Parlando di Charles Darwin si finisce sempre per affrontare temi di natura antropologica ed evolutiva. In realtà Darwin era innanzitutto un grande osservatore dei fenomeni naturali, e in particolare di quelli vegetali. Da qui l'idea che lo scienziato, contrariamente all'opinione dell'immaginario collettivo, fosse innanzitutto un botanico. La vita del celebre biologo può essere suddivisa in periodi ben precisi: il primo (anni '40), dedicato perlopiù alla geologia; il secondo (anni '50), alla zoologia; il terzo (anni '60), alla botanica; il quarto (anni '70), all'antropologia. Ma se si fa un raffronto fra le opere “botaniche” e quelle relative alle altre discipline si scopre che gli studi botanici sono quelli che hanno occupato maggiormente la vita di Darwin. La sua biografia, del resto, è ricca di riferimenti al mondo dei vegetali, fin dalla tenera età. Un primo esempio risale al 1816, quando il piccolo Charles è ritratto al fianco di una lachenalia, un'appariscente e coloratissima pianta bulbacea. La sua passione per le piante è dimostrata anche dall'avventura a bordo del Beagle, la nave con cui fa il giro del mondo e gli consente di elaborare la sua famosa teoria della selezione naturale. Alle Galapagos, in particolare, si sofferma sulle fanerogame, dette anche spermatofite, super-divisione tassonomica a cui appartengono le piante vascolari caratterizzate dalla presenza di organi floreali; è qui che gli sorge l'unico dubbio che non è mai riuscito a risolvere nel corso della vita: come e perché si differenziano le angiosperme, vale a dire le piante con fiore? Prova l'amore di Darwin per le piante anche il fatto che durante la sua esistenza conosce e frequenta con piacere molti botanici come John Stevens Henslow e Robert Brown. Il primo, laureato a Cambridge, si occupa anche di geologia, e contribuisce non poco all'evoluzione del pensiero darwiniano; il secondo diviene famoso soprattutto per il “moto browniano”, riferito a piccolissime particelle presenti nei vacuoli delle piante, che si muovono freneticamente. Un altro parametro considerato dai biografi per stabilire che Darwin fosse innanzitutto un botanico, riguarda la sua vasta produzione scientifica, che, contro ogni previsione, è rappresentata soprattutto da “trattati” di fisiologia vegetale: sono undici, di fatto, le sue opere totali, di cui sei esplicitamente dedicate alle piante. Osserva i vegetali anche per approfondire il mondo animale. Per esempio concentrandosi su un'orchidea del Madagascar arriva a concludere che devono esistere insetti con una “proboscide” particolarmente sviluppata, per recuperare adeguatamente il nettare presente in fondo al fiore: in seguito, nuove ricerche, confermano che gli esapodi ipotizzati da Darwin esistono davvero. Fra le sue opere più importanti si ricordano Movement in Plant del 1880 e Fertilisation of Orchids del 1862. Infine, l'“attitudine botanica” del genio evoluzionistico si ritrova anche nella sua opera più famosa, L'Origine delle specie. In questo caso affronta il tema evoluzionistico basandosi su due presupposti vegetali di importanza fondamentale nel mondo biologico: ereditarietà e incroci; e l'argomento acquista ancora più valore se si pensa che al tempo di Darwin non si sapeva nulla della genetica, e quindi dei misteri legati all'informazione contenuta nel DNA. Sicché lo scienziato inglese intuisce che “qualcosa” viene tramandato di generazione in generazione, garantendo la sopravvivenza dell'individuo più forte e adattato. È la prova che, il succo dell'evoluzione darwiniana, cela una profonda conoscenza dell'universo vegetale.
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