Si trova a 4.500
milioni di chilometri dal sole e sulla sua superficie la temperatura oscilla
costantemente fra i -230 e i -210 gradi centigradi. Gli orbitano intorno cinque
piccole "biglie" rocciose, la più nota delle quali prende il nome dal
famoso traghettatore dell'Ade, Caronte. Sono questi i numeri più significativi del
nono corpo del sistema solare, un tempo giudicato un pianeta a tutti gli
effetti, declassato nel 2006 a pianeta nano. Di Plutone, però, si è sempre
saputo pochissimo per via dell'enorme distanza dal "cuore" del
sistema solare e per le sue minuscole dimensioni, inferiori perfino a quelle
della Luna. Fino a ieri. Oggi, infatti, sono arrivate le prime immagini del
pianeta nano, grazie alla sonda statunitense New Horizons che è giunta ad
appena 12mila 500 chilometri dalla superficie del corpo celeste, sì e no la
distanza che separa il Nord Africa dal Nord Europa; un'inezia in termini
astronomici.
«Possiamo
finalmente studiare la geologia di Plutone», rivela Curt Niebur, della Nasa,
«soffermandoci sulle aree più intriganti dell'oggetto celeste, come quella
della "coda della balena"». E' una zona particolarmente scura della
superficie, che potrebbe suggerire una geologia peculiare e un dinamismo
roccioso tutt'altro che scontato. Non è solo questo punto a incuriosire, ma
anche un ampio territorio che richiama le fattezze di un cuore. Si sviluppa per
circa 2mila chilometri, è di colore biancastro, e al momento è impossibile
spiegarne l'esatta natura.
«Il pianeta
presenta superfici molto diverse fra loro», conferma John Grunsfeld, astronauta
della Nasa, sostenuto da Amanda Zangari, ricercatrice del Southwest Research
Institute, che arriva addirittura a ipotizzare che in un punto sia possibile
"ricostruire" i lineamenti di Pluto, il cane della Disney. Forse un
altro esempio di prosopagnosia, l'attitudine umana a vedere volti dove non ci
sono. Più prosaico il parere di Charles Krauthammer, Premio Pulitzer del
Washington Post, secondo il quale «nonostante i recenti fallimenti della razza
umana, c'è ancora l'ambizione di raggiungere i più grandi obiettivi».
A capo del
progetto ci sono i tecnici della Johns Hopkins University di Laurel, nel
Maryland, che ieri hanno potuto alzare le mani al cielo dopo nove anni di attesa.
Tanto è infatti il tempo che separa il traguardo di oggi, dalla partenza della
sonda avvenuta il 19 gennaio del 2006. Un vero miracolo dell'ingegneria
spaziale, in grado di percorrere 14 chilometri al secondo. E' stata lanciata il
19 gennaio del 2006 dalla base di Cape Canaveral, con a bordo le ceneri dello
scopritore di Plutone, Clyde W. Tombaugh. E da domani inizierà a spedire
informazioni alla Terra. Cosa interessa di Plutone?
La sua
superficie, di cui si può già intuire qualcosa, ma anche la sua atmosfera, che
si suppone sia rappresentata perlopiù da monossido di carbonio, azoto e metano.
Si verificherebbe peraltro un fenomeno particolare, l'opposto di quel che
accade su Venere (e sulla Terra), una sorta di effetto serra al contrario. Così
si giustificherebbero le bassissime temperature, dovute a repentine
trasformazioni dallo stato solido a quello gassoso.Si intende anche
capire qualcosa di più della relazione che intercorre fra Plutone e Caronte,
una specie di sistema planetario binario, dovuto a uno scontro avvenuto 4,5
miliardi di anni fa con un corpo della fascia di Kuiper; similmente a ciò che
accadde fra la Terra e la Luna. E dopo questo traguardo New Horizons si spingerà
verso i confini più estremi del sistema solare, oltre la stessa fascia di
Kuiper, puntando gli occhi sul mistero della nube di Oort, da dove provengono
le comete. «Non vedo l'ora di conoscere le numerose informazioni che avremo a
disposizione fra poco tempo», dice il grande astrofisico Stephen Hawking,
«grazie alla storica missione New Horizons».
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