Lo scorso anno l’ONU
ha reso noto che, a livello mondiale, nel 2021 si è assistito a un incremento
degli eventi estremi del 65%. Dati simili si registrano in Italia, per quel che
riguarda fenomeni come alluvioni, frane, bombe d’acqua, valanghe di neve e di ghiaccio.
L’episodio che ha contraddistinto l’altro ieri la Marmolada, di fatto, è stato
preceduto da altri casi, tutti più o meno riconducibili ad effetti di natura
climatica. A maggio una frana di ghiaccio ha interessato il massiccio del Monte
Bianco. A 3.400 metri, sul Gran Combin, il crollo improvviso di seracchi ha provocato
la morte di due alpinisti e il ferimento di nove persone. Stesso mese, nel
gruppo del Brenta, versante est del Monte Daino, si è staccata una frana di
eccezionali dimensioni, con blocchi rocciosi di 120 metri cubi. Il 30 luglio
2020 un evento estremo ha coinvolto una delle montagne più rappresentative
d’Italia: il Cervino. Un maxi crollo della parte sud, fortunatamente opposta a
quella che gli alpinisti percorrono abitualmente per raggiungere la cima del
rilievo, facendo tappa alla famosa Capanna Carrel. Giorno di San Stefano 2019,
sul Monviso, importante frana a 3.300 metri di quota, crollano due torrioni
rocciosi della parete nord. Zona sensibile, nel 1989 ci fu un distacco di detriti
in corrispondenza del ghiacciaio superiore di Coolidge, una valanga di ghiaccio
del tutto assimilabile a quella della Marmolada; che, solo per caso, non
provocò vittime. Nel 2007, la volta di un’anticima delle Tre Cime di Lavaredo,
sessantamila metri cubi di roccia, una torre di cento metri si è polverizzata
nel giro di pochi minuti. Nel 1996 una comitiva di turisti è travolta da una
frana di ghiaccio in corrispondenza del Miage, un lago alpino della Val Veny. I
detriti precipitano nel bacino lacustre sollevando un’onda di quasi tre metri. Eventi
estremi che fanno meno notizia, ma contribuiscono a rendere i ghiacciai sempre
più pericolosi, possono essere ricondotti alla cosiddetta “neve rosa”. Fenomeno
dovuto alla proliferazione dell’alga Ancylonema nordenskioldii, vegetale che ha
recentemente coinvolto il ghiacciaio del Presena e quello del Passo Gavia in
Italia, quello del Morteratsch, in Svizzera. Cambiando colore, il ghiaccio
assorbe maggiormente i raggi del sole, provocando lo scioglimento della superficie
glaciale. Responsabili degli eventi estremi? Probabilmente il clima che cambia.
E’ vero, si sono sempre verificati, ma il problema di oggi è che capitano
troppo spesso. E l’innalzamento medie delle temperature può senz’altro favorire
il loro sviluppo. I ghiacciai possiedono un equilibrio specifico e la danza
secolare fra la zona di ablazione e quella di accumulo assicura la loro
stabilità. Quando la colonnina del mercurio cresce questo equilibrio viene meno,
provocando la formazione di crepacci e seracchi, strutture glaciali impossibili
da controllare.
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