mercoledì 29 giugno 2011

L'ateismo religioso di Martin Rees


Martin Rees è un astrofisico inglese ed ex presidente della Royal Society. Ha vinto il Premio Templeton – assegnato a quanti si distinguono nella ricerca di Dio, nella spiritualità e nell'ambito della conoscenza scientifica - corrispondente a un milione di sterline. Si dichiara ateo, ma ha spesso criticato le posizioni totalmente “aride” di personaggi come Stephen Hawking e Richard Dawkins.


Aprile 2011, guardian.co.uk
COMPLIMENTI PER IL PREMIO.
Grazie.
SORPRESO PER LA VITTORIA?
Certamente, benché non sia il primo della Royal Society ad averlo ottenuto.
QUALE IL SUO MERITO?
I temi di cosmologia e astrofisica rivestono un interesse generale, che stimolano un po' tutti.
È STATO DESCRITTO COME UN FEDELE CHE NON CREDE IN DIO. LA RITIENE UNA DESCRIZIONE ACCURATA?
Penso di sì. Frequento luoghi sacri perché fanno parte della mia cultura, che è poi la cultura dell'Inghilterra.
VA REGOLARMENTE IN CHIESA?
Ci vado una volta alla settimana.
PERCHÈ NON CREDE IN DIO?
Quale Dio?
UN DIO.
Non credo di poter rispondere a questa domanda.

Aprile 2004, newstatesman.com
QUAL È IL RUOLO DELLA ROYAL SOCIETY?
Promuovere e sostenere la ricerca scientifica, comunicando efficacemente con le persone comuni, ma anche con le dirigenze politiche. Sempre più spesso, infatti, le questioni amministrative si mescolano con i più importanti temi scientifici.
COME CONVINCERE LE PERSONE DELLA NECESSITÀ DI IMPEGNARSI NELLA LOTTA AL CAMBIAMENTO CLIMATICO?
Non è semplice. Bisogna condurre un'azione a livello internazionale e far capire che senza sacrifici è difficile andare avanti. Di pari passo vanno studiate e rese note nuove realtà tecnologiche che consentano di sviluppare un'economia basata su basse emissioni di carbonio.

Marzo 1994, sciencewatch.it
COME È NATO IL SUO INTERESSE PER LE GALASSIE?
Dalle ricerche effettuate durante la mia tesi, comprendenti la realtà dei quasar, la velocità della luce, la natura fotonica...

Febbraio 2005, Tuttoscienze
LA SUA VISIONE DEL FUTURO È PIUTTOSTO FOSCA. COSA LA SPAVENTA DI PIÙ?
La minaccia di una guerra nucleare catastrofica non è affatto sfumata, ed anzi è piuttosto seria, perché anche se il rischio si è ridotto rispetto alla guerra fredda, abbiamo comunque un numero di ordigni capaci di annientare l’intera specie umana in un solo colpo. E nel giro di 50-100 anni potremmo avere un riallineamento e uno scontro tra nuove superpotenze forse anche peggiore della guerra fredda.

Aprile 2010, The Guardian
COSA NE PENSA DELL'APPROCCIO A SCIENZA E RELIGIONE DI STUDIOSI COME RICHARD DAWKINS?
Non ho nulla da dire su Dawkins, ma io non sono così allergico alla religione. Sono contro i fondamentalismi, niente di più. E poi cosa accadrebbe se si costringesse un musulmano a scegliere fra Dio e Darwin? Tutti sceglierebbero Dio, la scienza sarebbe la prima a rimetterci.

Giugno 2010, Sunday Times
COSA NE PENSA DELLA FAMOSA TEORIA DEL TUTTO?
È una teoria che potrebbe esistere, ma forse è impossibile da rivelare per il cervello umano.
TROPPO COMPLICATA?
Potrebbe essere come per un pesce comprendere tutto ciò che lo circonda, dagli esseri viventi, alle dinamiche naturali che governano gli oceani.

TED:

martedì 28 giugno 2011

Tiangong-1, pronti al decollo

Modulo operativo presso la base di lancio cinese
Si chiama Tiangong-1 ed è la prima stazione spaziale cinese che, dal prossimo autunno, brillerà nei cieli terrestri. Il primo modulo abitabile battezzato il “Palazzo celeste” sta arrivando sulla rampa del poligono di Jiuquan, da dove decollerà fra settembre e ottobre. A Parigi, presso il salone aerospaziale, la presentazione ufficiale del progetto che dovrebbe essere completato entro il 2020. In più s'è parlato del primo sbarco lunare cinese e di altre missioni che avverranno nei prossimi anni, fra cui il collaudo del potente lanciatore Lunga marcia-5; è allo studio anche un programma di meteorologia spaziale, che sarà pienamente operativo nel 2012 con l'invio di particolari satelliti. Il “Palazzo celeste” è rappresentato da sei moduli abitabili, collegati a una struttura centrale: nell'insieme il peso è di 65 tonnellate. «Le tecnologie necessarie per realizzare la nostra stazione e affrontare permanenze a lungo termine dei nostri taikonauti ora le possediamo interamente», spiega Qi Faren, progettista capo delle navicelle spazilai Shenzhou. Un lavoro iniziato nel 1992, all'insegna della cosiddetta terza fase del programma di volo umano. Dopo il lancio autunnale, entrerà in azione la navicella Shenzhou-8 che, priva di equipaggio, verificherà il livello di sicurezza dei moduli, che voleranno successivamente con all'interno i taikonauti. La stazione orbitale cinese ruoterà intorno alla Terra alla stessa altezza della ISS, la stazione spaziale internazionale, a circa 400 chilometri dalla superficie del pianeta, ma seguendo un'orbita alternativa, a 40 gradi di latitudine nord. 

Ecco come funzionerà: 

giovedì 23 giugno 2011

CAVERNE DI GHIACCIO

Scoperte in Cina cinque caverne di ghiaccio fra i monti Yunqiu. Per gli scienziati sono un vero enigma, visto che la loro esistenza è tale anche se la temperatura esterna durante l'estate è mediamente di 22 gradi centigradi. Secondo le prime ipotesi, le grotte di ghiaccio sarebbero costantemente sottoposte a venti gelidi, capaci di mantenere invariata la temperatura durante il cambio stagionale. Ecco il video della scoperta:

martedì 21 giugno 2011

Gocce di cellulosa


Seduto al tavolo di un ristorante, Jacques Brandenberger, ingegnere tessile svizzero, sta tranquillamente consumando il suo pasto. A un certo punto ode un tonfo: la bottiglia di vino di un commensale a lui vicino cade, rovesciando il suo contenuto sulla tovaglia che si inzuppa e inizia a gocciolare. Brandenberger riflette: «Se al posto della tovaglia ci fosse un materiale impermeabile in grado di far scivolare via senza problemi il liquido malaccortamente rovesciatosi, si eviterebbero inutili perdite di tempo». È il dubbio che si porta fino a casa, dove decide di mettersi all'opera per ottenere un tessuto con queste specifiche caratteristiche. Parte dai risultati ottenuti da due inglesi verso la fine dell'Ottocento, per i quali la cellulosa trattata con della soda caustica e del solfuro di carbonio si trasforma in materiale solubile, lo xantogenato di cellulosa. Ottiene in un primo momento il cosiddetto rayon, che in futuro verrà chiamato “seta artificiale”. Ma Brandenberger è poco soddisfatto, giudicando il nuovo tessuto troppo rigido e friabile. In compenso scopre che dai suoi fogli è possibile “spellare” una pellicola trasparente, estremamente duttile e maneggevole. A questo nuovo ritrovato dà il nome di cellophane, da “cello”, che richiama il materiale di base, ossia la cellulosa, e dalla parola greca “diaphanis”, che significa trasparente.
Il 14 novembre 1908 Brandenberger sviluppa la prima macchina in grado di produrre gli originali fogli di idrato di cellulosa che battezza col nome “CellophaneTM”. All'inizio, però, è dura. La proposta di Brandenberger, infatti, non gode di molti consensi: la maggior parte degli industriali non la reputa sufficientemente utile e il popolino non ne conosce l'esistenza perché non è supportata da un'adeguata pubblicità. Ma la svolta è dietro l'angolo. L'ingegnere tessile entra, infatti, in contatto con la celebre rivista parigina Illustration che decide di appoggiare a piene mani l'idea del cellophane, descrivendone le qualità e le potenziali ripercussioni in ambito industriale. I risultati si vedono subito. E nel 1913 Brandenberger riesce finalmente a dar vita alla ditta SA Cellophane, a Bezons, piccola località nei pressi di Parigi.
Con lo scoppio della prima guerra mondiale il nuovo materiale viene prodotto per ottenere maschere a gas, fornendo fogli su misura per proteggere gli occhi da sostanze nocive. Brandenberger riceve varie onorificenze, fra cui la prestigiosa Golden Elliot Cresson Medal. Ma il vero boom giunge negli anni Quaranta, quando la sua utilità si diffonde fra i focolari domestici. Il cellophane diviene, infatti, indispensabile per confezionare alimenti: basta una pellicola di appena sei millesimi di millimetro per isolare i cibi da agenti esterni. Oggi, dunque, l'invenzione di Brandenberger è ancora attualissima e in ulteriore espansione. Con l'industria alimentare, infatti, ne beneficia anche la medicina, per ciò che riguarda l'ottenimento di particolari membrane semimpermeabili, e le aziende che producono nastri adesivi. Dalla sua anche il fatto di essere ben vista dagli ambientalisti, tenuto conto del fatto che, rispetto ad altri prodotti simili come i fogli in polipropilene, è biodegradabile.

venerdì 17 giugno 2011

La fine del mondo che (non) verrà

Calendario Maya

Meteoriti, tempeste magnetiche, buchi neri. Sono tanti i motivi che cercherebbero di spiegare l'imminente fine del mondo, rifacendosi alla tesi Maya secondo la quale il 21 dicembre 2012 terminerà un ciclo temporale durato 1.872.000 giorni. Ma gli scienziati si battono per spiegare che non c'è nulla di vero in questa tesi. L'ultimo intervento è di Jocelyn Bell Burnell, che ha presenziato una conferenza presso la Royal Society di Londra

L'11 settembre 2001 crollano le Torri Gemelle a New York; l'11 marzo 2004 salta in aria un treno a Madrid; l'11 marzo 2011 uno tsunami devasta il Giappone. Un po' più in là nel tempo, l'11 settembre 1973 Augusto Pinochet soffia il posto a Salvador Allende, in occasione del famoso golpe cileno; il nome Adolf Hitler è composto da undici parole... Poteva, dunque, la data indicante l'Armageddon suggerito dai Maya non contenere da qualche parte il numero apocalittico per eccellenza? Certo che no. E, infatti, se si sommano i numeri relativi ad esso – 21.12.2012 – guarda caso il risultato è proprio 11. Quindi? Quindi tutto torna. La profezia del popolo precolombiano, genio assoluto della contemplazione celeste e delle meccaniche che governano i moti di stelle e pianeti, è assolutamente veritiera: lo dice anche la numerologia, lo scetticismo non ha più alcun senso di esistere. Ma ne siamo proprio sicuri?
L'interrogativo, di questi ultimi tempi, se lo sono posti un po' tutti: studiosi, persone comuni, sedicenti pseudo-ricercatori divenuti improvvisamente ricchi pubblicando libri sull'imminente fine del mondo e partecipando a talk-show di bassa caratura. E se lo è posto anche uno dei più brillanti scienziati dell'epoca moderna: Jocelyn Bell Burnell (pur non avendo, fin dall'inizio, alcun dubbio sulla risposta). La scopritrice delle pulsar, oggetti cosmici affascinanti e misteriosi da lei individuati per la prima volta nel 1967, lo ha fatto anche per soddisfare definitivamente i tanti studenti che, alla fine di ogni lezione, si ostinano a rivolgerle la stessa domanda: «Ma la fine del mondo è davvero dietro l'angolo?». S'è, dunque, presentata alla Royal Society di Londra, chiarendo una volta per tutte la questione, analizzando con spirito critico tutti i fenomeni naturali che potrebbero essere alla base di un'ipotetica apocalisse entro un anno e mezzo e smascherando tutto ciò che è appannaggio della superstizione e della credulità popolare.
Bell Burnell introduce l'argomento parlando del calendario Maya e riferendosi al Lungo computo, il ciclo più lungo dell'almanacco precolombiano: dura 1.872.000 giorni ed è, quindi, ben più ampio del ciclo “religioso” Tzolkin (di 260 giorni) e di quello “civile” Haab (di 364 giorni). Il popolo centroamericano ritiene che ogni fase del Lungo computo corrisponda a un'era storica ben precisa. Perciò i numerosi movimenti new age sorti negli ultimi tempi, pensano che il passaggio da un'epoca all'altra debba essere contrassegnata da una serie di eventi particolari, possibilmente tragici, che porterebbero l'umanità, se non all'annientamento, a un cambiamento radicale a livello sociale. Ma gli storici e gli archeologici dicono semplicemente che il calendario Maya, così come tutti gli altri calendari, giungendo alla fine di un certo periodo, non fa altro che riprendere daccapo, senza alcuna catastrofe. «Sarebbe altrimenti come dire che il mondo finirà il 31 dicembre 2011 perché in quella data finisce il calendario sexy di qualche velina», ironizza Paolo Attivissimo, sul suo frequentatissimo blog. I Maya stessi, aspettavano con ansia le varie “scadenze” temporali dettate dai propri calendari, per festeggiare e divertirsi, senza minimamente tener conto di una fine di tutte le cose. In questo momento, quindi, starebbe realmente per chiudersi il quarto ciclo Maya, iniziato nel 3114 a.C., ma nulla lascerebbe presagire a ciò che viene auspicato da chi con pressapochismo e faciloneria affronta il mainstream scientifico.
La coincidenza fra la prevista fine del mondo e il solstizio invernale è il primo dato ostentato dai tanti convinti che il regno delle tenebre stia per calare. Ma Bell Burnell stordisce immediatamente ogni tentativo di difendere questa tesi, riflettendo sul fatto che la natura che regola i moti planetari non ha alcuna interferenza col genere umano. «Solstizi ed equinozi avvengono da sempre, e non c'è motivo di credere che uno di essi possa essere più pericoloso degli altri». Del resto, non succede granché nel corso di un solstizio invernale. Semplicemente il sole raggiunge, nel suo moto apparente lungo l'eclittica, il punto di declinazione minimo. O, volendo girare la frittata, si può parlare del momento in cui l'asse terrestre si trova maggiormente inclinato rispetto alla propria stella. È invece molto più probabile la suscettibilità umana dinanzi al fenomeno celeste, con tutte le farneticazioni che ne possono derivare, tenuto conto che, dagli albori della storia umana, la notte fra il 21 e il 22 dicembre viene considerata la più magica dell'anno, in modo simile a ciò che accade con la “notte di San Giovanni”, quando dalla primavera si passa all'estate. Sennonché per il 2012 il solstizio d'estate è previsto per le 23.09, quello invernale per le 11.11. C'è di mezzo ancora il numero 11, ma è solo una banale coincidenza.

I quattro cavalieri dell'Apocalisse

Gli eredi dei millaneristi puntano le loro attenzione anche sulle tempeste solari. Si prevede, infatti, che nel 2012 l'attività solare raggiungerà il suo picco, spruzzando per il cosmo quantità eccezionali di energia, in contrasto con il funzionamento di numerose apparecchiature terrestri: satelliti in primis. Ma anche in questo caso non c'è nulla di anomalo, perché, si sa, il sole obbedisce a cicli undecennali (ancora l'11!) che lo portano periodicamente da un momento di massima attività a uno di massima quiescenza. Nel 2003, per esempio, i cosmologi hanno registrato miliardi di tonnellate di plasma dirette verso Terra, ma senza causare disagi all'uomo. «Non c'è da meravigliarsi», rivela Bell Burnell, «il dinamismo della nostra stella è anche frutto di questa sua alternanza di fasi legata a potenziali tempeste magnetiche. Disponiamo di dati assai precisi che riguardano l'andamento dell'attività solare dal 1760 in poi e che confermano, appunto, questa tesi». Il problema è stato valutato anche dalla NASA, che però riconduce il fenomeno al maggio 2013, e non al solstizio d'inverno del 2012: «L'impatto di una tempesta solare potrebbe ricadere su strutture interconnesse», afferma Daniel Baker, della Colorado University, «con ripercussioni sull'erogazione dell'acqua, sull'industria alimentare e del farmaco e sui servizi di emergenza». Un gran caos, ma tranquilli, nessuna fine del mondo.
Infondato altresì il rischio relativo all'inversione del campo magnetico terrestre, fenomeno che, secondo le ricostruzioni paleomagnetiche, avviene in media ogni 750mila anni: negli ultimi 30 milioni di anni i poli terrestri si sarebbero già invertiti una decina di volte, senza, però, mai provocare alcun danno agli esseri viventi, anche quando l'Homo sapiens era già una realtà consolidata in ambito evoluzionistico. Anche qui, quindi, nessun evento apocalittico, ma solo l'ennesimo epilogo del più importante fenomeno geomagnetico: «La Terra, infatti, continuerebbe a girare nella stessa direzione, come ha sempre fatto, anche se i poli finiranno invertiti», dice Bell Burnell. Ma è vero che nell'ultimo secolo il campo magnetico terrestre s'è ridotto del 10%. E che molte persone continuano a credere che il 21 dicembre 2012 la rotazione della terra subirà una frenata che durerà 72 ore, prima di riprendere a ruotare nelle direzione opposta. «È una teoria assolutamente inaccettabile», assicura Antonio Meloni, dell'Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (INGV). «Inversione del campo magnetico e rotazione terrestre sono, infatti, due fenomeni completamente indipendenti. Nel corso della storia geologica terrestre abbiamo avuto prova di inversioni di polarità dalla magnetizzazione delle rocce; ma nulla che possa far pensare a un processo che possa incidere significativamente sui processi biologici».
Il 21 dicembre 2012 avverrà poi l'allineamento del sole con il piano equatoriale della Via Lattea. È, in effetti, un evento raro che si verifica mediamente ogni 32 milioni di anni, tenuto conto del fatto che il sistema solare orbita intorno al centro della galassia in 225 milioni di anni, compiendo un tipico movimento sinusoidale. Ma non esistono presupposti per credere che il fenomeno possa ripercuotersi negativamente sulle dinamiche terrestri, né sul tran tran umano, animale o vegetale.
Anche chi teme un inglobamento della Terra da parte del buco nero posto nel cuore della Via Lattea, è proprio fuori strada: il centro della galassia, corrispondente a Sagittarius A, è una potentissima radiosorgente posta a 26mila anni luce da noi, ma vista la notevole distanza non può aver alcuna influenza tangibile sulla nostra realtà cosmica. E, in ogni caso, non può certo averla entro il 21 dicembre 2012, intervallo temporale infinitamente breve a livello spaziale. «Anche questa affermazione, quindi, non ha alcuna base scientifica», dice Bell Burnell, «e si basa solo sulla credulità popolare. Semmai potranno esserci conseguenze devastanti per via dello scontro realmente previsto fra la galassia di Andromeda e la Via Lattea: ma non prima di qualche miliardo di anni».
Simile il discorso sull'allineamento planetario che si dovrebbe concretizzare entro la fatidica data del solstizio invernale dell'anno prossimo. Ma ancora si fa troppa confusione, partendo dal presupposto che la cosiddetta congiunzione planetaria è un concetto fuorviante, su cui è facile marciare se si ha un approccio semplicistico allo studio dell'universo. Con questo termine, infatti, si indica una configurazione in cui i pianeti del sistema solare si trovano tutti allineati su una stessa retta ideale avente come riferimento il sole; una situazione che, di fatto, non avviene mai. Potrebbe, però, capitare che i corpi planetari che ci circondano si posizionino entro un settore di 90 gradi, riferiti a un osservatore posto in prossimità del sole: qualcosa del genere è, infatti, avvenuto nel 1982, mentre nel 2008 c'è stato un allineamento fra Giove, Venere, Luna e Terra. Ma qualcuno, se non gli astronomi, può dire di essersi accorto di qualcosa? Naturalmente no. «L'allineamento planetario è un fenomeno relativamente comune», spiega Bell Burnell, «che peraltro possiamo predire con largo anticipo. L'8 settembre del 2040, per esempio, avremo l'allineamento fra la Luna e cinque pianeti; il 20 marzo 2675 la congiunzione fra Sole, Luna e cinque oggetti planetari».
Rimane, infine, l'analisi dei meteoriti per sfatare definitivamente qualunque tesi catastrofista, in corrispondenza del 21 dicembre 2012. Il riferimento, in questo caso, è ai cosiddetti NEO, da Near-Earth Object, i numerosi corpi celesti che orbitano intorno alla Terra e che, potenzialmente, potrebbero colpirla: si tratta perlopiù di asteroidi e comete. Gli oggetti più pericolosi sono stati battezzati PHO, da Potentilly hazardous Objects, e distano dalla Terra meno di 0,5 Unità Astronomiche, corrispondenti a circa 7.480.000 chilometri. Ma non appena ne viene individuato uno, le sue caratteristiche vengono immediatamente trasmesse al Minor Planet Center, per la catalogazione e la valutazione del reale grado di pericolosità. Secondo Bell Burnell, con i grandi e potenti telescopi di cui disponiamo, saremmo comunque in grado di anticipare l'evento e correre prima ai ripari.
Il prossimo appuntamento critico è previsto per il 2029, quando un asteroide passerà vicino alla Terra, ma la probabilità di impatto sarà pari a 1 su 250mila. Nel passato geologico terrestre, però, sono effettivamente rintracciabili segni di impatti notevoli, come quello che ha contribuito all'estinzione dei dinosauri, precipitato in Messico 65 milioni di anni fa. Recentemente, invece, ha fatto notizia il corpo celeste che nel 1908 ha impattato in Siberia, presso la località Tunguska. Non è ancora stata chiarita la natura dell'oggetto precipitato, ma è certo che l'impatto abbia provocato l'abbattimento di 60 milioni di alberi su una superficie di oltre 2mila chilometri quadrati, e che il rumore dell'esplosione sia stato udito fino a mille chilometri di distanza. Ma anche davanti a questi fatti Bell Burnell non si scompone e, anzi, rilancia: «Il 21 dicembre 2012 sarà un giorno come tutti gli altri, perciò non aspettiamo lo scadere della profezia per fare i regali: muoviamoci prima visto che, come ogni anno, ne avremo un bel po' da fare».

giovedì 16 giugno 2011

Il primo contatto con E.T.


Richard Hoover (1943) è un astrobiologo della NASA, autore di 33 volumi di divulgazione scientifica. Nel 1997 ha affermato per la prima volta l'esistenza di forme di vita extraterrestre. Nel 2009 è stato premiato dalla SPIE – società specializzata in fotonica - con la Gold Medal of the Society.

Marzo 11, Journal of Cosmology
HA APPURATO LA PRESENZA DI CIANOBATTERI ALL'INTERNO DI METEORITI CLASSIFICATI COME CONDRITI CARBONACEE.
È straordinario che, sebbene molti batteri assomiglino a generiche specie terrestri, ce ne siano altri che sono completamente alieni. Né io né gli altri esperti con cui ho condotto le ricerche abbiamo qualche idea su che cosa queste creature possano essere.
ALCUNI BATTERI ESAMINATI MANCHEREBBERO DI AZOTO E QUESTO FAREBBE PENSARE A UNA CRESCITA DEL BATTERIO AL DI LÀ DEI CONFINI DEL NOSTRO PIANETA.
Potrebbero, infatti, essere i resti di forme di vita extraterrestri sviluppatesi sulle meteoriti quand’era presente acqua allo stato liquido, molto prima che entrassero nell’atmosfera terrestre.
SI POSSONO AVANZARE DELLE IPOTESI SULL'ESISTENZA DI CIVILTÀ ALIENE?
Credo che questi ritrovamenti indichino che la vita non è limitata alla Terra, ma sia largamente distribuita, anche al di fuori del sistema solare.

Aprile 11, FoxNews
DOPO QUESTA SCOPERTA, QUALI SONO LE PROSPETTIVE FUTURE NEL CAMPO DELLA RICERCA DI FORME DI VITA EXTRATERESTRI?
Le prospettive sono ampissime e inimmaginabili. È un campo ancora tutto da esplorare, benché molti scienziati storcano il naso. Stiamo parlando, infatti, di esseri viventi che non sono ancora stati classificati ufficialmente.

Marzo 11, huffingtonpost.com
LA SUA TESI OFFRE NUOVI SPUNTI A FAVORE DELLA COSIDDETTA TEORIA DELLA PANSPERMIA, SECONDO LA QUALE LA VITA TERRESTRE POTREBBE AVERE AVUTO ORIGINE NELLO SPAZIO.
La panspermia suggerisce che le rocce spaziali possano aver diffuso la vita su differenti pianeti. Ma questo non significa, comunque, poter spiegare come si siano sviluppate le prime forme di vita terrestri.

Luglio 10, nasa.gov
COSA INTENDIAMO ESATTAMENTE PER BATTERI ESTREMOFILI? POSSONO ESSERE CONSIDERATI ALIENI?
Sono organismi che vivono in ambienti giudicati dall'uomo totalmente inospitali, habitat molto freddi o molto caldi, presenti in prossimità di vulcani o ghiacciai. Possono sorgere anche in corrispondenza di acque fortemente alcaline o acide. E dare ospitalità a batteri che vivono addirittura in assenza di ossigeno.
QUESTI BATTERI POSSONO VIVERE ANCHE SU TITANO?
Non sappiamo granché di Titano per poter affermare con certezza una tesi del genere. Questa meravigliosa luna di Saturno ha ancora molto da dirci, soprattutto dobbiamo capire se è presente l'acqua, indispensabile alla vita.
MARTE?
Su Marte, invece, ci sono più possibilità. Abbiamo, infatti, numerose prove a favore dell'esistenza di notevoli quantità di acqua, almeno in epoca passata. Ancora oggi degli strati di permafrost potrebbero nascondere interessanti verità.
È POSSIBILE LA VITA IN UN BUCO NERO?
Allo stato attuale delle conoscenze mi sembra una cosa impossibile. Le macromolecole e le sostanze che le costituiscono - aminoacidi, proteine, carboidrati, DNA, RNA ed enzimi – non potrebbero sopportare i parametri fisici che lo rappresentano.
QUALI SONO GLI ANIMALI PIÙ PICCOLI DEL SISTEMA SOLARE?
Per ora conosciamo solo animali terrestri. I più piccoli sono i protozoi. Sono caratterizzati da corpi unicellulari, di dimensione dell'ordine del micrometro. Sono i primi organismi a essersi sviluppati sul pianeta.

mercoledì 15 giugno 2011

Politicamente corretti... solo quando serve

Ornella Muti, attrice pro-ambiente

Politicamente corretto è anche colui che, di fronte a temi ambientali, si dimostra coerente con le sue idee; una persona che, in pratica, non si mette a predicare bene per poi razzolare male. In realtà sono molti gli individui che suggeriscono condotte virtuose, per poi sbagliare per primi. Basta pensarci un attimo per trovare un lungo elenco di personaggi famosi che potrebbero essere annoverati in questo gruppo. Partiamo dal grande John Travolta, indimenticabile protagonista di Grease, e non meno di film pulp come Pulp fiction. John a parole sembrerebbe un gran maestro. Si è, infatti, battuto come un leone per la difesa del verde e del Sequoia National Park in California e in casa ha una piscina depurata naturalmente e senza cloro. Peccato, però, che John sia anche proprietario di un Boeing 737 che pilota personalmente, definendolo la sua casa con le ali, e che l’anno scorso gli ha consentito di girare tutto il mondo: chiaro che per il buco dell’ozono non è una grande notizia. Mister Al Gore, detto il paladino della difesa del pianeta, in realtà rischia di diventare il paladino delle contraddizioni. Da una parte tiene, infatti, conferenze contro l'effetto serra e il consumo eccessivo di energia e gira documentari; dall'altra, nella sua villa nei pressi di Nashville, consuma più elettricità in un mese di quanto una famiglia americana media ne consumi in un anno. E per fortuna il suo motto è: “Diventa il cambiamento che vorresti nel mondo”. Carlo d’Inghilterra, invece, non fuma, non beve, suggerisce l'utilizzo della bici anziché quello dell'automobile. Ma si segnala anche per il fatto di essere andato a ritirare il premio ad Harvard per il suo impegno a difesa dell'ambiente con 20 collaboratori, vale a dire 17 auto che hanno prodotto 16 tonnellate di anidride carbonica in due giorni. Ma per fortuna c'è anche chi alle parole fa seguire dei fatti concreti e coerenti, chi davvero ha a cuore l’ambiente e si impegna per migliorarlo. In questa categoria rientrano per esempio Jennifer Lopez, George Clooney, e Ornella Muti. La Lopez ha creato una linea di abbigliamento con soli materiali della lobby ispanica, la più povera del mondo e da sempre è schierata con chi ha dei prodotti naturali da proporre al mercato, indipendentemente dal parere delle multinazionali. In pratica, sebbene qualche volta ceda alle lusinghe di un jet privato, magari anche solo per andare a farsi dei massaggi, guida una Prius Toyota di tecnologia ibrida, meno inquinante delle automobili tradizionali. George Clooney può essere definito un vero paladino dell'ambiente. Dice tante belle cose sull'ambiente che poi trovano conferma anche nei fatti. George ha rifiutato il Suv che gli avevano regalato e da sempre sottolinea i problemi ambientali che stanno distruggendo l'Africa. Nella vita di tutti i giorni non possiede limousine, ma solo auto elettriche, ottiene elettricità tramite i pannelli solari. La nostra Ornella Muti si dice contro i cibi adulterati e industriali e detesta le manifestazioni legate all'eccessivo sfruttamento dell'ambiente marino. E alle parole, anche lei, accompagna le azioni. Non usa mai ammorbidenti, cucina solo cibi biologici e la sua spazzatura è la più biocompatibile di Roma. Infine due parole sui rimandati a settembre, coloro che predicano bene ma che potrebbero razzolare meglio. Tra questi abbiamo Lapo Elkann, amante della carta riciclata ma anche degli elicotteri, Eros Ramazzotti, che dalla bici è passato a una Yamaha, e Barbara Berlusconi scoperta in flagrante mentre si tuffava di fianco a un cartello con la scritta a caratteri cubitali “divieto di balneazione”.

venerdì 10 giugno 2011

100 anni di modelli atomici

Dagli elettroni ai protoni, passando per neutroni, quark, pentaquark e l'ultima misteriosa particella scoperta pochi giorni fa in Illinois. Dall'antichità a oggi sono stati fatti molti progressi nello studio della natura dell'atomo, ma ancora si è lontani dalla comprensione definitiva del nocciolo della materia. I prossimi obiettivi? Identificare il bosone di Higgs e chiarire le caratteristiche dei neutrini, alla base della materia oscura


È passato esattamente un secolo dal giorno in cui Ernest Rutherford (1871-1937), chimico e fisico neozelandese, compie un esperimento per confermare il modello atomico sviluppato una decina di anni prima da Joseph John Thomson (1856-1940). È il primo modello ufficiale secondo il quale un atomo è rappresentato da una sfera fluida di materia caricata positivamente, neutralizzata da particelle appena scoperte, cariche negativamente, gli elettroni. Rutherford bombarda un sottile foglio d'oro, situato fra una sorgente di particelle alfa e uno schermo. Le particelle attraversano la lamina e lasciano una traccia del loro passaggio, dando l'opportunità allo scienziato di constatare che, se i raggi alfa non vengono deviati, significa che l'atomo è ancora più complesso di quello studiato da Thomson: esiste, infatti, fra gli elettroni e il nucleo uno spazio vuoto assai ampio, dove sono rintracciabili le cariche elettriche negative che ballonzolano intorno al cuore atomico. A questo punto Rutherford teorizza il neutrone, pur non potendolo confermare: quest'ultimo verrà scoperto ufficialmente nel 1932 da James Chadwick (1891-1974), successo che gli permetterà di ottenere il premio Nobel.
Sono dunque trascorsi cento anni dalla nuova teoria avanzata da Ernest Rutherford, ma ancora siamo ben lontani dal comprendere nei dettagli la natura infinitesimale della materia. Pare una paradosso, eppure, più ci si addentra nei meandri della subatomica, più sembra che ci sia sempre qualcosa di nuovo da scoprire, qualcosa che sfugge sempre anche alle apparecchiature più sofisticate. L'ultima conferma è avvenuta poche settimane fa presso il Tevatron, l'acceleratore di particelle del Fermi National Laboratory a Batavia, in Illinois. Qui i fisici hanno potuto sperimentare l'esistenza di una nuova particella, ancora priva di un nome. Stavano dando la caccia al famigerato bosone di Higgs, la famosa “particella di Dio”, quando si sono accorti di un segnale incomprensibile, verosimilmente assimilabile a un fenomeno fisico sconosciuto: delle 10mila collisioni particellari analizzate, 250 sono risultate anomale, e tutto farebbe, appunto, pensare al decadimento di una nuova realtà elementare. Altre considerazioni verranno fatte nel corso dell'anno, e verso la fine del 2011 i ricercatori saranno in grado di chiarire definitivamente la questione.
Dalla scoperta del neutrone a oggi, si sono comunque succedute numerose scoperte nell'ambito del cosiddetto Modello Standard - teoria che descrive tutte le particelle elementari - che hanno completamente rivoluzionato il disegno schematico di Rutherford. Dopo il '32 è la volta dell'antiprotone e dell'antineutrone, rispettivamente le antiparticelle di protone e neutrone. Al primo giungono nel '55 Emilio Segré (1905-1989) e Owen Chamberlain (1920-2006), al secondo l'anno dopo Bruce Cork. Ma la vera sorpresa arriva a metà degli anni Sessanta, quando si evidenzia che neutroni e protoni non sono la vera base della materia, poiché esistono particelle ancora più piccole: i quark. Le mettono in luce i fisici statunitensi Murray Gell-Mann (1929-vivente) e George Zweig (1937-vivente), che ereditano il nome da Finnegans Wake, un romanzo di James Joyce. I quark rappresentano una nuova famiglia nella fisica delle particelle, tenuto conto del fatto che ne esistono sei tipi: up, down, charm, strange, top e bottom; a loro volta caratterizzati da antiparticelle antiup, antidown, anticharm. Un neutrone è formato da due quark down e un up, mentre un protone è composto da due quark up e un quark down. E non è finita qui.
Nel 2003 è la volta dei cosiddetti pentaquark. Sono particelle subatomiche composte da un gruppo di cinque quark, quattro quark in coppie dette diquark e un antiquark. Le osserva, dopo vari test giudicati poco attendibili presso l'Istituto di fisica nucleare di San Pietroburgo, Takashi Nakano (1964-vivente), dell'Università di Osaka, in Giappone. Altrettanto misteriosa una particella scoperta nel 2009 da un team di scienziati italiani, al lavoro presso lo Stanford Linear Accelerator Center, in California. Qui è stata evidenziata la particella Ds (2317), appartenente alla superfamiglia dei mesoni, microstrutture della materia rappresentate da un quark e un antiquark. In questo caso il riferimento è, dunque, a un atomo formato da un antiquark più leggero, l'antiquark strange, in orbita attorno al quark più pesante charm: qualcosa che prima d'ora non era mai stato visto.
E le sfide del futuro? Sono ancora tutte da scrivere. Uno degli obiettivi principali dei fisici, a parte l'identificazione del bosone di Higgs, è approfondire la natura dei neutrini, particelle elementari con una massa da 100mila a 1 milione di volte più piccola di quella dell'elettrone. Lo scorso anno, intanto, si è giunti a un importante risultato presso i laboratori del Gran Sasso: gli esperti hanno, infatti, rilevato e misurato le caratteristiche di alcune particelle provenienti dal sole, verificando la loro capacità di oscillare fra due stati differenti, muonico e tauonico. Da qui, fra le altre cose, si potrà partire per comprendere i misteri della materia oscura, che occupa gran parte dell'universo.


Elettrone
È la prima particella a essere scoperta. Joseph John Thomson la evidenzia osservando i raggi catodici, sensibili ai campi elettrici e magnetici e assimilabili a particelle cariche negativamente. La sua massa è pari a circa 1/1836 di quella del protone.

Protone
È una particella dotata di carica elettrica positiva, con una massa vicina a quella del neutrone. La scopre Ernest Rutherford, anche se era già stata intuita anni prima dal fisico tedesco Eugene Goldstein. Un protone è composto da tre quark, due up e un down.

Neutrone
Particella subatomica priva di carica elettrica, con una massa leggermente superiore a quella del protone. Costituisce con quest'ultimo il nucleo degli atomi. Un neutrone, fisicamente classificato fra i barioni, è costituito da due quark down w un quark up.

Neutrino
Particella elementare caratterizzata da una massa da 100mila a 1 milione di volte inferiore a quella dell'elettrone. Viene battezzata da Enrico Fermi. Non ha carica elettrica e interagisce con la materia solo attraverso la forza di gravità e la forza nucleare debole.

Antineutrone
Viene identificata nel 1956 tramite esperimenti di collisione protone-protone presso il Lawrence Berkeley National Laboratory. Come il neutrone non ha carica elettrica, ma a differenza di quest'ultimo è composta da antiquark. È una fra le particelle più difficili da osservare.

Quark down
Viene detto quark di prima generazione con una carica elettrica negativa e una massa compresa fra i 3,5 e i 6 MeV (megaelettrovolt). Appartiene alla famiglia dei fermioni, distinta da quella dei bosoni per obbedire al cosiddetto “Principio di esclusione di Pauli”.

Quark up
È il quark più leggero in assoluto, la cui massa, però, non è ancora stata identificata con precisione. Interagisce tramite la forza nucleare forte, caratteristica che l'accomuna a tutti gli altri quark. È un costituente fondamentale dei nucleoni, particella subatomica del nucleo atomico.

Bosoni W e Z
Sono particelle elementari mediatrici della forza nucleare debole. Esistono due tipi di bosone W, rispettivamente con carica elettrica negativa e positiva. Il bosone Z, invece, è neutro. Entrambi hanno un peso considerevole, circa cento volte quello del protone.

Quark top
Particella scoperta nel 1995 presso il Fermilab di Chicago. Fra le particelle elementari è la più massiva, assimilabile al peso del nucleo atomico dell'oro. Decade quasi esclusivamente in un bosone W e un quark bottom.

Mesone esotico
È costituito da una coppia di quark e da una coppia di antiquark. La sua esistenza viene ipotizzata per la prima volta negli anni Settanta, ma viene confermata solo nel 1997. La prova è stata ottenuta tramite test effettuati fra particolari mesoni e un bersaglio di idrogeno liquido.

Pentaquark
Particella subatomica rappresentata da cinque quark, quattro quark in coppie dette diquark e un antiquark. Non tutti gli scienziati, però, sono convinti della sua esistenza. Nell'esperimento noto come g11 eseguito in USA si è cercata invano la conferma del pentaquark, inviando raggi gamma su un bersaglio di protoni.

Particella X
È l'ultima della lista, ma non ha ancora un nome. È stata individuata un mese fa presso il Fermilab di Chicago. Secondo gli esperti è simile al bosone di Higgs, ma è più pesante. Potrebbe rappresentare una nuova forza della natura.

giovedì 9 giugno 2011

I neandertaliani del Polo Nord

Alcuni strumenti di selce ritrovati

Scoperto un tesoro della preistoria presso Bizovaya, sulle colline pedemontane degli Urali polari. I ricercatori francesi del Centro nazionale ricerche (CNSR), riferiscono di una sorta di cassetta degli attrezzi con oltre trecento utensili di pietra risalenti a 33mila anni fa, e appartenuti a un clan di neandertaliani. Grazie a questo ritrovamento si ha la prova che l'uomo di Neandertal si spinse molto più a nord di quanto pensato finora, fino a lambire il circolo polare artico. Gli oggetti ritrovati sono riconducibili al cosiddetto periodo musteriano, risalente al Paleolitico medio, e compreso fra 30mila e 130mila anni fa.


Il cammino neandertaliano

mercoledì 8 giugno 2011

A caccia di equiseti


A spasso per i campi di Piancada, ho avuto l'opportunità di vedere, in questi giorni, numerosi equiseti. Sono fra i vegetali più antichi, risalenti al Devoniano, circa 350 milioni di anni fa. Sono particolarmente affascinanti, per via di una morfologia assolutamente peculiare, ben differente dalle piante “moderne”. Rispetto alle angiosperme, le piante con fiore, sono molto più primitivi, non hanno organi sessuali distinti e si riproducono tramite le spore, come accade nei muschi e nelle felci, anch'essi noti per la loro ancestralità. La germinazione delle spore, aploidi, porta allo sviluppo di un protallo sessualmente differenziato, maschile o femminile, che può rimanere nel terreno per vari anni. In seguito si originano i gametofiti – maschili o femminili – rispettivamente con anteridi e archegoni. A tal punto il gamete femminile contenuto nell'archegone (l'oosfera), attende la fecondazione da parte di un spermatozoide (o gamete maschile cigliato, prodotto dall'anteride giunto a maturità), per dare vita a un nuovo sporofito; così si giunge al fusto di equiseto che tutti conosciamo con la sua tipica forma allungata e scanalata, da cui dipartono numerose foglie, le microfille. L'equiseto si trova un po' ovunque, fuorché in Antartide e in Australia. Ne esistono una ventina di specie, alcune impiegate anche in ambito medico e industriale.

Il ciclo riproduttivo dell'equiseto

lunedì 6 giugno 2011

Un robot risolve in dieci secondi il cubo di Rubik

Anch'io so fare il cubo di Rubik. I passaggi per la risoluzione del famoso gioco me li porto dietro dalle scuole elementari: non ricordo più chi me li ha insegnati, tuttavia, ancora oggi, riesco a raggiungere in breve tempo le sei facce colorate, suscitando invidie e meraviglia. Ma da quando facevo io le elementari di anni ne sono passati, e così oggi non sono più solo degli ex bimbi ormai genitori a districarsi con uno dei rompicapi più celebri della storia, ma anche i computer. Un robot di nome Ruby è infatti riuscito in questi giorni a risolvere il cubo di Rubik in poco più di dieci secondi. Ecco la prova:

mercoledì 1 giugno 2011

Cioccolato, uova e popcorn. E il forno a microonde fa il boom


Anni Quaranta, Stati Uniti. Percy Spencer è un comune impiegato della Raytheon, fra le maggiori aziende produttrici di oggetti elettronici. L'uomo si occupa di magnetron per apparati radar, valvole termoioniche ad alta potenza, utilizzate per la produzione di microonde. Per caso, un giorno, mentre traffica con un nuovo strumento che potrebbe tornare utile all'industria militare, dimentica acceso un radar. In seguito si accorge che la tavoletta di cioccolato che ha in tasca s'è completamente liquefatta. Cos'è accaduto? Spencer non impiega molto a capirlo: il calore sprigionato dalle microonde ha sciolto l'alimento, rendendolo immangiabile. Immediatamente comprende il valore della scoperta, ma occorrono altri test per provare la reale efficacia delle microonde, nell'ambito della preparazione alimentare. Conduce i successivi esperimenti sui popcorn verificando che, in effetti, è questa la strada giusta per dar vita a un'oggetto rivoluzionario che consenta di preparare qualcosa da mangiare in pochi minuti. Convoca i colleghi e procede con le dimostrazioni, questa volta utilizzando le uova. Salta tutto per aria, impiastrando le facce dei presenti, ma ottiene così la prova definitiva dell'efficienza della sua fortuita trovata: il forno a microonde. Il vantaggio, rispetto agli altri metodi di cottura, è notevole: in una manciata di minuti, infatti, si possono scongelare cibi surgelati e cuocerli all'istante. Nel 1946, grazie alla scoperta casuale di Spencer, la Raytheon brevetta il processo di cottura tramite microonde e l'anno successivo sviluppa ufficialmente il primo forno per il mercato. Lo battezzano Radarange. Ha ben poco a che vedere con i prodotti odierni, tuttavia è in grado di assolvere benissimo il suo dovere, e soprattutto stuzzicare l'interesse dell'opinione pubblica. Alto quasi due metri e pesante 340 chilogrammi, basa la sua azione su un sistema di raffreddamento ad acqua, producendo una potenza di 3kW, il triplo di quella mediamente prodotta dai forni di oggi. La Raytheon si arricchisce di colpo e arriva ad acquisire la Amana, azienda dell'Iowa specializzata nella produzione di elettrodomestici. Da qui parte il raffinamento del prodotto, che diviene sempre più piccolo e maneggevole. La Litton Industries acquista da Studebaker gli spazi Franklin Manufactering per la produzione in grossa scala di forni a microonde, prendendo spunto dal Radarange: è il prototipo del forno moderno, analogo a quello che oggi quasi tutti ospitiamo nelle nostre case. Esposto per la prima volta a una fiera di Chicago, l'elettrodomestico diviene uno strumento indispensabile in tutte le case degli americani. Negli anni Settanta il boom definitivo con la diffusione capillare del forno a microonde resa possibile dal calo sensibile dei prezzi, dovuto a un ridimensionamento dei materiali impiegati per la sua fabbricazione. In Italia giunge negli anni Ottanta, un po' in ritardo rispetto agli altri paesi europei, per via di alcune prese di posizioni riguardo la sua potenziale pericolosità per la salute: ancora oggi si sente parlare dei rischi che corre chi si nutre regolarmente con piatti scaldati al microonde, anche se non hanno ancora avuto conferme ufficiali.