le probabilità di essere colpiti da un fulmine sono bassissime. Per i nostri antenati, invece, era giustificato dal fatto che, questi eventi atmosferici, rappresentavano secondo le loro tradizioni religiose, la punizione divina destinata a coloro che non facevano giudizio. La paura degli insetti si chiama entomofobia e d’estate diviene più frequente perché gli esapodi – a differenza dei mesi invernali - sono particolarmente attivi. Le persone che ne sono colpite vanno quindi in tilt non appena vedono trotterellare a distanza ravvicinata un qualunque animaletto con zampette e antennine. È parente prossima della aracnofobia, vale a dire la paura dei ragni. Ci sono poi – tipiche dell’estate – l’idrofobia e l’acrofobia. La prima riguarda individui terrorizzati dai liquidi, e dall’acqua in particolare. Sono le classiche persone che pur sapendo nuotare preferiscono evitare i punti ‘dove non si tocca’. In realtà i veri idrofobici non sanno nemmeno nuotare e rifuggono ogni contatto con l’acqua. In montagna c’è invece il problema di trovarsi su pendii rocciosi particolarmente scoscesi o in cima a rupi: in questi casi l’angoscia scaturisce dal senso di vuoto percepito osservando ciò che ci circonda. “Quelle elencate sono tutte fobie specifiche che in estate, in effetti, colpiscono di più – dice a Libero Laura Bellodi, professore ordinario di psichiatria presso l’Università Vita-Salute del San Raffaele di Milano -. Fra i tipici sintomi somatici ci sono tachicardia, senso di soffocamento, sudorazione. Da un punto di vista psichico ci possono invece essere paura di perdere il controllo, impazzire, non riuscire a superare la crisi”. Oggigiorno a soffrire di queste particolari fobie sono le persone che non hanno risolto la cosiddetta ‘ansia da separazione’, fase critica dell’esistenza legata al passaggio dalla famiglia alla scuola materna o elementare. Altri individui a rischio sono quelli che devono sempre controllare ogni cosa per poter sentirsi tranquilli e rilassati ed esigono il massimo (spesso oltre le proprie capacità) da se stessi. Oggi però per risolvere questo tipo di problemi ci sono molte soluzioni, a seconda della gravità dei sintomi. Nei casi più leggeri si può intervenire con semplici stratagemmi: per esempio nel caso di un temporale si può ascoltare una canzone che ha il potere di distrarre il brontofobico. Nei casi più gravi invece è indispensabile ricorrere alla farmacologia: “Ricordo un signore che avevo in cura e non riusciva quasi più a vivere per il terrore che potesse scatenarsi un temporale da un momento all’altro – racconta Bellodi -. In casi come questi in cui la qualità della vita è fortemente compromessa si interviene con farmaci che agiscono sulla serotonina, e contemporaneamente con la terapia cognitivo comportamentale”.

(Pubblicato su Libero il 26 giugno 09)

Il Mar Morto si sta prosciugando

Il Mar Morto si sta prosciugando. È l’allarme lanciato dal ministero dell’ambiente israeliano. Il fiume Giordano, unico immissario dello specchio marino medio orientale, non è più in grado da solo di mantenere sufficientemente alto il livello delle sue acque. Il problema sono i continui periodi di siccità e l’utilizzo eccessivo delle acque del fiume. Rispetto a vent’anni fa la linea di costa è arretrata di almeno 600 metri. Secondo gli esperti bisognerebbe intervenire con sofisticate opere di ingegneria idraulica, come la costruzione di un canale che porti acqua dal Golfo di Aqaba. Ma al momento, viste le precarie condizioni socioeconomiche medio–orientali, niente di ciò è realizzabile. Il Mar Morto è noto per la sua salinità e per la mancanza di vita al suo interno. Si trova a 395 metri sotto il livello del mare.

giovedì 25 giugno 2009

Manager, piloti, avvocati. Tutti in fila dal chirurgo plastico per continuare a far carriera

Uomini e donne sempre più spesso si sottopongono a lifting per motivi di lavoro. Accade in Usa, secondo un recente articolo divulgato sulle pagine del New York Times. La percentuale di uomini è del 22%; quella delle donne del 15%. Sono soprattutto i manager, gli avvocati, i piloti d’aereo, e gli agenti immobiliari a sottoporsi a trattamenti di chirurgia estetica. Il motivo? Le pressioni lavorative e l’alta competitività. Secondo Alan Matarasso, medico newyorkese “c’è chi già a 50 anni si sente vecchio e tagliato fuori” e non ha dunque altra alternativa se non quella di “tornare più giovane” per rimettersi in gioco e continuare a far carriera. L’Accademia americana di plastica facciale dice che dal 2003 al 2004 il numero di lifting alla fronte, trattamenti al botulino e resurfacing al laser sugli uomini sono più che raddoppiati. Il risultato è spesso molto soddisfacente. Quasi sempre, infatti, chi si sottopone a lifting ha poi maggiori chance di successo in ambito lavorativo: viene accettato di più e guadagna meglio. Tuttavia conviene non esagerare. Tirare troppo la pelle, oltre una certa soglia di “credibilità”, potrebbe infatti avere l’effetto opposto. E anziché migliorare le condizioni professionali, potrebbe peggiorarle. Secondo gli esperti l’ideale è dunque sottoporsi al cosiddetto light–lifting, microtecnica che si concentra soprattutto sulle piccole imperfezioni del viso. La tecnica di light-lifting si realizza in anestesia locale e viene programmata su misura per restituire al viso la giusta armonia. “Si tratta di una tecnica combinata - dice Carlo Alberto Pallaoro, specialista in chirurgia plastica a Padova - valutata dopo un attento studio del volto e dello stato della pelle. Per un ottimale risultato estetico è importante considerare i singoli parametri facciali, mettendoli in giusto rapporto tra loro, così da dare al contesto viso un’armoniosa continuità. La tecnica può essere applicata anche per rendere più sensuale la zona occhi, punto che normalmente attrae e su cui maggiormente si focalizza l’attenzione di chi ci osserva”.

(Per ulteriori info: http://www.alanmatarassomd.com/dr_matarasso.htm)

Mal di schiena: a Keanu Reever è passato con la tecnica Alexander

Keanu Reeves, l’attore di Matrix, aveva mal di schiena. Come se l’è fatto passare? Lui giura: “Il merito è tutto della tecnica Alexander”. In effetti, i risultati di uno studio recente gli danno ragione: questo tipo di sedute rieducative, unito a 30 minuti di cammino veloce cinque volte la settimana, si è dimostrato in grado di tenere a bada la lombalgia per un anno almeno. Si tratta di un’indagine ampia, condotta su 579 pazienti nelle università di Southampton e Bristol e pubblicata dal British Medical Journal online. La tecnica prende il nome dal suo inventore, l’australiano Frederick Matthias Alexander, che la mise a punto negli anni 30. È un metodo per rieducare la postura e il risultato è una riduzione delle tensioni sui muscoli della schiena, collo e testa, che sono spesso all’origine dei dolori. Una lezione dura sui 45 minuti e costa circa da 40 a 60 euro. All’inizio l’allievo viene fatto accomodare su una sedia, dopodichè l’insegnante lo invita ad alzarsi e sedersi ripetutamente, analizzando con delicati tocchi delle mani i rapporti muscolari tra testa e collo, tra collo e tronco e tra tronco e gambe. In seguito l’allievo si concentra sui punti del corpo più contratti, in modo da rilassarli seguendo le indicazioni dell’insegnante. Questo esercizio dura circa 10 minuti ed è ripreso in seguito con altre modalità. Nella fase seguente l’allievo viene fatto sdraiare su un lettino e, di nuovo, l’insegnante valuta con attenzione le sue caratteristiche neuromuscolari, dedicando 20 minuti di lavoro manuale allo scioglimento delle tensioni. Quante lezioni bisogna frequentare? I benefici si avvertono fin da subito, ma in genere ne occorrono almeno sei per arginare problemi come la lombalgia cronica, la cervicalgia, la cefalea miotensiva, e vari disturbi a carico delle spalle e delle braccia. L’elenco degli insegnanti della tecnica Alexander in Italia si trova sul sito internet www.collolibero.it.

Lezioni di postura

La tecnica Alexander è sconsigliata nella fase acuta del mal di schiena. “Quando i dolori sono violenti occorrono due o tre giorni di riposo - spiega Gianluca Melegati, responsabile del centro di riabilitazione sportiva dell'Istituto ortopedico Galeazzi di Milano -. Poi una visita ortopedica o fisiatrica ed esami come radiografia, Tac e risonanza magnetica, che chiariscono le cause. Se lombalgia, cervicalgia o dorsalgia sono dovute a contratture muscolari e a postura scorretta, ecco che le lezioni di tecnica Alexander non hanno controindicazioni. Non è invece indicata per chi soffre di patologie discali conclamate (come l'ernia del disco) o di sciatalgia. In tutti i casi è sempre opportuno chiedere un parere al proprio medico”.


(Pubblicato sul numero 7 di OkSalute, http://ok.leiweb.it/)

mercoledì 24 giugno 2009

Nascono in Etiopia gli uragani più potenti

Alla base delle tempeste che scoppiano sull’oceano Atlantico e si scatenano poi, sottoforma di uragani, sugli Stati Uniti d’America, provocando danni gravissimi e vittime, ci sarebbero dei forti temporali che si sviluppano fra le regioni montuose dell’Etiopia. È il parere di un team di ricercatori di Tel Aviv. Gli scienziati sono giunti a queste conclusioni studiando gli uragani che hanno colpito gli Usa fra il 2005 e il 2006. Nel 2005 si sono verificate 28 tempeste, compresa quella più devastante dell’uragano Katrina, nel 2006 ne sono scoppiate 10, il 23% in meno. In seguito si è scoperto che l’estate del 2006 in Etiopia è stata molto meno turbolenta rispetto a quella del 2005 e in generale di quelle dei primi anni del Duemila. Secondo gli esperti di Tel Aviv è la dimostrazione che tra i due fenomeni atmosferici c’è un legame. Ma in che modo i temporali che si scatenano in Africa faciliterebbero l’insorgenza degli uragani che si abbattono in America? Per spiegare il fenomeno gli studiosi hanno compiuto degli esperimenti in laboratorio, concernenti le forze che si sprigionano quando un masso precipita in un corso d’acqua: tenendo conto che i parametri fisici di un gas possono talvolta essere assimilati a quelli di un fluido. “Il masso che cade su un corso d’acqua produce una serie di ondulazioni e turbolenze – rivela Colin Price dell’università di Tel Aviv sulle pagine di Geophysical Research Letters -. In modo analogo i temporali che scoppiano in Etiopia esercitano sull’atmosfera delle pressioni tali da innescare gli uragani”. Secondo Price queste turbolenze creano delle grosse aree di bassa pressione (AEW) nei cieli africani dell’Est, che in alcuni casi possono dare il via a processi atmosferici anomali sull’Atlantico. Il fenomeno può essere più o meno facilitato da altre condizioni climatiche come la temperatura superficiale delle acque dell’oceano, la presenza nell’aria di sabbia e la direzione dei venti. Un grosso peso hanno infine anche fulmini: si è infatti visto che i periodi con una maggiore incidenza di lampi e saette, sono quelli in cui si hanno più AEW. Se questa teoria dovesse essere confermata gli studiosi avrebbero modo di predire con largo anticipo il momento in cui si scatenerà il prossimo uragano sulle coste americane, così da consentire alla popolazione di correre prima ai ripari.

(Per approfondire l’argomento: http://www.tau.ac.il/~colin/)

I segreti? Meglio sussurrarli all'orecchio destro


Research shows that people prefer to be addressed in their right ear as they will find it easier to process the information and are therefore more likely to perform a task. Known as the "right ear advantage", scientists believe it is because information received through the right ear is processed by the left hand side of the brain which is more logical and better at deciphering verbal information than the right side of the brain. The researchers looked at how people listen in natural situations and seeing how they respond. The team led by Dr Luca Tommasi and Daniele Marzoli from the University of Chieti in central Italy, observed behaviour of hundreds of people in three nightclubs across the city. They intentionally addressed 176 people in either their right or their left ear when asking for a cigarette. They obtained significantly more cigarettes when they made their request in a person's right ear compared with their left. The authors' results confirm a "right ear advantage" for verbal communication and the increased willingness to carry out a request when it is asked into the right ear. Their findings were just published online in Springer's journal Naturwissenschaften.

(Telegraph)

I battiti del cuore accelerano e rallentano col ritmo musicale

La musica è in grado di curare disturbi di tipo cardiovascolare come infarto e ictus, provocando rallentamenti e accelerazioni del battito cardiaco. È la conclusione di un team di ricerca dell’Università di Pavia, il cui studio è stato pubblicato sulle pagine del Journal of the American Heart Association. Gli esperti hanno visto che il ritmo musicale è in grado di accelerare o rallentare il flusso sanguigno. Il test condotto su 24 volontari sani trattati con elettrocardiogramma mentre ascoltavano le musiche di Verdi o Puccini (nella foto) ha mostrato che durante i ‘crescendo’ dei brani musicali si ha un’accelerazione del battito cardiaco, durante i ‘diminuendo’, un rallentamento. Il tutto è anche accompagnato da variazioni delle pressione arteriosa. “Ritmi rapidi a volume crescente – dicono gli specialisti - causano una leggera eccitazione, mentre quelli che rallentano causano un rilassamento. Togliendo la musica si è invece notato una riduzione della respirazione, pressione sanguinea e battito cardiaco, a volte anche al di sotto dei valori iniziali”. Sulla base di questo risultato gli scienziati ritengono che sia quindi possibile utilizzare la musica per la riabilitazione di pazienti che hanno subito danni cardiaci.

(Pubblicato su Libero il 24 giugno 09)

martedì 23 giugno 2009

Hiroshima e Nagasaki: l'effetto delle radiazioni dopo più di sessant'anni dalle esplosioni atomiche

Sono passati più di sessant’anni dall’esplosione delle bombe atomiche di Hiroshima e Nagasaki eppure è ancora alto il numero di vittime dovuto alle radiazioni. Sono i risultati divulgati da Misa Inazumi della Radiation Effects Research Foundation (RERF) di Hiroshima e Nagasaki. La studiosa ha messo a confronto 4mila persone superstiti delle esplosioni atomiche con 3mila individui nati anni dopo l’evento bellico. Ha così visto che nel primo caso i malati alla tiroide, organo bersaglio delle radiazioni, erano pari al 44,8% e che i malati del secondo gruppo erano rappresentati da una percentuale del 14,6%. Dunque la ricerca mette chiaramente in risalto che le radiazioni atomiche continuano a nuocere alla salute anche molti anni dopo un’esplosione nucleare. Risultati analoghi sono stati ottenuti da studi condotti nell’area di Chernobyl, in seguito al disastro nucleare del 1986. In questo caso gli esperti hanno calcolato che l’incidente di Chernobyl ha rilasciato radiazioni 400 volte superiori a quelle della bomba caduta su Hiroshima, ma da 100 a 1000 volte inferiori a quelle causate dai test di armi nucleari effettuati a metà del Ventesimo secolo. Hanno poi rilevato che l’incidenza del tumore alla tiroide sui bambini bielorussi, ucraini e russi è aumentata sensibilmente. L’AIEA, ente che monitora gli effetti della radiazioni sulle popolazioni colpite da disastri nucleari, ha rilevato “1800 casi documentati di cancro alla tiroide in bambini che all’epoca dello scoppio del reattore avevano un’età compresa tra 0 e 14 anni, dato di molto superiore alla media”, ma non è riuscito a fare previsioni per il futuro. I tumori alla tiroide analizzati sono di tipo esteso e molto aggressivo, ma se diagnosticati presto possono essere efficacemente curati.

Terremoti in Groenlandia a causa dell'effetto serra

Fino a pochi anni fa i terremoti in Groenlandia erano un fenomeno più unico che raro. Oggi, invece, è vero il contrario. Dal 1993 al 2005 si sono infatti verificati più di 130 terremoti. In particolare da quattro anni a questa parte c’è stata un’impennata di eventi sismici del 50%. Il motivo? Lo scioglimento repentino dei ghiacci. Stando, infatti, alle dichiarazioni degli scienziati di Harvard lo scioglimento dei ghiacci groenlandesi è un processo in grado di innescare scosse telluriche fino a oltre il sesto grado della scala Richter. Il sole riscalda la neve che sciogliendosi penetra le masse glaciali. Si formano dei blocchi di ghiaccio che si separano dalla calotta madre. Questi ultimi, prima di trasformarsi in iceberg, compiono cammini di oltre dieci metri nel giro di nemmeno un minuto. E dunque muovendosi a simili velocità rompono gli equilibri geofisici che tengono uniti le rocce sottostanti dando luogo ai terremoti. Soprattutto in estate si verificano gli eventi sismici, con una frequenza cinque volte superiore a quella invernale. Alla base di tutto ciò c’è l’effetto serra: il surriscaldamento globale, infatti, è la prima causa del progressivo scioglimento dei ghiacci, non solo groenlandesi. Lo studio lancia un ulteriore allarme. Avanti di questo passo nel 2100 avremo le stesse temperature di 130mila anni fa, periodo interglaciale in cui i mari erano 6 metri più alti del livello attuale.

I CIBI DEL BUONUMORE

Uno studio divulgato dall’Istituto superiore di Sanità dice che una persona su cinque in Italia ha sofferto almeno una volta nella vita di un disturbo mentale. Colpiscono soprattutto ansia e depressione. Una persona su dieci ha, in particolare, sofferto di depressione maggiore, il 6% di una fobia specifica. Grazie ai farmaci oggi molte patologie di questo tipo possono essere curate e guarite, tuttavia è utile sapere che l’umore può essere migliorato semplicemente attenendosi a un regime alimentare sano (evitando alcol e caffeina). Secondo gli esperti ci sono infatti alimenti che contengono principi attivi specifici, in grado di agire sui neurotrasmettitori cerebrali legati al benessere psichico. “Una dieta salutare è la migliore partenza per rinsaldare l’umore – dice Diane M. Becker, direttrice del Center for Health Promotion presso la Johns Hopkins School of Medicine in Usa. Secondo Becker sono 6 i punti da tenere in considerazione per migliorare la propria salute psichica a tavola. Il primo riguarda l’assunzione di alimenti ricchi di vitamina B12 e acido folico. Ne sono ricchi per esempio il manzo magro, il salmone grigliato, i broccoli. Secondo Edward Reynolds del King’s College di Londra queste sostanze sono capaci di prevenire i disordini del sistema nervoso, i saliscendi dell’umore, e addirittura la demenza. La conferma arriva anche da studi di natura antropologica: si è infatti visto che le popolazioni che consumano abbondantemente cibi ricchi di acido folico e vitamina B12 sono quelle meno depresse. Altro elemento fondamentale per contrastare i cali d’umore è il selenio. 55 microgrammi di selenio al giorno sarebbero l’ideale per uomini e donne. Il selenio si trova nel pane, nella frutta secca, nei fagioli, nei legumi e soprattutto nei cereali. Ricerche condotte dall’Università di Cardiff dimostrano che i cereali riducono il senso di affaticamento, attenuano la depressione, migliorano le capacità cognitive dopo appena una settimana dalla loro costante assunzione. Terzo punto, il pesce: trota, tonno, sardine. Delle loro eccellenti proprietà ne parlano anche gli scienziati dell’Università del Texas i quali aggiungono che “il pesce serve anche a combattere la depressione postpartum”. Grazie alla cospicua presenza di grassi omega 3 proteggono il cuore e migliorano l’attività cerebrale. Fondamentale per una buona attività del cervello è anche la vitamina D. Si trova anche questa nel pesce (sgombro, tonno, salmone), ma anche nel fegato, nel formaggio e soprattutto nei prodotti caseari, latte soprattutto. Una ricerca, condotta dall’Università di Cambridge, ha coinvolto 2mila persone di oltre 65 anni scoprendo che, gli individui con livelli più bassi di vitamina D, hanno maggiori problemi di comprensione. C’è poi il cioccolato. In particolare quello fondente contiene sostanze che qualche scienziato ha giudicato efficaci quasi quanto quelle presenti in certi medicinali: si possono citare la feniletilamina e la difenildantonina. “Il cioccolato è un eccellente ricostituente psicologico – sottolinea Becker. Incrementa la quantità di endorfine, ormoni importanti per la salute mentale. Studiosi olandesi hanno inoltre verificato che gli uomini che mangiano tutti i dì un po’ di cioccolato rischiano meno di ammalarsi di cuore. Infine per mantenere saldo l’umore è sempre importante cibarsi abbondantemente anche di frutta e verdura. Chi mangia più di due porzioni al giorno di frutta e verdura – grazie alla vitamina C ed E - ha infatti l’11% in più di probabilità di godere di buona salute e di conseguenza di stare meglio d’umore.

lunedì 22 giugno 2009

La sbadatezza? Tutta colpa del ferro


La sbadatezza nelle donne? Potrebbe essere un fenomeno legato alla carenza di ferro. Lo rendono noto i ricercatori della Pennsylvania State university, in occasione dell’American Society Nutritional Sciences. Gli studiosi hanno condotto dei test sull’attenzione e sulle capacità mnemoniche in vari soggetti di sesso femminile, scoprendo che le donne con i punteggi più bassi erano quelle con minore presenza di ferro nel sangue. All’esperimento hanno preso parte giovani donne di età compresa tra i 18 e i 35 anni, età dove il fenomeno è più frequente, spesso a causa di una dieta sbagliata. Secondo i ricercatori la carenza di ferro non è da sottovalutare. L’elemento è essenziale infatti per il corretto funzionamento dell’emoglobina (il pigmento rosso del sangue) responsabile del trasporto di ossigeno a tutte le cellule dell’organismo. Peraltro è particolarmente importante nelle donne che – a causa del flusso mestruale - ne perdono in gran quantità. Sull’argomento si sono espressi anche i tecnici dell’Organizzazione Mondiale della Sanità i quali hanno stimato che nel mondo sono 600–700milioni le persone colpite dalla carenza di ferro. Secondo Mike Nelson, nutrizionista del King’s College presso la London University, il fenomeno riguarda l’8% delle donne occidentali, il 10–20% delle adolescenti. “In base a test da noi effettuati – afferma Nelson – risulta che addirittura il Q.I. (quoziente di intelligenza) risente della carenza del prezioso elemento, tant’è che nelle ragazze anemiche si è rivelato inferiore ai livelli reali”.

In 36mila a Stonehenge per festeggiare il solstizio d'estate

Record numbers of people descended on Stonehenge this morning to mark the summer solstice. Despite the sun not making an appearance in an overcast sky, around 36,500 people enjoyed a carnival atmosphere at the ancient stone circle on Salisbury Plain, Wiltshire. An eccentric mix of Morris dancers, pagans dressed in their traditional robes and musicians playing guitars and drums gathered alongside visitors from across the world. The good weather and the fact that the solstice fell over a weekend drew in the crowds from around 7pm last night. Record numbers of people descended on Stonehenge this morning to mark the summer solstice. Cloudy skies meant that the sun was not seen, but the event stayed dry unlike last year. It wasn't all love and happiness: A man is arrested shortly after sunrise as thousands of people gather at Stonehenge. As the sun rose at 4.58am a cheer went up from those gathered at the stone circle. Bleary-eyed revellers wrapped in blankets, ponchos, cloaks and bin liners gathered at Heel Stone, the pillar at the edge of the prehistoric monument, to welcome the sunrise. English Heritage and Wiltshire police had anticipated the biggest turnout yet and had drafted in extra officers to patrol the site and to clamp down on anti-social behaviour and drugs. Restrictions were placed on the amount of alcohol people could bring in, with security checks at the main entrance. But the event was a peaceful one with just 25 arrests overnight for minor public disorder and drug-related offences, a Wiltshire police spokesman said. Sam Edwards, from Wiltshire police, said: 'We are very pleased everything went to plan. The atmosphere has been very good, especially around the stones.

(Daily Mail)

E se nell'emisfero settentrionale si è festeggiato il giorno più lungo, in quello australe è stata invece la giornata più corta. Nella base scientifica antartica Casey Station, ricercatori australiani hanno voluto ricordare il 21 giugno con una cerimonia d'eccezione. Si sono tuffati nelle acque ghiacciate del polo, mentre sulla superficie il termometro segnava meno 18 gradi e venti freddi soffiavano a trenta chilometri orari. Un'avventura da brivido, nel freddo antartico, coordinata da Ghaham Cook, responsabile della base. "Abbiamo scavato un buco nel ghiaccio - racconta ironicamente Cook - e il meno intelligente del gruppo ci si è immerso dentro". Poi lentamente anche altri si sono tuffati nelle acque gelate, e non é mancato anche chi ha voluto provare questa esperienza vestito con il solo costume da bagno. Legati a un corda hanno nuotato a meno tre gradi per qualche secondo e una volta fuori sono corsi a farsi una doccia calda.

domenica 21 giugno 2009

FILM HORROR: ECCO LA FORMULA PERFETTA

Una formula matematica in grado di stabilire se un film horror è valido o meno. L'ha messa a punto Anna Singer, matematica presso il King’s College di Londra, ed è la seguente: (es + u + cs + t) al quadrato + s + (tl + f)/2 + (a + dr + fs)/n + sin x – 1. “Es” sta per escalation musicale, “u” per ignoto, “cs” per scene di inseguimento, “t” per sensazione di intrappolamento e “s” per shock. La suspance, data dai primi 4 parametri, è considerata l’elemento più importante di un film horror: per questo motivo la corrispondente espressione algebrica è stata elevata al quadrato. Altro elemento importante perché un film horror possa davvero far tremare di paura è la sceneggiatura: l’ideale è quindi una storia in grado di mischiare bene la realtà (tl) e la fantasia (f), e che sia riprodotta sullo schermo da pochi protagonisti (a), possibilmente in un luogo isolato (fs) e al buio (dr). Secondo gli esperti il lungometraggio più terrificante mai girato dall’uomo è Psyco, mentre fanno meno paura altri cult movie come l’Esorcista e Il silenzio degli innocenti.

Lotta alle malattie epatiche con le staminali presenti nel fegato

In Europa, l’Italia è al primo posto per numero di casi di patologie croniche del fegato. Gli studiosi stimano intorno a 2milioni le persone con infezione da virus C e in circa 1milione quelle con infezione da virus B. Oltre 1milione di persone sarebbero affette da cirrosi epatica che nel 20-30% dei casi predispone al tumore al fegato. Oggi, però, potremmo avere un’arma in più per sconfiggere le malattie epatiche grazie al lavoro di un team di studiosi belgi. Gli scienziati hanno infatti individuato la presenza di cellule staminali nel fegato, potenzialmente in grado di trasformarsi in epatociti e quindi ripristinare il tessuto epatico danneggiato. A ciò sono giunti dopo aver verificato le guarigioni “straordinarie” di individui colpiti da gravi patologie all’organo digestivo: queste persone conserverebbero nell’organismo una notevole quantità di speciali proteine che svolgono un ruolo protettivo e rigenerante. La presenza di cellule staminali nel fegato – che non derivano quindi dal midollo osseo, area anatomica nota per la produzione di cellule indifferenziate - è stata confermata in uno studio sui roditori. I topi sono stati trattati con “fattori di crescita” (elementi in grado di stimolare la crescita cellulare) e in effetti si è visto che il fegato è capace di “autorigenerarsi” con le cellule staminali. Il passo successivo sarà quello di testare simili “fattori di crescita” anche sull’uomo. “Speriamo di poter presto intervenire sugli epatopatici – ha commentato Tania Roskams, del Laboratorio di Morfologia e Patologia Molecolare dell’università di Lovanio, in Belgio - in modo da trovare un’alternativa al trapianto”. Tuttavia potrebbero esserci dei rischi, legati all’iniezione diretta di cellule staminali nel fegato, che potrebbero sviluppare tumori. Aggiunge infatti Roskams che “i tumori al fegato più difficili da curare, circa un terzo del totale, derivano proprio da queste cellule progenitrici”.

Contro i tumori una nuova terapia a base di erbe

Da Bristol arriva una nuova proposta per curare i tumori. È stata battezzata terapia “Carctol” e si basa sull’applicazione di un farmaco che, partendo dal presupposto che i tessuti malati sono caratterizzati da un’acidità eccessiva che facilita la diffusione delle masse tumorali, è in grado di ripristinare il Ph normale del corpo. Attualmente seguono questa procedura terapeutica circa 250 pazienti, sui quali le tradizionali terapie non hanno avuto effetto. I risultati migliori, stando alle parole di Rosy Daniel, ex direttrice medica del centro per la lotta al cancro di Bristol, riguardano soprattutto persone che presentano forme di tumori addominali, al pancreas, al fegato, allo stomaco e all’esofago: secondo Daniel ci sono addirittura ex pazienti malati di tumore che curati con questa tecnica oltre dieci anni fa stanno ancora bene. Il principio attivo su cui si basa il prodotto medicinale Carctol - da associare a una dieta particolarmente povera di grassi, e ottenuto da otto varietà di erbe provenienti dall’India - favorisce l’espulsione degli acidi dal corpo e migliora immediatamente le condizioni del malato. “La dieta Carctol – spiegano i ricercatori - è composta di otto erbe la cui azione, per molti versi, è ancora avvolta dal mistero. Quando un paziente assume le erbe riesce ad espellere gran parte dell’acidità prodotta dal tumore stesso. Il Ph del corpo ritorna alla normalità favorendo la guarigione”. Per ulteriori info: http://www.carctolhome.com/.

Sempre più donne preferiscono rimanere a casa dal lavoro per curare i figli

Per la prima volta dopo 40 anni il numero di donne lavoratrici in Usa diminuisce. Il picco si è avuto nel 2000 quando il 77% delle donne tra i 25 e i 54 anni era occupato. Sono i dati diffusi da Suzanne M. Bianchi, sociologa presso l’università del Maryland. Secondo la ricercatrice le donne all’inizio della cosiddetta “rivoluzione sessuale” credevano sarebbe stato più semplice conciliare figli e carriera. In seguito si sono rese conto che non è così e che, dunque, dovendo scegliere tra l’una o l’altra opportunità alla fine prevale il desiderio di fare la mamma.“Gran parte delle donne – spiega la studiosa statunitense – fino al 2000 era convinta della possibilità di lavorare a tempo pieno e di dedicarsi contemporaneamente alla famiglia. In verità non è stato così. Nessuna di noi si rendeva conto di quanto sarebbe stato complicato”. In Europa il tasso di occupazione femminile è attualmente del 55,7%. Le nazioni con la migliore condizione occupazionale femminile sono Svezia, Finlandia e Danimarca. Considerando esclusivamente le donne di età compresa tra i 20 e i 49 anni sono occupate il 75,4% delle donne senza bambini mentre lo è il 61,1% di quelle con prole. Tra gli uomini i papà occupati sono il 91,2%, contro l’85,6% di chi non ha figli. Secondo un rapporto Isfol (Istituto per la Formazione dei Lavoratori) il parttime sta prendendo sempre più piede. Tra le possibilità di lavoro più utilizzate ci sono quindi il parttime (19%) e il contratto di apprendistato (14%). Seguono il lavoro occasionale e accessorio (9%) e il lavoro a progetto (7%). Per quanto riguarda l’Italia le aziende del nord utilizzano più delle altre il lavoro a progetto e il lavoro occasionale, mentre il contratto di apprendistato è maggiormente apprezzato dalle imprese del centro. Nel Belpaese ad aumentare sono soprattutto le donne manager. Secondo il “Quarto Rapporto sui trattamenti economici e processi di sviluppo dei dirigenti del settore industriale” - realizzato da Federmanager, l’organizzazione che rappresenta i dirigenti del comparto industriale - si è passati dal 4,8% del 2002 al 5,4% di oggi.

sabato 20 giugno 2009

Discalculia: individuata l'area cerebrale legata al deficit cognitivo

Individuata l’area del cervello che non va d’accordo con la matematica. È il risultato di una ricerca condotta in Francia da Nicolas Molko dell’INSERM, l’Istituto di Salute e Ricerca Medica. Gli esperti hanno scoperto che chi soffre di discalculia e ha quindi difficoltà a compiere anche semplicissime operazioni di calcolo come un’addizione o una sottrazione, presenta un solco intraparietale destro meno sviluppato del normale, meno profondo e più corto degli altri. Esattamente il contrario di ciò che si è potuto verificare invece nel cervello di Albert Einstein, tra i più grandi geni matematici d’ogni tempo. La discalculia è una sindrome molto simile alla dislessia. Anziché le parole riguarda però il mondo dei numeri. Chi ne è affetto, non solo non riesce a risolvere delle banali operazioni, ma è addirittura incapace di affrontare situazioni normalissime come quella di dover per esempio consultare una tabella degli orari del bus. Secondo gli studiosi – comprendendo anche le forme lievi che rasentano la normalità - è il 6% dei bambini a soffrirne. La malattia non ha nulla a che vedere né con uno scarso quoziente intellettivo, né con un basso livello di istruzione. Può essere primaria o secondaria. La prima riguarda individui che hanno perso la “memoria dei fatti matematici”. È insormontabile in questi casi anche la difficoltà di moltiplicare 2 x 4, o 7 x 3. La seconda è invece meno grave. E si riferisce all’incapacità di non sapere incolonnare bene i numeri o di non riuscire a leggerli correttamente. In tal caso per esempio, 3500 viene letto tremila settecento o tremila cinquanta, 3400, trecento quattro o tremila quattro. Gli scienziati hanno infine evidenziato che il lobo parietale nel quale si trova il solco è predisposto all’elaborazione delle immagini spaziali. Ora la speranza è quella di riuscire a trovare un metodo efficace per dare una mano ai bambini colpiti dal deficit cerebrale.

Brevettato un nuovo materiale in grado di proteggere le astronavi da meteoriti e asteroidi

Ricercatori inglesi sviluppano una nuova sostanza in grado di proteggere astronavi e satelliti dall’impatto con meteoriti o altri oggetti cosmici. Il riferimento è a un materiale capace di riparare piccoli danni ai mezzi spaziali e bloccare le perdite di ossigeno. La sostanza, battezzata pelle autoriparante, è rappresentata da un laminato con centinaia di filamenti in vetro lunghi 60micron. Una sorta di resina e un agente chimico contenuti nel laminato reagiscono fra loro sviluppando una sostanza molto resistente. In particolare i filamenti in vetro sono progettati in modo da rompersi facilmente quando un astronave o un satellite subiscono un impatto con corpi spaziali. In seguito a un impatto le due sostanze, fuoriuscendo dallo scafo, sono in grado di “cooperare” per “rimarginare” le ferite della navicella. La scoperta è stata fatta da Ian Bond e Richard Trask dell’università di Bristol. Il progetto, sovvenzionato dall’Agenzia Spaziale Europea, è stato condotto in una camera priva di gravità, un ambiente simile allo spazio. A questo punto gli scienziati intendono dar vita a una versione più resistente della nuova materia selezionata e provarla in condizioni estreme, per esempio a temperature elevate. L’Agenzia Spaziale Europea fa sapere che il nuovo materiale potrà proteggere astronavi e satelliti anche dalla cosiddetta spazzatura spaziale. Si ritiene infatti che nell’atmosfera siano oltre 9mila i detriti spaziali abbandonati da satelliti, missili e navette. Oggetti che possono provocare gravi danni a tutte le missioni spaziali future.

venerdì 19 giugno 2009

Tunguska 1908: la vera causa dell'effetto serra

Un meteorite precipitato in Siberia nel 1908 – il famoso Tunguska - sarebbe la vera causa dell’effetto serra. Lo rivela Vladimir Shaidurov, membro dell’Accademia russa delle scienze ed esperto di modellistica numerica, nel corso di un seminario tenutosi presso l’università di Leicester in Gran Bretagna. Lo scienziato asserisce che l’impatto tra il corpo celeste e la Terra, avrebbe rilasciato enormi quantità di polveri nell’atmosfera che avrebbero riflesso i raggi solari, creando un iniziale raffreddamento della mesosfera e della stratosfera, e successivamente un aumento della temperatura della bassa atmosfera, in particolare della troposfera. L’aumento della temperatura della troposfera, peraltro, sarebbe stato amplificato dal concomitante aumento del vapor acqueo condensato, sotto forma di minutissimi aghi di ghiaccio, attorno alle polveri di disintegrazione dell’asteroide. Secondo gli studiosi il vapor acqueo è un potente gas di serra. Si stima infatti che sia sufficiente anche solo un aumento dell’1% della sua concentrazione per causare un incremento della temperatura terrestre di 4 gradi centigradi. L’asteroide Tunguska si è abbattuto sulla Terra il 30 giugno del 1908 alle 7,17 (ora locale). Punto di impatto un’area collocata nel distretto di Evenkia, zona della Siberia centrale (a nord ovest del lago Baikal e a 5.700 km da Mosca, nella foto) scarsamente abitata. L’impatto provocò la distruzione di 60milioni di alberi su circa 20mila ettari di foresta. Secondo gli esperti dell’osservatorio di Irkutsk, in Siberia, lo scontro avrebbe addirittura determinato una variazione nel campo magnetico terrestre. I pochi testimoni dell’accaduto hanno parlato di un’esplosione di inaudita violenza, oggi paragonabile solo a una bomba termonucleare.

I grattacieli-alverari: la nuova frontiera dell'architettura

Uno studio di architettura messicano propone di costruire grattacieli imitando le api. Se tutto andrà come previsto il primo grattacielo–alveare sorgerà a Santa Fe, a nordest di Città del Messico, entro la fine del 2010. Sarà costituito da 28 piani, 180 appartamenti (da 60 a 200 metri quadri), un hotel di lusso da 27 stanze, un ristorante, un giardino pensile. La sua forma, appunto, quella di un alveare: degli esagoni sovrapposti l’uno all’altro in modo da non lasciare spazi vuoti e soddisfare al meglio le esigenze di coloro che lo abiteranno. “La nostra idea è quella di portare a termine un’opera di forte impatto, ma allo stesso tempo anche di notevole valenza sociale – spiega Michel Rojkind, capo del progetto – l’ispirazione per il rivestimento esterno ci è arrivata dall’osservazione delle api, animali dotati di un’organizzazione e di un livello di interazione sociale molto evoluto. In particolare abbiamo puntato sulle caratteristiche celle esagonali degli alveari”. Il grattacielo-alveare, già battezzato la torre di Rojkind, fa parte di un progetto più ampio comprendente complessivamente dieci grattacieli, ognuno dei quali realizzati da un architetto diverso e tutti collegati fra loro da passerelle e ponti. Al centro della struttura urbanistica sorgerà il lavoro dello studioso messicano. Secondo Rojkind il grattacielo-alveare godrà di una stabilità eccellente: gli esagoni - sostituendosi ai tradizionali pilastri verticali utilizzati nell’edilizia classica - conferiranno all’opera architettonica un’intelaiatura molto più resistente della norma. Allo stesso tempo nel grattacielo vi sarà anche molta più disponibilità di luce rispetto a qualunque altra costruzione. Rojkind è giunto a questo progetto studiando il comportamento delle api. Gli imenotteri realizzano dei favi all’interno dei quali depositano il raccolto e allevano la covata. La costruzione avviene con cera prodotta da otto piccole ghiandole situate sotto l’addome dell’insetto. La cera viene secreta sottoforma di un fluido che solidifica rapidamente, tramite una complicata reazione chimica. Un favo è dunque composto da due facce con celle a sezione esagonale. Ma perché le api optano proprio per la forma esagonale considerato che, allo stesso risultato, potrebbero giungere anche con celle quadrate o rettangolari? Perché è quella la forma più redditizia, spiegano gli entomologi (ed ora gli architetti). In questo modo gli imenotteri hanno infatti imparato a sprecare meno cera possibile. Da un punto di vista geometrico la soluzione di Rojkind rappresenta invece la cosiddetta “tassellazione”. Il riferimento è a una figura costituita da poligoni che ricoprono l’intero piano, senza sovrapporsi, come in un puzzle, che riproduce ad esempio la piastrellatura di un pavimento. In natura, oltre agli alveari, la “tassellazione” è una peculiarità delle ali degli insetti: esse sono infatti ricoperte da minuscole scaglie disposte in file, che si sovrappongono come le tegole dei tetti.

Cinque cuccioli dalla clonazione di Trakr, eroe dell'11 settembre

Trakr, il pastore tedesco che dopo l’11 settembre aiutò i soccorritori a scavare fra le macerie delle Torri Gemelle (nella foto), è stato clonato. Cinque i piccoli fotocopia ottenuti dal suo Dna dalla società californiana BioArts International. L’idea di clonare Trakr è venuta al suo padrone - James Symington, ex agente - dopo essersi imbattuto in un’inserzione della BioArts sul giornale, nella quale si proponeva la clonazione gratuita del cane con la storia più incredibile alle spalle.
«Per me Trakr vale l’intero mondo» è stato il commento del padrone dell’animale dopo aver letto l’annuncio. «Pensare che possa sopravvivere con la clonazione è la cosa più bella che io possa immaginare». Visti i trascorsi dell’animale non è stato difficile aggiudicarsi il “premio”. Trakr - deceduto due mesi fa - salvò infatti l’ultimo dei sopravvissuti al crollo delle Twin Towers di New York e contribuì alla ricerca di altre persone scomparse. Deja-Vu, Trustt, Solace, Prodigy e Valor - questi i nomi dei cinque animali clonati - sono nati presso la Soom Biotech Research Foundation, grazie al lavoro del professor Hwang Woo-Suk, l’uomo che per primo clonò un cane nel 2005. Per l’intera operazione Symington non ha dunque versato un euro, contro i 100mila euro richiesti di solito per una operazione di questo tipo. Della clonazione di Trakr parlò per la prima volta, l’anno scorso, a luglio, il giornale inglese Telegraph. Diceva che Trakr non stava più bene, gli cedevano le gambe ed era stato colpito da un problema neurodegenerativo, forse provocato dall’eccessiva polvere inspirata durante le ricognizioni a Ground Zero. Ormai la clonazione è divenuta una procedura di routine nei laboratori scientifici. Negli anni sono stati clonati molti animali fra cui topi, cani, gatti, mucche, cavalli, mufloni e ovini. Il primo ad essere clonato è stata la pecora Dolly nel 1997 a Edimburgo.


(Pubblicato su Libero il 19 giugno 09)

giovedì 18 giugno 2009

LE ALLERGIE INSOSPETTABILI

Scienziati dell’Ospedale Niguarda di Milano dicono che le allergie, di cui sempre più spesso gli italiani soffrono, potrebbero essere provocate anche da allergeni insospettabili. Sostanze che si nascondono nelle nostre case capaci di provocare riniti, asma e addirittura shock anafilattici. Per esempio il Ficus beniamina – tipica pianta da appartamento - è in grado di provocare disturbi respiratori seri: sulle sue foglie si sviluppa infatti una patina polverosa strettamente imparentata al lattice della pianta della gomma, allergene noto per la sua nocività. Pericoloso anche il mangime dei pesci. Le larve di chironomide, un dittero, vengono impiegate per sfamare i pesciolini dell’acquario che in tanti posseggono; nessuno, però, sa che possono essere la causa di potenti crisi asmatiche. Le caratteristiche coccinelle – gli insetti portafortuna - vengono triturate in ambito industriale per ricavare il rosso carminio, colorante per salsicce, bevande e cosmetici. Le sostanze ottenute dall’insetto, però, possano portare allo shock anafilattico: la conferma arriva da varie ricerche effettuate in Europa, relative a persone che sono state trasportate d’urgenza all’ospedale dopo aver consumato aperitivi a base di coloranti ricavati dall’esapode. Mangiando pesce, invece, c’è chi accusa forti dolori allo stomaco. In questi casi il problema potrebbe essere dovuto a un parassita dei pesci, Anisakis, che resiste alla cottura e può provocare forti allergie. Altri potenziali allergeni sono la pesca, la birra e la Ispagula psyllium. La pesca, con le noci e a l’uva, presenta una proteina nella buccia che disturba l’azione del sistema immunitario dell’uomo. E che spesso finisce in succhi di frutta e altri preparati alimentari. Per la birra il problema, invece, è rappresentato dal malto che ha lo stesso effetto negativo sulle cellule sentinella dell’organismo. L’Ispagula psyllum, infine, è una erba che viene somministrata anche negli ospedali per vincere la stitichezza e può essere alla base di disturbi intestinali di natura allergica. Secondo gli scienziati le allergie stanno coinvolgendo sempre più italiani, e dunque studi come questo potrebbero aiutare a fronteggiare meglio il problema. Recentemente gli esperti del Policlinico Gemelli di Roma hanno detto che di questo passo tra quarant’anni in Italia tutti soffriremo di allergia. Sotto accusa soprattutto l’inquinamento ambientale, ma pare anche l’eccessiva igiene. Secondo gli studiosi attualmente in Italia è colpito da allergia il 25% delle persone. Le allergie più diffuse sono ancora quelle respiratorie, che affliggono circa il 15% degli abitanti del Belpaese. Per il momento, però, non esiste una cura risolutiva per questo tipo di malattie. “È bene comunque evitare per quanto possibile di vivere nelle aree inquinate. Meglio l’aria di campagna o meglio ancora di mare – dicono gli specialisti -. In macchina è opportuno tenere chiusi i finestrini durante la stagione dei pollini”. Infine gli esperti del Niguarda dicono di prestare particolare attenzione ai più giovani dove, i sintomi “spia” di una allergia, sono molti, ma nel caso dei bambini possono facilmente essere confusi con qualcos’altro.

Il mistero dell'uomo che non dorme da 33 anni

Si chiama Thai Ngoc, ha 64 anni e vive in Vietnam, nella comunità agricola di Que Trung (nella foto). Sposato ha sei figli. Ogni giorno percorre circa 4 chilometri avanti e indietro per trasportare due sacchi di fertilizzanti di 50chilogrammi ciascuno e si occupa di polli e maiali. La notte la trascorre invece sorvegliando gli appezzamenti agricoli e gli allevamenti dei vicini. È sempre attivo 24 ore su 24 per un semplice motivo: Ngoc non dorme mai. Ebbene sì, l’uomo è da 33 anni che non chiude occhio, da più di 10mila notti. A rivelarlo è un articolo pubblicato sul più importante quotidiano in lingua inglese vietnamita, il Thanh Nien. I medici parlano di un autentico miracolo vivente. Nessuno infatti sa spiegarsi come sia possibile per un essere umano resistere per così tanto tempo senza dormire. Tenuto conto che sono sufficienti pochi giorni senza sonno per soffrire di allucinazioni e di altri gravi disturbi psichici. Phan Ngoc Ha, direttore dell’Hoa Khanh Mental Hospital in Danang, afferma che spesso l’insonnia provoca anoressia, irritabilità e apatia. Ma che Thai sembra immune da tutto ciò. L’insonnia cronica dell’uomo è cominciata nel 1973. Ngoc in quell’anno si ammalò e soffrì di febbre alta per parecchi giorni. In seguito la febbre sparì, ma inspiegabilmente rimase addormentato per molti giorni di seguito. Al risveglio, la sorpresa: l’incapacità totale a riprendere sonno. E da allora sono trascorsi ben 33 anni. I medici che lo seguono dicono che il suo organismo non risente della mancanza del quotidiano abbraccio di Morfeo. Affermano che ha solo alcuni valori legati all’emocromo un po’ sballati. Ma nulla di veramente patologico: “Io non so se l’insonnia ha effetto o meno sulla mia salute – dichiara l’uomo intervistato dal Thanh Nien -. Ciò di cui son certo però è che anch’io posso lavorare come tutti gli altri”. Increduli sono anche i suoi compaesani, abitanti della zona rurale di Que Trung. La stessa moglie di Ngoc non sa spiegare la condizione di suo marito. Dice la moglie che “ogni volta che Ngoc va dal dottore torna con un certificato di buona salute”. E le medicine per dormire? Nemmeno i farmaci sono stati in grado di restituire il sonno all’agricoltore vietanamita. “Le ho provate tutte – dice Ngoc – dai sonniferi alle medicine tradizionali vietnamite. Ma in ogni caso l’impresa è stata vana”.

Poliziotti, attori, cantastorie. Anche i robot cambiano lavoro


Robot di nuova generazione in grado di infiltrarsi nelle linee nemiche, controllare il movimento negli aeroporti, ma anche capaci semplicemente di divertire e intrattenere gli uomini. La ricerca tecnologica nell’ambito degli androidi sta facendo passi da gigante e oggi, in pratica, disponiamo di robot capaci di soddisfare ogni nostra esigenza. Tra le ultime novità troviamo il serpente robot, da poco realizzato da un team di ingegneri israeliani del Technion-Israel Institute di Haifa. Verrà presto utilizzato dall’esercito locale nelle operazioni di guerra e controspionaggio. La sua azione è assicurata da un sistema informatico dotato di sensori e telecamere. Lungo due metri, è in grado di muoversi agilmente su ogni tipo di terreno, imitando perfettamente lo zigzagare dei serpenti. Esternamente riproduce i colori del substrato su cui si muove rendendosi praticamente invisibile. L’idea è quello di utilizzarlo in tunnel, grotte, cavità naturali, eventualmente riempito di materiale esplosivo. Scopo invece del robot-furetto poliziotto è quello di aiutare le forze dell’ordine a stanare spacciatori di droga, trafficanti di armi, terroristi e criminali di ogni sorta. È stato messo a punto da scienziati inglesi dell’Università di Sheffield e finanziato dai tecnici dell’EPSRC. Sarà utilizzato negli aeroporti, presso dogane o luoghi di passaggio “caldi”. Di piccole dimensioni, circa 30 centimetri, è dotato di sensori a fibre ottiche e laser capaci di “leggere” la presenza di particelle pericolose nell’aria. Secondo Wired - che ha dedicato un servizio alla nuova generazione di robot - il robot-furetto potrebbe entrare in azione entro cinque anni. Finalizzato a tutt’altro scopo è invece Ninomiya Kun, detto anche il robot cantastorie. È stato messo a punto da ricercatori giapponesi della Waseda University. Notevole la differenza con il robot serpente e con il robot furetto. In questo caso si ha infatti a che fare con un androide a tutti gli effetti, che riproduce le fattezze di un bambino; inoltre non è indicato per azioni belliche o di polizia ma solo per il divertimento e l’intrattenimento delle persone. Il robot cantastorie è in grado, in particolare, di leggere attraverso un impianto occhi-telecamera un sintetizzare e un software peculiare. In questo momento gli ingegneri nipponici stanno lavorando per rendere la voce di Ninomiya Kum il più gradevole possibile così da allietare nel migliore dei modi le ore di grandi e piccini. Con Ninomiya Kum dal Giappone arriva anche il robot attore, che ha già dato prova della sua abilità. Recentemente due attori robot si sono infatti esibiti in una opera teatrale intitolata “Hataraku watashi”. Anche in questo caso, quindi, il riferimento è ad androidi di aspetto molto simile all’uomo, con volto, braccia, gambe, tronco, collo. I robot attori sono il risultato del lavoro svolto da esperti dell’Università di Osaka. Sono alti un metro e mezzo e pesano 30 chilogrammi. Una tournée dei cyber attori per i principali teatri del mondo a tutti gli effetti è in programma per il 2010. Tra le novità consolidate ricordiamo infine il robot cuoco, Motoman Sda10, una macchina di 220 chili, alta 135 centimetri, in grado di preparare pietanze come l’okonomiyaki (una specie di omelette), il robot direttore d’orchestra Asimo, che l’anno scorso ha diretto in un musical la Detroit Symphony Orchestra presso la Detroit School for the Arts; il robot subacqueo progettato per dare la caccia alle stelle di mare velenose e preservare lo sviluppo dei coralli.

(Pubblicato su Libero il 18 giugno 09)

mercoledì 17 giugno 2009

Pleistocene Park: dove torneranno a pascolare i mammut

Sergey Zimov, biologo russo (nella foto), vuole dar vita al primo Pleistocene Park. Secondo lo studioso gli animali “di una volta” non si sono estinti in seguito ai cambiamenti ambientali, ma per colpa dell’uomo. È quindi convinto che ripristinando determinati habitat sia possibile far rivivere e ospitare animali vissuti migliaia di anni fa. Dove? In un lembo di terra di 160 chilometri quadrati della Siberia nordoccidentale, 150 chilometri a sud dell’oceano artico, presso Cherskii. Zimov è al lavoro in queste regioni perdute dal 1989. Qui ha già portato dei cavalli di Przewalski (molto simili agli equini del Pleistocene) e degli alci. I prossimi animali che entreranno a far parte del primo parco interamente dedicato alla preistoria pleistocenica sono il bisonte, il bue muschiato e la tigre siberiana. Secondo lo scienziato questi animali sono necessari per ricreare l’ambiente e il clima che sussistevano 10mila anni fa. In un articolo su Science Zimov illustra i passi che porterebbero a questo risultato. Nella prima fase il terreno, cambiando consistenza e composizione per via del movimento degli animali, consentirà la crescita di un tappeto erboso al posto del muschio. In seguito gli escrementi innescheranno il ciclo chimico di nutrimento del suolo che porterà a un cambiamento dei parametri fisici dell’aria e dell’umidità. Infine, tra le speranze di Zimov, c’è anche quella di poter un giorno ospitare i mammut (e le tigri dai denti di sciabola). Si dice fiducioso perché pensa che da qui a qualche anno - utilizzando il Dna recuperato dai fossili – sarà possibile riportare in vita il grande pachiderma della preistoria. “Di sicuro il mio Pleistocene Park sarà il posto migliore dove l’animale potrà tornare a vivere – rivela.

L'alcol dà alla testa? Sì, in sei minuti

Scientists set out to test the well-known saying that just one drink can quickly go to your head. Only six minutes after consuming an amount of alcohol equivalent to three glasses of beer or two glasses of wine, leading to a blood alcohol level of 0.05 to 0.06 percent, changes had already taken place in brain cells. The researchers from Heidelberg University Hospital in Germany said it is known the brain reacts quickly to alcohol, but wanted to find out how rapid the effect was. Eight male and seven female volunteers took part in an experiment where they drank a specified amount of alcohol through a 90cm-long straw while lying in a MRI brain scanner. The goal was to reach a blood alcohol content of 0.05 to 0.06 percent - a level that impairs ability to drive, but does not induce severe intoxication. The scanner allowed the scientists to examine the tiny changes in brain cell tissue structure caused by the alcohol. Dr Armin Biller, a neurologist at the hospital, said chemical substances which normally protect brain cells are reduced as the concentration of alcohol increases. Other components of brain cells were also cut as more alcohol was consumed. Perhaps surprisingly, the study found that men's and women's brains reacted to alcohol consumption the same way. The team found the harmful effects of alcohol on the brain may be shortlived, but over time cells took longer to repair themselves. Dr Biller said: "Our follow-ups on the next day showed that the shifts in brain metabolites after moderate consumption of alcohol by healthy persons are completely reversible. "However, we assume that the brain's ability to recover from the effect of alcohol decreases or is eliminated as the consumption of alcohol increases. "The acute effects demonstrated in our study could possibly form the basis for the permanent brain damage that is known to occur in alcoholics. This should be clarified in future studies". The research is published in the current issue of the Journal of Cerebral Blood Flow and Metabolism.

(Telegraph)

martedì 16 giugno 2009

Con il latte del seno cura il papà malato di tumore

Georgia Browne, 27enne inglese di Bristol, mamma da poco, cura il padre malato di tumore al colon e al fegato col latte del proprio seno. La donna ha deciso di agire in questo modo dopo aver visto un documentario nel quale si diceva che il latte materno ha il potere di ridurre le masse tumorali della prostata. Tim (67 anni), papà di Georgia, beve quindi ogni mattina una miscela ottenuta da latte di mucca e latte umano della figlia. Il suo tentativo di curare il padre malato è iniziato un mese fa. Attualmente la salute di Tim è migliorata, il tumore si è ridotto, e i dolori sono passati. “Ho una figlia straordinaria – ha detto Tim -. E adesso sento di avere con lei un rapporto ancora più profondo”. Secondo gli specialisti questo risultato può essere un buon punto di partenza per studi futuri.

(Pubblicato su Libero il 16 giugno 09)

Lo sguardo colpevole di Fido? Non esiste, è solo immaginazione

Quando notiamo il nostro cane con il viso cupo dopo aver combinato qualche disastro, vediamo in realtà un’espressione come tante altre che però noi erroneamente associamo alla sua consapevolezza di aver compiuto un’azione che il padrone non condivide. Ne sono convinti gli scienziati del Barnard College di New York, i quali sono giunti a questa conclusione dopo aver realizzato un test su varie coppie di cani-padroni. Risultato: quando al proprietario di un animale viene riferito che il proprio quattrozampe si è comportato male, questo nota uno sguardo colpevole sul muso dell’animale anche se non ha fatto niente di male. È la prova che lo sguardo lacrimevole di un animale domestico è solo frutto della nostra immaginazione.

(Pubblicato su Libero il 16 giugno 09)

lunedì 15 giugno 2009

Un telescopio gigante, piante ogm e robottini che saltano: i nuovi progetti della Nasa

Robot che saltano come palline da pingpong. Un telescopio spaziale lungo 200mila chilometri. Vegetali in grado di crescere su Marte e su quasi tutti gli altri pianeti “terrestri”. Sono le tre nuove proposte che giungono dall’Institute of Advanced Concept della Nasa, lo stesso ente che prevede di costruire entro una decina d’anni il primo ascensore spaziale, in grado di trasportare in orbita materiali e astronauti. Di queste tre avveniristiche idee se n’è parlato nel corso di un convegno tenutosi in Colorado. Il primo progetto è maturato in seguito all’esperienza di Spirit e Opportunity (nella foto), i due robottini della Nasa che per anni hanno gironzolato per Marte in cerca di vita. Secondo gli esperti hanno condotto un lavoro eccellente: sono infatti durati molto più a lungo dei sei mesi per i quali erano stati progettati. Ma hanno dimostrato di avere un limite: quello di non riuscire a superare i tratti di terreno più impervi. Per questo motivo gli scienziati della Nasa stanno pensando a robot in grado di saltellare. L’idea è quella di sviluppare marchingegni grandi come palline da golf (diametro massimo una decina di centimetri), capaci di muoversi autonomamente, e caratterizzati da dispositivi per le rivelazioni geologiche e biologiche. Del progetto si sono presi carico gli studiosi del Mit di Boston: “Ogni robot - dice Steven Dubowsky del famoso ente statunitense - potrà essere equipaggiato con sensori miniaturizzati”. Il secondo progetto vede, invece, in prima linea gli scienziati della North Carolina State University. In questo caso il riferimento è a piante geneticamente modificate, capaci di crescere in luoghi impensabili, dove le temperature sono troppo basse o troppo alte per un normale vegetale. Per arrivare a questo traguardo gli specialisti della North Carolina, guidati da Amy Grunden, intendono introdurre nelle piante dei geni provenienti da batteri estremofili, microrganismi che hanno imparato a vivere nel cuore di vulcani o tra i ghiacci dell’Antartide. Infine il progetto più avveniristico è quello del telescopio lungo 200mila chilometri. Lo strumento – che verrà realizzato dagli esperti della University of Colorado di Boulder – consentirà di esplorare punti dell’universo lontanissimi da noi. Sarà caratterizzato da due astronavi, una delle quali equipaggiata con delle lenti in grado di catturare e bloccare la luce delle stelle. Queste ultime consteranno di un diametro di un chilometro e un buco centrale di dieci metri. La luce filtrerà in questa apertura e arriverà all’altra astronave a 200mila chilometri di distanza, che opererà come una camera oscura. Uno strumento simile potrebbe consentirci di osservare pianeti simili alla Terra, e oggetti con un diametro di una settantina di chilometri.