Si
fa presto a dire "fossile vivente", ma non esiste alcuna
corrispondenza scientifica con questo termine. E' solo uno dei tanti
stratagemmi utilizzati dalla stampa per "colorare" una notizia che
altrimenti scivolerebbe presto nell'oblio. Il motivo è semplice: in milioni di
anni di evoluzione è pressoché impossibile che un animale o una pianta
rimangano uguali a se stessi. Cambiano inevitabilmente, e, di fatto, abbiamo
gli strumenti per analizzare il problema e sfatare questo luogo comune
impiegato solo per adescare ignari lettori. La lista di tentativi di ingannare
il "popolino" con scoperte sensazionali è assai lunga. L'ultima in
ordine temporale ci riporta a qualche giorno fa quando è stata divulgata la
notizia della scoperta di uno squalo fossile risalente a ottanta milioni di
anni fa. Falso. In ottanta milioni di anni cambiano moltissime cose, e anche se
l'aspetto di un animale può in qualche modo evocare antichi fossili, la reale disanima
è in grado di portare in luce la verità. Si pensa che gli squali siano
"fossili viventi" solo perché hanno una struttura cartilaginea (da
cui il termine condroitti), che rimanda a strategie evolutive più antiche rispetto
a quelle degli osteitti, i pesci ossei. Ma non è così.
Gli studi compiuti su
porzioni branchiali fossili di squali del passato rivelano paradossalmente maggiori
analogie con lo scheletro degli attuali osteitti che non con quello dei
condroitti. Occorre inoltre riflettere sulla tassonomia, perché un conto è dire
che esiste una famiglia o un genere da milioni di anni, un altro affermare che
ciò accada per il livello più basso, vale a dire la specie. Un'antica famiglia,
quindi, può essere caratterizzata da specie nuovissime: dunque, come è
possibile parlare di "fossili viventi"? Si possono poi paragonare le
ricostruzioni grafiche degli antichi squali con le fisionomie dei pesci attuali.
L'Helicoprion visse 280 milioni di anni fa, ed era caratterizzato da una
"spirale dentata" che oggi non esiste in alcuna specie animale; il
Cladoselache non possedeva gli pterigopodi, gli organi riproduttivi classici
delle specie attuali e non si sa ancora come facesse a riprodursi; lo
Stethacanthus aveva una pinna dorsale piatta, simile a un'asse da stiro; lo
Xenocanthus nuotava come un anguilla e il megalodon, lontano parente della
squalo bianco, poteva cibarsi di intere balene. Insomma, è evidente che il
concetto di "fossile vivente" per ciò che riguarda gli squali non ha
senso di esistere. E le altre specie?
Pensiamo al limulo, il fossile vivente
per antonomasia, una specie di scorpione corazzato delle coste del Maine e del
Golfo del Messico. Il genere Limulus risale, in effetti, al Triassico
inferiore. Ma i limuli di una volta non sono gli stessi di oggi. Attualmente riconosciamo
una sola specie, Limulus plyphemus. Non è la stessa del passato. Nel Cretaceo,
nel Giurassico, nel Triassico, il genere era molto più variegato e si riferiva
a specie che oggi non esistono più come Limulus coffini, Limulus darwini,
Limulus piscus. E siamo ai vegetali. In questo caso la battuta più gettonata è
"un fossile vivente come il Gingko biloba", un bellissimo albero
delle gimnosperme, spontaneo in Cina, coltivato anche nei giardini italiani.
Perfino Wikipedia esordisce considerandolo un "fossile vivente". Ma
anche qui il concetto andrebbe limato e controlimato. Perché il Gingko di oggi
ha ben poco da spartire con le specie di un tempo. Un dato su tutti: la
famiglia delle Ginkgoaceae risalente al Triassico inferiore comprende sette
generi, sei dei quali completamente estinti. Il Gingko biloba è dunque l'unica
specie rimasta dell'unico genere rimasto, Ginkgo. Da qui a dire che la pianta è
uguale agli esemplari vissuti 250 milioni di anni fa ce ne vuole.
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