venerdì 20 gennaio 2017

La terra torna a tremare in centro Italia


Tre scosse superiori ai cinque gradi della scala Richter, la più forte di magnitudo 5,5; di nuovo il centro Italia, Amatrice (dove è crollato il campanile di Sant'Agostino), i paesi a cavallo fra Lazio, Abruzzo e Marche; ma le scosse si sono fatte sentire anche a Roma, Firenze e Napoli. E con la neve di questi giorni la situazione è drammatica. Il cuore dell'Italia si spacca in due. Cosa sta succedendo? Perché dal 24 agosto 2016 si verificano continui terremoti? Gli Appennini stanno tremando. Per due motivi. Un processo di stiramento legato a faglie che si stanno allontanando; e un altro riguardante la spinta effettuata dalla placca africana, che incide su quella euroasiatica, determinando un processo di subduzione, con distruzione di nuova crosta.

«L’area interessata dai terremoti di ieri fa parte di una zona sismica ben nota, caratterizzata da un’elevata pericolosità e da eventi sismici occorsi anche in epoca storica», ci spiega Fabio Bonali, ricercatore dell'Università di Milano. «Questi terremoti si verificano a causa del regime tettonico distensivo che interessa l’Appennino centrale, le cui sorgenti sismogenetiche raggiungono una lunghezza complessiva di 20-30 chilometri, con direzione parallela alla catena montuosa e sono in grado di generare terremoti con forte magnitudo».

Il dinamismo tellurico in queste aree è, pertanto, costantemente attivo; e in effetti il timore è che il fenomeno sismico non sia finito qui. Impossibile prevedere le nuove scosse, ma è verosimile supporre che potranno essercene delle altre, anche d'intensità elevata. La Protezione civile afferma che «la sequenza è la stessa del 24 agosto». Da quella data, infatti, ci sono state almeno 45mila scosse. Perlopiù non percepite dall'uomo. Tuttavia vengono registrate dai sismografi e indicano, appunto, una situazione geologica tutt'altro che risolta.

«E’ normale che dopo un forte evento sismico seguano delle repliche», continua Bonali. «Il problema è che le repliche possono talvolta essere di magnitudo maggiore rispetto alla prima scossa; proprio perché il regime tettonico rimane invariato; ma possono essere legate alla rottura di altre aree della stessa faglia o al riadattamento della crosta terrestre che ha subito la deformazione sismica. In alcuni casi, peraltro, la deformazione indotta da un terremoto può favorire la riattivazione di una faglia vicina».

Anche l'ipocentro e l'epicentro delle nuove scosse sono analoghi a quelli del terremoto di agosto. Il primo riguarda l'area in cui viene sprigionata l'energia accumulata in un particolare punto della crosta terrestre; il secondo indica uno dei luoghi di arrivo delle onde sismiche: è qui che i movimenti ondulatori e sussultori provocano i danni peggiori.

«La distribuzione degli epicentri e degli ipocentri, localizzati dalla Rete Sismica Nazionale dell’INGV, riguarda un’area geografica lunga circa 10-15 km e larga circa 5-6 km», conclude Bonali. «In questo caso suggerisce che sia stata coinvolta una faglia appartenente al sistema di faglie dei Monti della Laga (fra le province dell'Aquila, Ascoli Piceno e Rieti). Il settore più settentrionale si è attivato con il terremoto del 24 agosto. E in particolare, gli eventi più forti sono avvenuti a una profondità di circa dieci chilometri, similmente a quanto avvenuto per il terremoto di Amatrice».

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