venerdì 30 maggio 2014

Amori a prima (s)vista


Siamo abituati all'idea che nel rapporto di coppia siano soprattutto gli "opposti" ad attrarsi. Un luogo comune che fatica a essere scardinato dall'immaginario collettivo. Ma oggi una nuova ricerca mette definitivamente al palo il famoso detto, perché da un punto di vista scientifico parrebbe vero il contrario: che si attraggono, cioè, le persone fra loro più simili, o perlomeno caratterizzate da un Dna affine. Gli scienziati dell'Università della California hanno analizzato il Dna di 800 coppie sposate e l'hanno paragonato con quello di coppie unite fra loro in modo casuale. E' così emerso che solo nelle coppie convolate a nozze si hanno similitudini spiccate fra i rispettivi Dna. Come mai? E' possibile spiegarlo rileggendo le prime pagine della storia dell'evoluzione umana, quando il partner veniva ricercato all'interno della propria etnia; dando così maggiore vigore al significato antropologico e culturale del clan, che più difficilmente finiva per essere contaminato da nuovi paradigmi sociali. Atteggiamento non tanto diverso da quello scaturito in seguito agli amoreggiamenti che fiorivano fino a qualche decennio fa nelle cascine o nei villaggi di mezz'Italia, dove spesso ci si univa in matrimonio addirittura con un cugino (accadde anche a Einstein e Darwin); o a quelli appannaggio delle famiglie più nobili, che si incrociavano fra loro per mantenere "pura" la dinastia. Di sicuro c'è ancora oggi una specie di "subliminale" attenzione nei riguardi di persone che sono più simili a noi; per cui una persona di bassa statura mirerà a un individuo della stessa altezza e un segaligno punterà a una fisionomia altrettanto filiforme. Vale anche per gli hobby, le tendenze artistiche, un certo modo di interpretare le cose e i fatti, il sistema educativo ricevuto, la propensione religiosa. In Italia, peraltro, il fenomeno pare particolarmente evidente. L'Istat nel 2008 ha condotto uno studio su 49mila persone verificando che nel 61% dei casi si punta a un partner con il nostro livello d'istruzione e che condivide gli stessi nostri bisogni affettivi. Così facendo, senza saperlo, selezioniamo il partner più simile a noi, anche dal punto di vista genetico; anche perché inconsciamente assicuriamo alla discendenza gli aspetti fenotipici e genotipici che ci rappresentano di più. La ricerca si contrappone ad altre svolte finora, nelle quali emergeva che l'attrazione fra Dna differenti fosse una prerogativa essenziale dell'essere umano per fronteggiare al meglio le malattie. Secondo vari studi, infatti, l'incrocio fra Dna diversi porterebbe a un rafforzamento del sistema immunitario dei nostri figli, più preparati ad affrontare attacchi da parte di virus, batteri e altri agenti patogeni. La teoria non può essere del tutto screditata, poiché è risaputo che la cosiddetta variabilità genetica è fondamentale per la sopravvivenza di una specie. Una piccola popolazione costretta a vivere in un punto isolato della terra finisce per estinguersi proprio perché il continuo incrocio fra consanguinei conduce a un depauperamento delle "risorse" genetiche. Un po’ il rischio che corre il delfino di fiume amazzone appena scoperto (Araguaian boto), circoscritto a un'area fluviale limitata; e che ha corso l'uomo di Neanderthal, obbligato dall'uomo moderno a chiudersi in nicchie sempre più piccole fino a esalare il suo ultimo respiro 40mila anni fa.