Si sa per esempio di elefanti che
per caso giungono a una pozza putrescente dalla quale se ne vanno barcollanti
ma anche stranamente euforici. Perché a loro insaputa, abbeverandosi, vengono a
contatto con una sostanza derivante da un processo di fermentazione, che porta
gli zuccheri a trasformarsi in alcol; accade sovente, ai piedi di alberi da
frutto, in particolari condizioni climatiche. E si può pensare che qualcosa del
genere sia accaduto anche all’uomo, la prima ubriacatura della prei(storia),
millenni fa. È così, insomma, che si è venuti a conoscenza delle delizie (e delle
croci) dell’alcol: per puro caso. Per la commistione con un meccanismo
biochimico che la natura porta con sé dalla notte dei tempi. Cos’è cambiato nel
corso dei secoli? L’uomo, semplicemente, ha provato a tradurre un fenomeno
naturale in una pratica biotecnologica abituale, e solo recentemente si è reso
conto delle reali trasformazioni scientifiche che stanno alla base. Ma per
tantissimo tempo ne ha goduto ignaro; preparando altari tarati apposta perché
dei microrganismi potessero entrare in azione avviando l’intero processo di
degradazione degli zuccheri. Quello per antonomasia è il glucosio che
sommandosi al fruttosio forma il saccarosio (un disaccaride). Vengono
letteralmente sbriciolati e così si arriva a ottenere l’etanolo. Quest’ultimo
ha il potere di confondere le idee, offuscare la mente, ma anche conferire una
sensazione di leggerezza e benessere. È imputabile alla fisiologia del
cervello, legata all’intraprendenza di milioni di neuroni. Comunicano fra loro
attraverso le sinapsi, e quando si beve alcol non funzionano più come
dovrebbero. Entrano in una specie di cortocircuito e non sono più in grado di
veicolare i messaggi nervosi. La tipica sonnolenza che segue una sbronza deriva
da questo: dall’incapacità di filtrare e coordinare gli stimoli esterni. Mentre
la sensazione di piacere è il risultato dell’alterazione del circolo ormonale.
Serotonina e endorfine aumentano e migliorano le condizioni emotive.
Temporaneamente. In realtà è uno specchio per le allodole; figlio di processi
chimici specifici che mimano l’azione delle benzodiazepine, molecole base degli
ansiolitici. La risposta non è uguale per tutti, e questo spiega perché in
alcuni individui la propensione all’alcolismo è più difficile da contrastare.
Che ruolo ha avuto l’alcol nella storia dell’uomo? Si può pensare che senza,
gli eventi che hanno portato al mondo moderno potessero prendere una piega
diversa? La risposta è: certamente sì. Eloquenti le parole di Jean Anthelme
Brillat-Savarin, politico e gastronomo francese dell’Ottocento: “L’alcol è
diventato fra le nostre mani pure un’arma formidabile, poiché le nazioni del
nuovo mondo sono state domate e distrutte più dall’acquavite che dalle armi d
fuoco”. Lo insegna anche la Bibbia, citando la prima storica ubriacatura:
quella di Noè. Finì il diluvio e finalmente il patriarca poté riguadagnare la
terraferma con la sua famiglia; e quale migliore occasione per concedersi alle
prelibatezze offerte dalla natura? Piantò una vigna, dalla quale, poco dopo,
ottenne del buon vino. Ma non conosceva i pericoli dell’alcol, e non aveva
nemmeno mai visto degli elefanti o altri animali dondolare per l’ebbrezza. E
allora ci dette dentro senza ripensamenti, fino a tracollare e a giacere nudo
in mezzo ai frutti del suo duro lavoro. Sfortuna volle che Cam, suo figlio, lo
vedesse in questo stato pietoso; lo coprì con un mantello, ma al risveglio, Noé
montò su tutte le furie condannando alla schiavitù Canaan, il nipote. Così
quando arrivarono gli europei nel Nuovo Mondo, fu facile giustificare la brama
di conquista, asserendo che gli indigeni fossero i discendenti di Canaan, coerentemente
destinati alla servitù. Ma al di là della religione e della mitologia, davvero
l’alcol risulta preponderante in ogni cultura. In Cina si bevevano liquori
ottenuti dalla fermentazione del riso; diecimila anni fa. In centro America da
sempre si ubriacano a suon di bicchieri di pulque. Deriva dalla trasformazione
degli zuccheri contenuti nell’agave, succulente vegetale diffuso anche nei
giardini italiani. E arriva ai 18 gradi. La usavano anche gli Aztechi per i
loro sadici rituali. Il sidro si ottiene dalle mele e si diffonde in Spagna
5mila anni fa. Poi conquista i romani e gli egiziani. In Austria è un vero e
proprio boom nel Medioevo; i meleti si diffondono ovunque. La birra non ha
bisogno di grandi presentazioni, ma in pochi sanno che fu determinante per i
Celti; che non combattevano senza tracannarne a litri prima di ogni battaglia,
per vincere la paura; e dopo, per fare festa e baldoria. In Italia giunge
probabilmente con gli etruschi; la chiamavano “pevack” e per farla usavano
oltre al frumento, il miele e il farro. E senza il vino sarebbe stato difficile
per i soldati della Prima guerra mondiale portare a termine missioni difficili
e pericolose. Il risultato della fermentazione dei frutti di Vitis vinifera,
proveniente dal Caucaso di 6mila anni fa. E oggi? Le bevande alcoliche
parrebbero imprescindibili. In Italia beve il 75% della popolazione e il primo
bicchiere viene consumato a 12 anni. Ma non siamo noi i primi in classifica. I
russi sono i più grandi bevitori del pianeta. Parola dell’Organizzazione
mondiale della Sanità. A Mosca si bevono oltre 12,5 litri di alcol all’anno.
Agli ultimi posti paesi come Libia, Afghanistan e Kuwait.
Vini antichi
In Sicilia sono state trovate
tracce di vino risalente a 6mila anni fa. Il ritrovamento è avvenuto in una
grotta situata sul Monte San Calogero, in provincia di Agrigento. Gli scavi
condotti dall’Università della South Florida, in Usa, hanno riportato alla luce
giare e brocche che conservano tracce inequivocabili di sostanze alcoliche. Si
pensa che in questa area geografica l’occidente abbia conosciuto per la prima
volta il risultato della fermentazione dell’uva; anche se il circondario,
interessato dalla presenza dell’uomo da millenni, presenta alti tassi di umidità
(fino al 100%) e temperature che possono sfiorare i 40 gradi, parametri che mal
si accordano con un felice processo di conservazione dei vini. Se lo studio
verrà confermato, ci sarà da riscrivere la storia antica della Sicilia,
partendo dal presupposto che ancora nessuno è riuscito a chiarire le tecniche
che hanno consentito l’irrigazione delle vigne preistoriche.
Alte gradazioni
La distillazione è invece il
procedimento che viene utilizzato per ottenere alcolici ad alta gradazione.
Dalla distillazione del vino si ottiene, per esempio, la grappa; da quella
della birra, l’acquavite e, in parte, il whisky. Si basa sul differente punto
di ebollizione delle sostanze che compongono una miscela. In pratica vengono
divise tramite il surriscaldamento e poi il raffreddamento (e condensazione).
La distillazione è divenuta d’uso comune nel Medioevo ma si presume che sia
stata utilizzata per la prima volta in Egitto, oltre seimila anni fa. Tracce
del processo chimico sono state rinvenute anche in Pakistan, Cina e Persia. La
distillazione è un processo importante non solo per ottenere liquori, ma anche
in campo industriale: dalla distillazione del petrolio, per esempio, si ottiene
il cherosene; e lo stesso accade con il benzene e il catrame.
Pagine ubriache
Per raccontare aneddoti e
curiosità sul mondo dell’alcol. Edito da il Mulino, si intitola “Sbornie sacre,
sbornie profane”. Una bella lettura a opera di Cluadio Ferlan, ricercatore
presso l’Istituto storico italo-germanico della Fondazione Bruno Kessler di
Trento. Paolo di Tarso diceva ai discepoli di smetterla con l’acqua e di
iniziare col vino, per risolvere il mal di stomaco. Nel 1613 solo in Olanda c’erano
518 taverne. Geronimo, l’ultimo apache arresosi all’esercito americano, morì
dopo avere passato una notte al gelo, per una colossale ubriacatura. Nel XIX
secolo il medico Magnus Huss ufficializza l’alcolismo come una malattia; se ne
accorse anche Handsome Lake, profeta visionario di religione cristiana, che, a
cavallo dell’Ottocento, ammise le colpe dell’uomo bianco; che diffuse l’alcol
fra gli indiani provocandone la scomparsa.