mercoledì 24 aprile 2013

L'Atlantide dell'Adriatico


Anche il Mar Adriatico ha la sua città di Atlantide. Lo affermano numerosi abitanti di Gabicce mare e di Cattolica, da anni alle prese con pescatori e turisti che sostengono trovare i resti di un'antica civiltà nei pressi della foce del fiume Conca, antico "Crustumium". In questo punto di mare sarebbero visibili anche dall’alto alcune macchie scure, teoricamente riconducibili alle rovine di una città del passato. La leggenda narra che al largo di Gabicce un tempo sorgesse un piccolo centro abitato di origine probabilmente greca, che potrebbe essersi chiamato Valbruna o Conca o anche come il fiume stesso, Crustumium. In seguito la città sarebbe stata inghiottita a causa dei continui movimenti tettonici e delle correnti marine, che in questa zona sono particolarmente attivi. L’analisi dei documenti attesta poco o nulla sull’esistenza di una città, o un porto (sicuramente più probabile) al largo dell’Adriatico. E anche gli scienziati per il momento non si pronunciano: anche se c’è chi sostiene che i fondali della zona siano semplicemente ricolmi di rocce particolarmente resistenti all’erosione. Molti geologi però ammettono che un tempo la linea di costa era ben diversa da quella attuale, e che in particolare all’epoca dei romani, essa sorgeva cinquecento metri più al largo. Inoltre il livello del Mar Adriatico era di circa due metri inferiore a quello di oggi. In sostanza è ammissibile supporre che un tempo sorgessero lungo il litorale sul confine tra Marche ed Emilia Romagna delle fortificazioni, che poi per via di semplici movimenti marini di trasgressione, sarebbero state sommerse per sempre, trasformandole nell'Atlantide dell'Adriatico.

sabato 20 aprile 2013

Nuova specie di pipistrello scoperta in Sardegna


Orecchione sardo (Plecotus sardus) è il suo nome di battesimo. La notizia è stata diffusa dagli scopritori Mauro Mucedda ed Ermanno Pidinchedda del Gruppo Speleologico Sassarese (centro per lo studio e la protezione dei pipistrelli in Sardegna) e da Andreas Kiefer e Michael Veith dell’Istituto di zoologia dell’Università di Mainz in Germania. È la 119ma specie di mammifero riscontrata in Italia. È stata individuata attraverso una serie di indagini molecolari basate sull’analisi del DNA. Rispetto agli altri pipistrelli questi ultimi, endemici, presentano delle orecchie molto grandi, lunghe quasi quanto il corpo. Ora si cercherà di studiare le loro abitudini e l’habitat in cui vivono. Le ricerche in tal senso hanno già dato esito positivo nella parte centrale della Sardegna, in particolare nelle zone calcaree del Supramonte di Oliena e di Baunei, e nelle aree boschive ai piedi del Gennargentu. I pipistrelli appartengono all’ordine dei chirotteri. Si trovano in tutte le parti del mondo fuorché al Polo Nord. Sono gli unici vertebrati in grado di volare. La loro attività viene svolta principalmente nelle ore serali. Si nutrono di insetti. Durante il giorno si nascondono in anfratti e luoghi riparati. Possiedono una vista eccezionale e la capacità di produrre ultrasuoni che utilizzano per spostarsi comodamente senza il pericolo di andare a sbattere.

martedì 9 aprile 2013

Intelligente come un pappagallo


Il cervello degli uccelli è molto più sviluppato di quanto non si creda. Lo dicono i ricercatori della Duke University di Durham nel North Carolina. Gli studiosi sono partiti dal presupposto che i sistemi di nomenclatura impiegati nei libri di testo per le mappe cerebrali degli uccelli risalgono a cento anni fa, e non sono quindi più attendibili: in essi, per esempio, si afferma che il cervello di un uccello è composto principalmente da gangli basali e che quest’area controlli funzioni cerebrali primitive e il comportamento istintivo; due considerazioni che Erich Jarvis, a capo dello studio, ritiene assolutamente errate. “Il cervello degli uccelli - commenta Jarvis – assomiglia da vicino a quello umano. Le cosiddette regioni primitive sono in realtà sofisticate e analoghe a quelle dei mammiferi”. A queste conclusioni lo scienziato della Duke University è giunto dopo aver studiato come molti volatili apprendono a cantare o a imitare il linguaggio degli uomini. Inoltre ha appurato che anch’essi (similmente ad animali molto evoluti come gli scimpanzé), sono in grado di utilizzare strumenti, comporre nuovi canti e persino imparare a contare o a mentire. Nello studio divulgato sulle pagine della rivista Nature Reviews Neuroscience sono stati in particolare presi in considerazione i pappagalli. Jarvis ha potuto constatare che questi animali posseggono addirittura il senso dell’umorismo e sono in grado di inventare nuove parole, usare la sintassi e anche insegnare ai propri simili ciò che hanno appreso.

giovedì 4 aprile 2013

Energia dai batteri marini


Impianti elettrici del futuro che, collocati in punti strategici delle profondità marine, funzioneranno grazie alla capacità di microbi geneticamente modificati di generare spontaneamente energia elettrica. È la proposta di un team di ricercatori statunitensi del Naval Research Laboratory di Washington. Essi hanno realizzato una cella a combustibile (in pratica una pila) basandosi sul fatto che esistono in natura batteri in grado di trasformare gli ioni sodio in elettronegatività: in chimica il concetto di elettronegatività di un atomo corrisponde alla misura della sua abilità ad attrarre verso di sé gli elettroni condivisi con un altro atomo allo scopo di formare con esso un legame chimico. Gli esperti, applicando questa caratteristica fisiologica dei microrganismi a semplici elettrodi di grafite, hanno visto che è possibile sfruttare una certa differenza di potenziale elettrico per gli scopi più disparati, come quello concernente il funzionamento di un impianto di illuminazione. In particolare gli scienziati sono intervenuti tramite sofisticati procedimenti di bioingegneria per potenziare l’"appetito" dei microbi, in modo da indurli a nutrirsi con maggiore avidità, e quindi a produrre anche potenze elettriche superiori: allo stato attuale infatti, per far funzionare anche solo una piccola lampadina, sarebbero necessari decine di ettari di fondale marino colonizzato dai microrganismi presi in considerazione. La scoperta degli studiosi di Washington risponde a un altro celebre tentativo di impiegare i batteri per ottenere energia. Il riferimento è in questo caso al lavoro compiuto da ricercatori dell’università del Massachussets – Amherst, che hanno messo a punto una batteria basata sul lavoro di microbi (Rodoferax ferrireducens, isolati dai fondali della Oyster Bay in Virginia), in grado di trasformare in energia elettrica gli zuccheri di cui si nutrono.