martedì 9 febbraio 2016

LA SESTA ESTINZIONE DI MASSA



Con il termine estinzione di massa si intende la scomparsa in un breve periodo di tempo di un numero eccezionale di specie animali e vegetali. Studiando la storia geologica e biologica della Terra sappiamo che dalla nascita del primo organismo vivente si sono avute complessivamente cinque estinzioni di massa, dette famigliarmente dai ricercatori "big five". L'ultima è quella che quasi tutti noi conosciamo e si riferisce alla fine del Cretaceo, con la sparizione repentina del 76% delle specie viventi, fra cui i famosi dinosauri. Avvenne circa 64 milioni di anni fa. Alla luce di ciò preoccupa notevolmente uno studio pubblicato di recente su Nature che indica la possibilità di una sesta estinzione di massa entro il 2200. La causa? L'uomo. Sotto accusa c'è infatti l'uso indiscriminato del territorio, l'inquinamento, la pesca selvaggia, il cambiamento climatico dovuto alla presenza eccessiva di gas serra nell'atmosfera, frutto di operazioni industriali sconsiderate. Nature non parla a caso e fornisce dati concreti. L'attività antropica incide sulla biodiversità con un impatto mille volte superiore a quello riconducibile alle grandi estinzioni di massa. In grave pericolo gli anfibi, destinati a sparire in gran numero entro il 2200: del 41% rimarrà solo un ricordo. Il 25% dei mammiferi e il 13% degli uccelli potrebbero seguire la stessa sorte. Attualmente si stimano quasi 2mila specie di anfibi sull'orlo dell'estinzione, 993 insetti, 1.199 mammiferi, 1.373 uccelli. Per alcune specie può essere questione di anni, per non dire mesi. Esempi eclatanti si riferiscono al leopardo dell'Amur, detto anche leopardo della Manciuria. Abita le regioni nord orientali della Cina e alcune aree della penisola coreana. E' fra i mammiferi più a rischio, essendone rimasti solo trentaquattro esemplari allo stato selvatico. L'axolotl, detta anche salamandra messicana, è in pericolo dal 1800, da quando l'uomo ha iniziato pesantemente a usurpare il suo habitat. E' molto interessante dal punto di vista biologico, perché compie l'intero ciclo vitale allo stadio larvale. A febbraio di quest'anno la National Autonomous University ha lanciato l'allarme, sostenendo che l'animale è sparito quasi ovunque. Discorso simile per il lupo rosso, fra i pochi mammiferi sopravissuti alla glaciazione wurmiana: allo stato brado resistono solo cento esemplari reintrodotti in America negli anni Ottanta, quando il canide era stato definito ufficialmente estinto. Per quanto riguarda l'Italia si teme il destino di animali come la lontra, già sparita dalle regioni centrali del Belpaese e il capovaccaio, piccolo avvoltoio dell'Europa meridionale, ridotto sul nostro territorio a una decina di coppie. E si potrebbe andare avanti all'infinito. Nature punta dunque il dito sulla nostra specie che per i propri interessi "violenta" ampie aree naturali appannaggio di specie in condizioni già critiche: «La biodiversità a livello globale sta drasticamente peggiorando», racconta Derek Tittensor, ecologista marino del United Nations Enviroment Programme World Conservation Monitoring Centre di Cambridge. Soluzioni? Avanti di questo passo non ce ne sono. E' infatti necessaria una forte presa di posizioni da parte di enti governativi, sociali e ambientali, che si prodighino concretamente per la salvaguardia delle specie a rischio. Le politiche di conservazione potrebbero arginare i rischi, ma non risolverli del tutto. C'è altresì la possibilità che l'uomo abbia raggiunto una sorta di punto di non ritorno, tale per cui si può migliorare qualcosa, ma non risolvere completamente i tanti problemi legati all'ambiente e a quella che si prospetta, appunto, la sesta estinzione di massa. Attualmente il tasso annuale di estinzione delle specie viventi è compreso fra lo 0,01% e lo 0,7% . Un numero, purtroppo, ancora troppo alto. Che desta ancora più preoccupazione se si pensa che negli ultimi 35 anni la popolazione mondiale è raddoppiata. A discapito di molte specie di invertebrati (farfalle, ragni, vermi), calati complessivamente del 45% e vertebrati che, dal 1500 a oggi, sono rappresentati da 320 specie in meno.