martedì 24 giugno 2014
venerdì 20 giugno 2014
Gialli risolti con l'analisi del Dna
Di sicuro una ventina di anni fa non sarebbe stato
possibile giungere alla soluzione del giallo di Yara, tuttavia dopo 18mila
analisi del Dna e oltre tre anni di ricerche viene da chiedersi se non si
sarebbe potuto procedere più velocemente. Difficile rispondere a questa
domanda, per il semplice fatto che nessuno, a parte gli addetti ai lavori,
conosce il significato preciso di un'analisi del Dna, e in che modo
quest'ultima possa portare a risolvere un caso di questa portata. «In realtà,
andare più in fretta di così, con i mezzi che abbiamo, non sarebbe stato
possibile», spiega Ilaria Boschi, genetista forense dell'Università Cattolica
di Roma, «e tantomeno pensare di procedere senza il coinvolgimento delle tante
persone "esaminate"». Le cose sarebbero potute evolvere diversamente
se fosse esistita una banca genetica contenente il profilo del Dna di tutti
noi, di ogni abitante della bergamasca, della Lombardia e quindi dell'Italia
intera. Ma come ben sappiamo una schedatura genetica di ogni cittadino del Belpaese
non è mai stata fatta e allo stato delle cose non è nemmeno prevista. «Perché,
di fatto, se anche fosse disponibile, creerebbe altri problemi, soprattutto di
natura etica», prosegue Boschi. Possedere, infatti, la scheda del Dna di una
persona significa in sostanza sapere tutto di lei, della sua famiglia, delle
sue caratteristiche biologiche, della sua tendenza a sviluppare determinate
malattie. «Per ora, fortunatamente, è un
discorso del tutto utopico», puntualizza la genetista. Con la genetica non si
scherza, e ancora non esistono "protocolli" tali da capire fin dove è
lecito o non lecito arrivare. Eppure ci sono già esperimenti di questo tipo
avviati in alcune parti del mondo. Gli Emirati Arabi è stato il primo paese a
prendere seriamente in considerazione l'idea di schedare geneticamente tutti i
suoi cittadini. Che significa ricavare un po’ di saliva da ognuno di essi, per
poi codificare singolarmente una specifica parte del genoma, una sorta di firma
genetica diversa per ogni essere umano, da spedire al database del Ministro
degli Interni. Una decina di anni e il gioco è fatto. Sembra facile, ma non lo
è. Se così fosse la privacy andrebbe a farsi benedire. Ne sanno qualcosa gli
islandesi che, dopo una serie di analisi non solo genetiche, si sono visti
figurare fra gli archivi di una nota casa farmaceutica; che gongola, sapendo di
poter giungere a importanti risultati in campo medico, violando, però, di
fatto, l'"intimità" di ignari individui. Ma in molti non sono stati a
guardare e si sono rivolti alla Corte suprema, vincendo la causa. Più sottile
il discorso riferito al crimine. Da anni ormai chi finisce in prigione viene
schedato. Lo ha stabilito il Trattato di Prum nel 2005. In Inghilterra sono
schedate tre milioni di persone, in Francia mezzo milione. In Germania la
schedatura di 500mila criminali ha consentito la soluzione di 18mila delitti.
In Usa i sospetti criminali vengono geneticamente "registrati" da
vent'anni, compresi quelli che poi si dimostrano innocenti. Hanno iniziato gli
agenti dell'FBI, ma adesso la procedura è gestita anche dalle polizie locali. L'argomento
è stato affrontato poco tempo fa anche dal New York Times; che parla addirittura
di "consegne" di Dna in cambio di un patteggiamento della pena. Fanalino
di coda, l'Italia, che ha istituito la Banca dati nazionale del Dna presso il
Ministero dell'Interno, finalizzata all'archivio delle schede di condannati e
indagati, «ma dove le schedature non sono ancora partite», dice Boschi. Se tutto
va bene il servizio partirà dal 2015. E potremmo andare avanti all'infinito, ma
il caso di Yara è un mondo a sé. Di fatto, grazie all'analisi del Dna, oggi
l'assassino della giovane ginnasta scomparsa da Brembate Sopra il 26 novembre
2010, ha un nome. Un intricato caso giudiziario che con un archivio genetico "globale"
si sarebbe potuto risolvere rapidamente e che invece s'è protratto per oltre
tre anni; dal momento in cui è stato rinvenuto sugli indumenti di Yara il Dna
del presunto assassino, l'ormai paradossalmente famoso Ignoto1. Da qui si è
passati a Damiano Guerinoni, frequentatore di discoteche, poi ai suoi tre
cugini e al loro padre, Giuseppe Guerinoni, al 99,99999987% padre dell'omicida,
deceduto nel 1999. I passi successivi sono stati rocamboleschi, con il
coinvolgimento di tutte le presunte persone venute a contatto con quest'ultimo,
ex guidatore di autobus; puntando gli occhi soprattutto sulle ragazzi madri.
Alla fine si è arrivati a Ester Arzufi, con un corredo genetico perfettamente assimilabile
a quello della madre di Ignoto1. Il cerchio si chiude e con la scusa di un
banale controllo del livello di alcol nel sangue viene definitivamente fatta
luce sull'assassino di Yara: un 44enne, padre di tre figli, da tutti considerato
un tipo con la faccia da bravo ragazzo.
domenica 15 giugno 2014
Fra San Fermo e Urignano
venerdì 13 giugno 2014
Case in affitto, si torna al dopoguerra
Complice la crisi,
le banche rilasciano i mutui con difficoltà e le persone non se la sentono più di
affrontare spese immobiliari troppo impegnative. E così stiamo assistendo a un
fenomeno che pareva in calo e che invece sta di nuovo caratterizzando le
società più avanzate: l'affitto della casa. E' vero che i possessori di case
sono la maggior parte delle persone, tuttavia una serie di dati lasciano pensare
che la tendenza si stia invertendo e che col passare degli anni (se non avverrà
qualcosa di drastico a livello economico) potrà diventare di nuovo la normalità,
com'era decine di anni fa. «L'Italia è uno dei paesi in cui il fenomeno sta
prendendo sempre più piede», spiega Maurizio Cannone, direttore di Monitor
Immobiliare, «cresce, infatti, l'interesse per l'affitto, a discapito
dell'acquisto della casa, anche per via delle tasse»; benché il bene immobile sia
radicato nella nostra cultura, più di quanto non accada altrove, e rimanga una
prerogativa essenziale della storia personale di un individuo. I proprietari di
casa sono numerosi (si va dal 69% del Mezzogiorno al 74% del nord-est),
tuttavia si intravedono segnali ambigui, che, entro qualche anno, potrebbero
portare a un ribaltamento della situazione, con un'impennata degli affittuari.
Secondo l'Istat, dal 2001 al 2011 (quando i morsi della crisi non erano ancora
evidenti come oggi), c'è stato un incremento degli affitti dello 0,9%. Se si
guarda, però, alle regioni nord orientali si scopre che il numero è decisamente
più alto, e supera il 12%. Diverso anche il raffronto con le isole. In Sicilia
e Sardegna abita in affitto il 14,4% delle famiglie, dato che raggiunge il 20%
se riferito alle regioni nord occidentali. In generale l'affitto è una
prerogativa della grande città, dove gli spostamenti sono più rapidi e
frequenti. Numeri ben lontani dal boom economico: nel 1951, infatti, il 40%
degli italiani possedeva una casa, dato poi incrementato del 5% ogni dieci
anni, fino a sfiorare l'80% degli ultimi tempi. Ora la tendenza potrebbe
arrestarsi o, magari, lasciare spazio ad altre modalità abitative, come la
convivenza. Si è infatti visto che le famiglie che condividono un'abitazione
sono passate in dieci anni da circa 236mila a 695mila, con un impennata del
194,8%. Il risultato più clamoroso arriva, però, dall'Inghilterra, dove si
stima che entro il 2032 il 50% degli anglosassoni vivrà in un appartamento in
affitto; mentre le dimore di proprietà saranno a esclusivo appannaggio della
popolazione anziana. Oggi, su 14,4 milioni di proprietari, quasi un terzo è
rappresentato da over 65; 1,6 milioni di persone in più rispetto alla fascia di
età compresa fra i 45 e i 54 anni. Ma a stare peggio sono quelli ancora più
giovani: fra i 35 e i 44 anni, infatti, solo 2,5 milioni posseggono un
"nido" personale. La crisi, anche qui, vera responsabile delle
difficoltà di acquisto di un'abitazione; ma incide il fatto di potersi avvalere
di soluzioni burocratiche che facilitano i contratti di affitto (e che da noi
hanno un impatto sociale molto più marginale). Nel 2003 le cose erano assai
diverse e il 71% degli inglesi viveva fra le proprie mura. Oggi il dato è già
sceso al 65,2%, come accadeva negli anni Ottanta. E di questo passo, appunto,
gli analisti suppongono che gli affittuari saranno la metà della popolazione entro
una ventina d'anni. Era dal 1970 che non si registravano stime di questo tipo;
ma all'epoca c'erano ancora molti margini di miglioramento economico che oggi
sembrano non esserci più. Il documento pubblicato dalla Mortgage Lenders
Association parla di "generazione rent" (generazione in affitto) che
potrà presto trasformarci in "nazione rent", suggerendo che fra un
po’ il rapporto fra locatore e locatario rappresenterà la scelta ideale per chi
vorrà trovare casa.
martedì 10 giugno 2014
La Terra in tempo reale
Ieri alle 12.18 la popolazione mondiale
era di 7.234.550.186 persone, con 780 nuovi nati e la scomparsa di 330
individui negli ultimi sessanta secondi; si sono ammalate di malaria 260
persone, 6 di Aids e 1 di meningite. Nello stesso minuto sono state emesse
67mila megatonnellate di anidride carbonica, distrutti 27 ettari di foresta,
uccise 116mila galline, 2.700 maiali, e 565 pecore. E si sono baciate per la
prima volta circa 5mila persone. Sono solo alcuni dei dati che si possono
estrapolare da Poodwaddle World Clock, il sito che indica in tempo reale ciò
che accade sulla Terra, affrontando tematiche diverse, dalla demografia
all'ambiente, dalla medicina all'economia. Il calcolo di ciò che accade in un
minuto è, in realtà, solo una delle possibilità offerte dal portale. Si
possono, infatti, cliccare anche le voci "giorno", "mese",
o "anno" per avere numeri completamente diversi, ma altrettanto
stupefacenti, prendendo spunto dalle fonti originarie, perlopiù Fao, World
Health Organization, US Census Bareau e Intergovernmental Panel on Climate
Change. Si scopre che ogni trenta giorni nascono oltre 7 milioni di persone e
ne muoiono poco più di tre milioni; numeri che permettono di capire che la
crescita demografica è costante e progressiva. Avanti di questo passo nel 2040
arriveremo a 9 miliardi di individui, con tassi di nascita molto variabili,
massimi in Asia e Africa, minimi in Europa e Stati Uniti. Si stima che solo in
Asia nel 2050 potranno abitare 5,3 miliardi di persone. Ma di cosa si muore?
Quasi 300mila abitanti del pianeta decedono ogni mese per ferite d'arma da
taglio o da fuoco, praticamente il 10% di tutti i decessi. Gli incidenti
stradali uccidono più di 65mila persone; 132mila individui scompaiono per
avvelenamento, 118mila per ustioni, quasi 70mila per le conseguenze di un
conflitto bellico. In fila anche le malattie: 25 milioni di casi di infezioni
alle basse vie respiratorie, 440mila nuovi tubercolotici e a seguire Hiv,
meningite e tetano. Molto interessanti (e certo più confortanti) i dati che
riguardano i rapporti affettivi. In una settimana vengono scambiati 6.453.033
"primi baci"; avvengono circa 5mila divorzi, e si sposano quasi
10mila persone. Dalla voce "smile" emerge che vengono settimanalmente
prodotti 864mila litri di birra, 118mila litri di vino e 283mila automobili. In
questo caso i dati vengono forniti dalla Kirin Holdings, holding nipponica
coinvolta nella produzione di bibite e nella ristorazione. L'IPCC fornisce gli
elementi legati all'ambiente. Calcola l'innalzamento delle acque dal 2000 a
oggi, l'avanzamento dei deserti, la progressiva scomparsa delle foreste, il
numero di specie estinte (in media 1300 ogni mese). Sul fronte crimine, invece,
si hanno tutti i giorni una media di 35mila furti, 4900 auto rubate, 813 casi
di violenza sessuale e 755 omicidi. I dati provengono dalla United Nations
Office of Drug and Crime (UNODC), benché non tutti i paesi (Cuba, per esempio)
contribuiscano a rivelare le proprie statistiche. Il sito si chiude con un test
che tutti possono risolvere, in grado di elaborare le aspettative di vita di ogni
individuo; che variano in base a data di nascita, paese di origine, sesso e famigliarità.
Le videochiamate del futuro
Videochiamare amici e parenti che vivono al di là dell'oceano o,
comunque, in un paese lontano è già realtà. Ma fra pochi anni questo servizio
potrebbe diventare obsoleto ed essere soppiantato da un progetto tutto italiano
che promette di rendere la comunicazione ancora più reale. Come? Offrendo la
possibilità di interagire in modo naturale, come se due interlocutori - posti,
per esempio, agli antipodi del pianeta - si trovassero, di fatto, a pochi
centimetri di distanza. Non è fantascienza ma la proposta di un team di
scienziati comprendenti esperti del Cnr e della società privata Quintetto.
Insieme, con l'appoggio della Regione Val d'Aosta, hanno già approntato il prototipo
del servizio di "telepresenza olografica"; il termine deriva da
"ologramma", figura con effetto tridimensionale ottenuta per la prima
volta nel 1947 dal fisico ungherese, Dennis Gabor. «Con questa proposta
vorremmo far conoscere agli italiani un nuovo modo di interagire con persone
lontane», spiega Elisabetta Baldanzi, dell'Istituto nazionale di ottica Ino del
Cnr; «un servizio pensato per aziende e ragioni sociali che attraverso la
telepresenza olografica potrebbero incrementare e migliorare le loro relazioni,
ma che un domani potrebbe anche divenire una realtà in ambito famigliare». I
comuni cittadini dovranno, infatti, aspettare un po’ prima di poter
telecomunicare in 3d, il tempo per migliorare le caratteristiche del prototipo,
e renderle fruibili anche in spazi limitati. Le aziende, invece, i comuni, ma
anche strutture come le Asl o le banche, possono fin da ora beneficiare
dell'avveniristico servizio. Gli scienziati italiani hanno
"riprogrammato" un sistema hitech che in parte viene già utilizzato,
per esempio in ambito artistico e nel settore entertainment. Non a caso si
parla di "teatro olografico" per definire la tecnica attraverso la
quale è possibile assistere a uno spettacolo in tre dimensioni grazie
all'utilizzo dei raggi laser. Si è lavorato anche sui costi, elaborando un
sistema di assemblaggio che, tenendo conto di singoli aspetti legati ai diversi
materiali e prodotti a disposizione, ha consentito di risparmiare dal punto di
vista economico. Con la telepresenza olografica si avrà, dunque, l'impressione
di muoversi in una realtà virtuale. «In effetti, abbiamo lavorato per indurre
una persona a interagire con una figura in 3d che si trova davanti agli occhi,
anche se nella realtà è posta a chilometri di distanza», continua Baldanzi,
«benché non sia strettamente riconducibile al mondo simulato». Il vero scopo,
infatti, è stato quello di dare vita a un servizio che potesse abbattere le
barriere tecnologiche, rendendo più facile per chiunque la telecomunicazione.
«Già oggi possiamo telecomunicare», dice Maria Grazia Franciullo, membro del
team dell'azienda Quintetto, «ma siamo limitati dal monitor di un computer che
dobbiamo sempre avere di fronte agli occhi. Con la telepresenza olografica
tutto ciò non sarà più necessario e basteranno poche istruzioni per poter
parlare con una persona in "carne ed ossa", pur se distante
chilometri». Tempi e costi sono già sulla carta. Si entra ora nella fase finale
del progetto, che vedrà gli ingegneri elaborare i primi strumenti hitech per la
fine dell'anno. I costi potranno variare in base agli "optional".
«Prezzo base, ventimila euro», conclude Franciullo, «cifra che potrà aumentare
in base ai vari servizi aggiuntivi, per esempio il sistema di riconoscimento
per una banca o altri sistemi integrati che potranno facilitare la
comunicazione fra le filiali».
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