lunedì 28 aprile 2014

Sogni maschili e femminili, le differenze


Una ricerca condotta a Oxford qualche anno fa mostrava, da un punto di vista anatomico, le differenze riscontrabili fra il cervello maschile e quello femminile. Nella donna è più sviluppata l'area del linguaggio e dell'intuizione, nell'uomo quella concernente l'attività motoria. Il cervello maschile possiede il maggior numero di sinapsi (aree di collegamento fra le cellule del cervello) e uno spessore più marcato della corteccia; ma nella donna il "cablaggio" neuronale funziona meglio, mettendo più facilmente in contatto i due emisferi. Altre differenze sono state evidenziate dal punto di vista fisiologico, con ripercussioni su carattere, umore ed evoluzione di patologie legate all'ansia e alla depressione (nelle femmine molto più frequenti). Uomini e donne vivono dunque su pianeti distinti e un'ulteriore conferma si ha oggi da uno studio condotto presso l'Università di Montreal, in Canada, dal quale emerge che sesso forte e debole sognano anche in modo diverso.
572 persone coinvolte nel test e invitate a redigere un diario quotidiano, hanno permesso ai ricercatori di mettere in luce i temi ricorrenti dei sogni nei due sessi, con un occhio di riguardo per gli episodi più "terrificanti". E' emerso che quando l'uomo è vittima di un "brutto sogno" ha soprattutto a che fare con terremoti, inondazioni, conflitti a fuoco; la donna con problemi interpersonali, litigi, e incomprensioni. E' un retaggio evolutivo. Dalla notte dei tempi, infatti, l'uomo ha il compito di valere soprattutto dal punto di vista fisico, dimostrando di sapere proteggere il nucleo familiare da calamità naturali e scontri con altri individui, la donna da quello "sentimentale". «Senza dubbio vi possono essere differenze fra i sogni maschili e quelli femminili», racconta Luca Ambrogio, primario neurologo dell'Ospedale di Cuneo, «partendo dal presupposto che i sogni hanno un elevato contenuto emotivo, e che la sensibilità femminile è più spiccata di quella maschile». L'uomo inoltre sogna di volare, raggiungere mondi fantastici e irreali, la donna di essere attaccata da un animale feroce o pedinata. Entrambi fanno sogni a sfondo sessuale - compreso quello di ritrovarsi a vestire i panni di un individuo dell'altro sesso - ma nell'uomo sono più frequenti.
Ma quanto reali e attendibili possono essere considerati i risultati ottenuti dall'equipe canadese? «La verità è che abbiamo una conoscenza formale e non sostanziale dell'attività onirica, di fatto allucinatoria e caotica», continua Ambrogio. «In genere si ricorre a un diario per annotare i sogni, tuttavia quello che ricordiamo è solo l'ultimo o quello sviluppatesi in concomitanza con il risveglio. Comporta un limite qualitativo e quantitativo dell'esperienza maturata nel sonno, per cui si rischia di valutare solo in parte il reale contenuto onirico». Ecco perché, ancora una volta, è lo stesso Freud (capostipite delle ricerche sui sogni) a vacillare. «Anche la teoria freudiana, infatti, rischia di cadere di fronte a queste indicazioni della scienza moderna», prosegue Ambrogio. «Di fatto lo scienziato austriaco aveva basato i suoi studi sui classici ricordi onirici, che però possono essere fuorvianti e limitati». La ricerca di Montreal ha anche permesso di valutare la differenza fra un incubo vero e proprio e un "brutto sogno". Solo nel primo caso, infatti, si possono avere gravi ripercussioni sulla quotidianità, con compromissione definitiva del sonno e uno stato di allerta costante che si ripercuote sulla salute generale.

mercoledì 9 aprile 2014

Malati di deja-vu cronico


Come è noto la sensazione di aver già vissuto un certo evento prende il nome di deja-vu. Ma fino a oggi si pensava che potesse riferirsi solo a brevissimi istanti, secondi. Ora invece si scopre che c’è anche chi soffre di déjà–vu cronico. Ovvero di "flash temporali" che possono durare anche un’intera giornata. Il fenomeno è stato analizzato per la prima volta da un team di studiosi dell’Institute of Psychological Sciences dell’University of Leeds su due individui: il primo affetto da demenza, il secondo, da una patologia del lobo temporale. In entrambi i casi si è avuto a che fare con soggetti che avevano rifiutato degli incontri perché arciconvinti di averli già avuti. “Un signore non voleva venire in clinica a farsi visitare perché sosteneva di esserci già stato, anche se era impossibile", ha rivelato Chris Moulin a capo della ricerca. Secondo gli scienziati la comprensione dell’esistenza del déjà–vu cronico può aiutare a risolvere alcune patologie mentali. “Finora abbiamo completato la storia naturale di questo fenomeno, abbiamo sviluppato un test diagnostico e le corrette domande cliniche da porre ai pazienti. Il prossimo passo sarà ovviamente trovare dei trattamenti efficaci contro questa patologia invalidante”. Il termine déjà-vu (letteralmente “già visto”) venne introdotto dallo psicologo F. L. Arnauld nel 1896. Contrariamente a quello che si può pensare, sono esperienze molto diffuse. Un sondaggio Gallup del 1991 ha mostrato che il 56% degli americani adulti ha provato tale esperienza. La psicoanalisi spiega il fenomeno del déja-vu in termini di inconscio. In pratica riaffiorerebbero alla coscienza dei ricordi o pensieri repressi. Il soggetto avrebbe realmente vissuto l’esperienza in questione ma, anziché un ricordo cosciente, riaffiorerebbe soltanto una vaga sensazione di familiarità. 

sabato 5 aprile 2014

L'intelligenza dei corvi (o di un bimbo di 7 anni)


Gli manca solo la parola. E' la classica frase che accompagna il commento su un cane che vive insieme al suo padrone da anni, in un rapporto simbiotico che sembra non presentare differenze con quello che si instaura, per esempio, con un coniuge o un figlio. E non è del tutto errata se è vero che, di norma, l'intelligenza di un quattro zampe è riconducibile a quella di un bimbo di due anni; piccolo, certo, ma già in grado di provare sentimenti e riconoscere fatti e persone. In realtà, c'è un animale ancora più intelligente, che di rado coinvolge il nostro immaginario: il corvo della Nuova Calidonia (Corvus moneduloides), già noto per essere l'unica specie non appartenente ai primati in grado di utilizzare strumenti e oggetti per ottenere benefici. La ricerca pubblicata pochi giorni fa su PLOS ONE dice che l'uccello è in grado di "ragionare" su una serie di cilindri contenenti acqua, sulla cui superficie giacciono larve di insetto, di cui il volatile è ghiotto. Si è, infatti, visto che l'animale intuisce la necessità di dover alzare il livello del liquido per poter giungere a cibarsi della leccornia. E che per compiere l'operazione non sceglie a caso fra i vari strumenti che gli sono messi a disposizione, ma utilizza quelli più pesanti, dei sassolini per esempio, capaci di occupare parte del volume del liquido e incrementare, quindi, il livello all'interno del contenitore. Gli esperti ritengono che una simile prerogativa sia assimilabile a quella di un bambino di età compresa fra i 5 e i 7 anni. Sara Jelbert dell'Università di Auckland è convinta dell'arguzia dei corvi della Nuova Caledonia e parla senza mezzi termini di "risultati sorprendenti". E aggiunge che l'intelletto animale è un mondo ancora tutto da esplorare, e che molto probabilmente fino ad oggi abbiamo sottostimato le potenzialità intellettive delle specie che ci circondano. Comprese quelle con cui, come nel caso del corvo, raramente veniamo in contatto. Anche perché evitiamo appositamente di farlo. Esempio classico, i topi. Ne stiamo vivamente alla larga, eppure posseggono un intelletto sopraffino. Un sistema di comunicazione molto efficiente, appannaggio delle specie più evolute, e una rigida gerarchia, con figure che capeggiano e altre che soccombono alla famiglia. Non mancano casi di mobbing, in cui un esemplare viene volutamente tenuto lontano dalla "comunità", in certi casi fino a farlo perire di stenti. Se c'è da abbuffarsi di un formaggino, sono capaci di tutto: centrare un canestro, contare monetine, e addirittura scivolare su un mini skateboard. Poco conosciute anche le performance del cosiddetto "cervellone degli abissi". Il polpo, al di là della sua innata capacità di cambiare colore per sfuggire ai predatori e di autoripararsi un tentacolo ferito, è in grado di aprire bottiglie e barattoli contenenti gamberetti, trovare la via giusta per uscire da un labirinto, svitare una valvola idraulica (senza però accorgersi che lo svuotamento di una bacino decreterebbe la sua condanna a morte). Lo scettro della massima intelligenza animale, però, spetta ai mammiferi più progrediti, specie come gli elefanti, le scimmie, i delfini. Recentemente s'è visto che i pachidermi sono in grado di provare sentimenti tipicamente umani come l'empatia, la pietà, la solidarietà. Fra le scimmie, scimpanzé e gorilla, sono i più dotati, arrivando a sviluppare un'intelligenza analoga a quella di un bimbo di 4-5 anni, similmente a ciò che accade nei delfini, capaci perfino di esprimersi romanticamente, organizzarsi per il futuro, e aiutare persone in difficoltà. 

martedì 1 aprile 2014

Consolide agratesi


Una bellissima colonia di consolida maggiore (Symphytum tuberosum) è spuntata a pochi metri da casa mia, in un fazzoletto di terra circondato da auto parcheggiate; credo sia la prima volta che accade, poiché da anni tengo d'occhio il prato in esame e i fiori che ogni primavera vi spuntano. E' una pianta vigorosa, superba, piena di vita. Riconoscibile per i fiorellini giallo pallidi e per le foglie pelose e picciolate. Originaria dell'Europa meridionale, sta bene all'ombra, in terreni umidi… 

Eni cyberspaziale


La prima impressione che si ha indossando gli occhiali forniti dai tecnici dell'Eni e varcando la soglia della cosiddetta "aula Cave", in funzione da pochi mesi, è quella di vivere una sorta di esperienza extracorporea, in cui si ha a che fare con un mondo "vivo e pulsante", ma assolutamente virtuale. Proprio come accade nel cinema o in certi romanzi di fantascienza. E come hanno nei decenni auspicato figure passate alla storia come Jaron Lanier, inventore del termine "virtual reality" e William Gibson, coniatore di "cyberspazio". Ci si muove in un'area di circa sette metri quadrati, circondati da cinque pareti (di cui quattro retroproiettate), interagendo con strutture fisicamente percepibili, ma del tutto inesistenti; grazie anche a speciali pantofole che registrano i movimenti, permettendo di vivere in 3d, e analizzare nei dettagli una strada, un albero, un parcheggio, e a software studiati appositamente per conferire il massimo realismo alla scena. E' uno dei risultati più interessanti ottenuti dall'Eni, all'indomani dello stanziamento di 90 milioni di euro per implementare una nuova classe di professionisti, perfettamente al passo coi tempi e le esigenze del mercato; che sappia destreggiarsi non solo dal punto di vista teorico, ma anche pratico. «Si tratta di un’affascinante e divertente immersione nella realtà virtuale, che stimola e facilita l’apprendimento e costituisce una fase propedeutica alla reale azione sugli strumenti di controllo degli impianti industriali», spiega Gianluigi Castelli, Vice President ICT di Eni. L'aula Cave è un luogo di esercizio, uno spazio virtuale "immersivo" e stereoscopico, che consente di interfacciarsi con scenari simulati che riproducono ambienti reali, stuzzicando i sensi, in particolare la vista. Piattaforme petrolifere, trasporto di greggio, colonne di distillazione, pozzi di perforazione, benzinai, prenderanno vita tramite schermi retroproiettati, consentendo agli ingegneri di comprendere dinamiche meccaniche altrimenti impossibili da decifrare, se non sul posto di lavoro, spesso lontanissimo da casa. «Lo scenario visualizzato nella Cave», continua Castelli, «viene costantemente ricostruito dinamicamente in funzione della posizione e del movimento della persona all’interno dell’ambiente, creando una vera e propria sensazione di immersività». I primi a usufruire di questo servizio saranno i neo progettisti e gli operatori degli impianti delle società del gruppo, con corsi in cui l'attività pratica occuperà un ruolo prioritario. Ma potranno utilizzarla anche figure già rodate, intente allo sviluppo di progetti innovativi, e alla preparazione di nuovi materiali o prodotti. L'esperienza Eni è l'ennesimo traguardo raggiunto nel campo della realtà virtuale, che sempre più spesso è impiegata in ambito industriale, dalla medicina, all'ingegneria navale, dall'industria miliare, alla microbiologia. Non è dunque lontano il giorno in cui, come dice Morpheus, capitano della città di Zion, nel film Matrix, "non sapremo più distinguere il mondo dei sogni da quello della realtà". 

I rifornimenti del futuro: 

Una stazione di servizio iper-tecnologica, dove fermarsi a fare benzina in modo rapido e sicuro: è la prima simulazione realizzata con successo nell'aula Cave. Fra pochi anni potrebbe già essere operativa, a San Donato Milanese e a Roma. Si tratta di un'area di rifornimento dotata di numerosi strumenti hitech, pensati per rendere agevole ogni operazione svolta dal benzinaio. Per arrivare a questo risultato i tecnici dell'Eni hanno percorso in lungo e in largo l'Italia nel 2013, evidenziando gli aspetti meno simpatici legati alle stazioni di servizio tradizionali, tipo quello di dover spendere parecchio tempo prima di rifornirsi, perché manca l'addetto alle pompe o il bancomat non funziona. La stazione di servizio del futuro funzionerà grazie all'energia pulita. Si otterrà da una serie di pannelli fotovoltaici posti sul tetto della struttura, disposti in modo esagonale per ottimizzare gli spazi (proprio come fanno le api quando costruiscono un alveare o i fiocchi di neve quando si formano). Altra energia deriverà dalle pale eoliche, poste nelle vicinanze dell'area di rifornimento e da "tappeti hitech", in grado di "assorbire" e trasformare l'energia cinetica dei veicoli. Grande importanza avranno i bracci robotici che si sostituiranno agli arti del benzinaio, e consentiranno di riempire il serbatoio senza scendere dall'auto. Il pagamento sarà semplificato dall'impiego di un'app connessa alla carta di credito (e dunque di uno smartphone) che permetterà passaggi di denaro senza dover utilizzare i contanti o il bancomat. Il servizio si baserà su sistemi di riconoscimento tramite cellulare, lettura della targa e chip che permetteranno al cliente di muoversi verso la pompa di benzina libera più adatta alla sua tipologia di macchina.