mercoledì 29 marzo 2017

La simbologia del pesce


Si avvicina Pasqua e sta arrivando il primo di aprile. Due considerazioni temporali che rimandano a un importante simbolo dell'immaginario collettivo: il pesce. Perché in quasi tutte le popolazioni c'è un riferimento antropologico a questo animale? La risposta non è scontata e non può prescindere dall'ambiente in cui il pesce nasce, cresce e muore: l'acqua. E l'acqua simboleggia l'inconscio, vale a dire la parte più recondita degli uomini, che Jung ricondusse a una collettività sovraumana che si sposa con il cosmo. «Scoprire di avere in sé la natura del pesce significa trovarsi di fronte a un profondissimo strato dell'anima», dice lo psicanalista svizzero Ernst Aeppli, discepolo della scuola junghiana.

Iesous Christos Theou Hyios Soter significa Gesù Cristo, Figlio di Dio, Salvatore; prendiamo le iniziali della prima e dell'ultima parola, le prime due lettere della seconda e della terza, il secondo carattere della quarta: si ottiene Ichthys che, in greco, indica proprio "pesce". L'acrostico spiega, dunque, l'inequivocabile relazione fra gli abitanti delle acque e la religione cristiana, ma ci sono teorie alternative. Una indica la fonte battesimale, ancestralmente detta "peschiera"; dove i cristiani venivano battezzati e metaforicamente assimilati ai pesci;  e "pesciculi" era il nome con cui si designavano le persone che si convertivano al Vangelo. La stilizzazione dell'animale servì ai primi seguaci di Cristo per riconoscersi, officiare i culti, e convincersi del proprio ruolo sociale: quello di "pescatori di uomini".

In realtà il pesce è sempre stato un animale "mistico". A partire dagli scritti biblici. Se ci si pensa, la strategia intrapresa da Dio per ridare ordine alla natura umana, fu il diluvio universale che, guarda caso, risparmiò proprio i pesci. E c'è la storia di Giona, profeta ebraico vissuto a cavallo fra il IX e l'VIII secolo prima di Cristo. Finì nel ventre di un "grosso pesce" dove sopravvisse per tre giorni e tre notti pregando Dio; che ascoltò il suo dolore e alla fine impose al pesce di liberarlo. Tre giorni di oblio, come tre giorni furono quelli che anticiparono la resurrezione di Gesù. La vicenda è riportata anche dal Corano nel quale si dice che "se Giona non fosse stato uno di quelli che glorificano Dio, sarebbe rimasto nel ventre del grosso pesce fino al giorno della resurrezione". Eppure il pesce va oltre i dogmi del Nuovo e dell'Antico Testamento e delle sure coraniche. E incontra moltissime altre culture. Negli assirobabilonesi c'era Oannes, figura mitologica metà uomo e metà pesce; i polmoni gli permettevano di vivere di giorno sulla terraferma; le branchie di riconquistare il mare di Eritrea, dove trascorreva le ore notturne.  

Nella "Storia di Babilonia" narrata da Beroso trecento anni prima della venuta di Gesù, Oannes è colui che insegnò agli uomini l'importanza della scienza, dell'arte e della letteratura. In Egitto il pesce era un simbolo ambiguo. L'anguilla era considerata sacra a Eliopoli, città dell'antico Regno, oggi periferia del Cairo; e il pesce persico era divinizzato nel culto legato a Neith, dea della caccia e della guerra. Tuttavia gli animali delle acque erano anche temuti per via del loro silenzio, associato al timore che potessero compiere azioni meschine. Come quella che procurò l'amputazione del fallo al dio Osiride, a opera di un abitatore degli abissi, dopo la morte della divinità provocata da Seth, il dio del caos. E non è un caso che lo studio psicanalitico associ ancora oggi il pesce al pene.

Il culto simbolico di questo animale è vivo anche in oriente ed estremo oriente. In India la mitologia riferisce che il dio Vishnu assunse le somiglianze di un pesce per salvare dal diluvio universale Manu, considerato il padre di tutti gli uomini. In Cina le specie ittiche concernano il piacere sessuale, la felicità e l'abbondanza dei raccolti. In Giappone, il coraggio; e il 5 maggio è usanza appendere fuori delle porte delle case fotografie di carpe che esprimono coraggio e resistenza.

E in Italia? A parte la simbologia teologica, il pesce è anche legato a fenomeni di costume. Una persona ingenua e un po' credulona viene detta "pesce", perché ci casca sempre. Un adolescente è "né carne, né pesce". L'occhio da pesce lesso indica una persona in imbarazzo; e a un individuo a disagio gli si dice che "sembra un pesce fuor d'acqua". E c'è infine il famosissimo pesce di aprile, che fin dalle scuole elementari ci decantano senza saperne bene le origini. Ebbene questa storia risale al Cinquecento, con il passaggio dal calendario giuliano a quello gregoriano. Cambiò il modo di calibrare il tempo e le stagioni e dunque il Capodanno che tradizionalmente cadeva fra il 25 marzo e il 1 aprile, venne spostato alla fine di dicembre. Non tutti però adottarono il nuovo metodo di misura e continuarono a festeggiare l'Ultimo in corrispondenza dell'equinozio di primavera. Divennero però presto motivo di burle e prese in giro. Chi al passo con i tempi, infatti, iniziò a confezionare dei regali destinati ai fedeli del calendario giuliano, in realtà scherzi belli e buoni che ancora oggi adottiamo per celebrare il risveglio della natura dopo il lungo inverno.



Altri simboli
Durante i primi anni della chiesa non era permesso raffigurare Gesù o la Madonna e per questo motivo i simboli ebbero il sopravvento. A parte il pesce, altre simbologie concorsero all'affermazione della nuova religione. Ci fu per esempio la sigla JHS, in greco antico, Gesù. Comparve nel terzo secolo dopo Cristo. Nel medioevo cambia il suo significato in Jesus Hominum Salvator (Gesù Salvatore degli uomini). La colomba indicava purezza e mitezza ed era associata al battesimo (ché durante il sacramento officiato a Gesù a opera di Giovanni Battista, un uccello scese dal cielo per glorificare l'evento). Oggi è ancora utilizzata, ma rapportata soprattutto allo spirito santo o a raffigurazioni della Trinità.

La croce
In compenso il simbolo cristiano per antonomasia è anche appannaggio di culture che nulla hanno a che vedere con il culto di Gesù. Segni crociati rimandano addirittura all'età della Pietra. La croce celtica spiega la mitologia norrena e la figura di Odino, creatore del mondo e di tutte le cose; poi adottata per secoli da tutto il politeismo nord europeo. In Egitto c'è il simbolo dell'ankh, in pratica una croce contrassegnata da un cerchio nella parte superiore. Veniva anche detta chiave della vita. E nelle raffigurazioni è sempre in mano a qualche divinità. Nel medioevo diviene il simbolo del rame. Oggi la utilizzano alcune associazioni esoteriche. E c'è la croce a foglia d'albero utilizzata dai Maya, nello Yucatan; riferita a un albero cosmico e alla capacità di sapere leggere il proprio destino.

L'equinozio
La simbologia è cara anche al passaggio dall'inverno alla primavera. L'equinozio si verifica quando i raggi del sole cadono perpendicolari lungo la linea dell'equatore. Accade solo in due momenti dell'anno perché il piano orbitale non coincide con l'inclinazione dell'asse terrestre. Il giorno e la notte, quindi, hanno la stessa durata. Si riferisce alla fine del buio e freddo inverno, simbolo della morte; mentre la primavera indica la rinascita. Le mitologie di tutto il mondo raccontano del momento di festa più importante dell'anno, nel quale molti riti venivano osservati per garantire un buon anno di raccolti, ma anche per esorcizzare l'eterna paura dell'aldilà. Si pensa che la prima festa di primavera sia avvenuta quasi 5mila anni fa in Egitto. 

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