martedì 30 ottobre 2012

La storia della Legge di gravità


Isaac Newton ha tredici anni e segue con vivo interesse dei lavoratori intenti a edificare un mulino a vento nei pressi della città di Grantham. Da poco ha fatto la sua comparsa questo tipo di costruzione, e il piccolo Isaac ne è entusiasta: torna a casa e annota su un taccuino tutto ciò che ha visto, oltre a fabbricare un modello in miniatura del mulino con cui lascia ammutoliti i coetanei. Dopo qualche giorno giunge alla fine dell'opera, ma gli manca il “mugnaio” che possa attivare la ruota. Lo trova pensando al topolino che gli gira per casa, obbligandolo a percorrere un tragitto ben preciso. È un piccolo affresco che racconta la quotidianità del genio secentesco, che grazie a questa sua attitudine a studiare e indagare la funzionalità delle “cose” arriverà addirittura a comprendere il funzionamento dell'universo. A ciò, naturalmente, arriva per gradi, appassionandosi innanzitutto della filosofia naturale, la materia che lo strappa dalla convinzione di essere un reietto, un individuo inadatto al mondo e per questo facilmente attaccabile dai compagni e dalle istituzioni. In casa dei Clark, dove è stato affidato dalla madre per frequentare le scuole secondarie, trova tre autori che rivoluzionano il suo pensiero: René Descartes, autore di una teoria sui colori dell'arcobaleno; Giovanni Keplero, scopritore della tesi secondo la quale un pianeta ruota intorno al Sole tanto più lentamente quanto più è lontano; Christiaan Huygens, che inaugura il concetto di forza centrifuga. Porta a termine con successo il primo ciclo scolastico, ma incalzato dalla madre viene, in pratica, obbligato a prendersi cura della tenuta ereditata dal reverendo Barnabas Smith, col quale era convolata a nozze anni prima; ma il lavoro in una fattoria non si addice al giovane scienziato. Sono, infatti, più i disastri che combina, che non le azioni che possano concretamente giovare alla tenuta. Troppo sbadato per dedicarsi all'agricoltura e all'allevamento, un giorno, mentre è intento a collaudare una piccola ruota idraulica, non si accorge che i maiali sono scappati e che stanno divorando il mais del vicino. La madre, per l'inadempienza del figlio, viene multata e, per l'ennesima volta imbufalita dall'apparente inettitudine del figlio, rispedisce Isaac a Grantham, dove è, invece, accolto con grande calore dai vecchi professori, consci del suo immenso talento. Da lì a poco raggiunge le aule del Trinity College, il collegio più prestigioso di tutta l'università di Cambridge. È un “subsizar”, ossia uno di quei ragazzi che per studiare deve lavorare. Il suo genio, nel frattempo, progredisce: seziona il cuore di un anguilla per capire come funziona e si punge l'occhio con un bastoncino per capire la genesi dei colori, rischiando di ferirsi malamente. Nel 1664, però, per le troppe ore strappate al sonno, crolla ed è costretto a letto per un lungo periodo. Riesce comunque a passare con successo gli esami di fine anno, prima che la peste sconvolga l'Inghilterra, portando alla chiusura dell'università. Durante l'estate del 1665 Isaac gode, dunque, di molto tempo libero, che trascorre in giardino a riflettere sulle meraviglie della natura. Ed è presumibilmente in questo periodo che si sofferma per la prima volta sul problema della gravità, in relazione, per esempio, alla caduta di un frutto dall'albero o al sorgere e tramontare della Luna (da cui sono state tratte numerose leggende sul suo conto). Da qui partono una serie di interrogativi che lo stuzzicheranno per gli anni a venire: perché la mela cade orizzontalmente e non obliquamente? E che cosa sarebbe successo se fosse precipita da un punto più alto? Per esempio dalla Luna? Ha subito, però, una mezza risposta. Tutto ciò dipende dal fatto che la forza centrifuga di Huygens trascina la Luna lontano dalla Terra. Iniziano così i calcoli che porteranno a una delle più rivoluzionarie leggi della scienza: la legge della gravità universale, termine che rimanda al latino “gravis”, pesante. Prende spunto dalle leggi di Keplero. La prima dice che T2=costante x d3. Significa che un anno planetario T elevato al quadrato equivale al multiplo della distanza del pianeta dal Sole elevata al cubo. Ciò spiega perché Mercurio, il pianeta più vicino al Sole, possiede un anno di 88 giorni, contro i 90.410 giorni di Plutone, alle periferia del Sistema solare. La seconda legge dice che i pianeti proseguono lungo la loro orbita a velocità irregolari; mentre la terza si riferisce alle orbite ellittiche dei corpi planetari, e non sferiche come si era sempre creduto. Torna, dunque, ai frutti del suo giardino e alla cascola e rimugina sul fatto che la Luna non cade al suolo come la mela perché, evidentemente, la forza gravitazionale della Terra si oppone alla forza centrifuga della Luna. Valuta che il tutto debba dipendere dalla distanza fra le due masse e dalla velocità con cui il satellite si muove intorno al pianeta di riferimento. Riprende, quindi, la prima legge di Keplero elaborando che la forza centrifuga della Luna possa essere data dalla costante x m x d diviso la costante x d elevato al cubo. Da ciò ricava che la forza gravitazionale terrestre è uguale alla forza centrifuga lunare, a sua volta corrispondente alla costante x m diviso d al quadrato. È la conferma che l'attrazione gravitazione terrestre si indebolisce con l'aumentare della distanza dalla Terra, esattamente del quadrato della distanza. E spiega il motivo per cui una mela che si trova a una distanza due volte maggiore dalla Terra subisce un quarto dell'attrazione. A questo punto si fa largo nella mente del fisico un nuovo quesito: qual è la causa della forza gravitazionale? E per risolverlo si sofferma sul fatto che la forza gravitazionale non è unilaterale, poiché ogni corpo esercita una gravitazione su un altro (anche se piccolo); altrimenti non si spiegherebbero, per esempio, le maree. La sua prima teoria deve, quindi, essere rintuzzata introducendo un nuovo elemento, la massa 2. Si ottiene che la forza gravitazionale terrestre è data dalla costante x M (massa grande) x m (massa piccola) diviso d al quadrato, dove il termine 'costante' può ora essere sostituito con G, la costante gravitazionale di Newton; la misura precisa di G risale agli studi di Cavendish, che utilizza una bilancia di torsione, caratterizzata da due sfere di piombo fissate alle estremità di un'asta lunga due metri. Con questa formula si aprono moltissime prospettive. Si possono compiere calcoli su qualunque rapporto fra due masse, per esempio Galileo e Giove o il Sole e una cometa che ruota intorno ad esso. Nel 1682, quando compare nei cieli di Londra una cometa, per Newton l'universo non ha più misteri. È la stessa vista da Keplero nel 1607, e quella che passerà di nuovo dalla Terra nel 2061. Un'ulteriore prova della legge gravitazionale è data dalla possibilità di ipotizzare l'esistenza di Nettuno, senza osservazioni empiriche, ma solo con calcoli matematici. Oggi abbiamo modo di verificarla osservando il comportamento delle sonde interplanetarie, tipo quelle che hanno consentito all'uomo di atterrare sulla Luna, di visitare Marte e Titano. Va, infatti, tenuto conto del fatto che a dirigere questi mezzi verso l'obiettivo prefisso non sono tanto i motori collaudati dagli ingegneri spaziali, bensì la forza di gravità di questo o quell'altro corpo celeste in grado di attrarre verso la sua superficie qualunque massa che si trovi nella adiacenze. La legge di gravitazione universale ci consente anche di capire perché un corpo come la Luna possiede una gravità inferiore a quella di un pianeta come la Terra; e spiega il motivo per cui un astronauta sulla Luna può compiere balzi di dieci metri con il minimo sforzo, al contrario di ciò che accade sulla Terra e che accadrebbe con ancora maggiore difficoltà su realtà cosmiche come Giove, dotato di un campo gravitazionale molto forte. Nei dettagli sappiamo che, rispetto alla superficie terrestre, la Luna dista dal cuore della Terra di una misura 60 volte maggiore; e che il quadrato di 60 è 3600. La legge di Newton ci dice che l'attrazione gravitazionale terrestre sulla Luna è inferiore di 3.600 volte rispetto alla gravità di superficie. Dati che trovano conferma nel fatto che la gravità superficiale è pari a 9,8 m/s al quadrato, mentre l'accelerazione della Luna indotta dalla Terra è di 0,0027 m/s al quadrato; e in effetti 9,8/0,0027 fa proprio 3.600. Recentemente, però, è stata avanzata l'ipotesi che non tutte le parti del cosmo rispettano la forza di gravità. Uno studio ha infatti evidenziato che le galassie ellittiche sfuggono a questa legge; in questi casi gli scienziati ritengono che la loro esistenza possa essere giustificata soprattutto da un'estensione della teoria della Relatività di Einstein. Per questo sono state battezzate “galassie disobbedienti”.

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