lunedì 16 giugno 2008

L'intelligenza allunga la vita di quindici anni

Un buon quoziente intellettivo (QI) consente di vivere 15 anni in più della media. È quanto emerge da uno studio effettuato dai ricercatori dell’università della Calabria e pubblicato su Annals of Human Genetics. Secondo gli esperti esiste un gene legato all’intelligenza che, in qualche modo, è in grado di influenzare anche la longevità. Questo gene codifica per un enzima particolare che ha il potere di mantenere ‘arzillo’ il cervello, liberandolo da sostanze tossiche e altre impurità: l’enzima è stato battezzato SSADH da “succinic semialdehyde dehydrogenase”. In realtà – ammettono gli studiosi – esistono due forme di questo gene: la forma “T” e la forma “C”. L’enzima SSADH-C è quello più potente, che predispone a un invecchiamento cognitivo più lento. Il secondo è invece legato ai QI più bassi e quindi anche a una minore longevità (come conseguenza di un declino cognitivo più rapido). In termini di percentuale si può dire che il grado di efficienza della versione T - rispetto alla forma C - è del 20 percento inferiore. “Lo studio fa parte di un progetto a lungo termine iniziato alcuni anni fa dal nostro Dipartimento e dall’INRCA (Istituto Nazionale di Ricovero e Cura dell’Anziano) per monitorare la qualità dell’invecchiamento in Calabria e per comprendere le basi biologiche e non biologiche dell’invecchiamento – spiega a Libero Giuseppe Passarino, responsabile del team di ricerca calabrese -. In particolare abbiamo verificato che i portatori anziani della forma T dell’enzima hanno un declino cognitivo più veloce degli altri. E poiché il declino cognitivo è quasi sempre indice di una cattiva qualità dell’invecchiamento, non è stato sorprendente aver poi trovato che gli anziani portatori di T hanno anche una chance minore di diventare longevi (ultranonagenari)”. Gli scienziati hanno esaminato il ‘curriculum’ genetico di 514 persone del Sud Italia con età compresa tra 18 e 107 anni; e sottoposto quelli tra 65-85 anni a test per valutarne le funzioni cognitive. In questo modo hanno potuto verificare che nelle persone longeve predomina l’enzima SSADH-C, mentre nei meno longevi – e con un QI tendenzialmente più basso dei primi – la forma T. Nonostante questi risultati gli esperti invitano alla cautela: l’intelligenza e la longevità sono legate a molteplici altri fattori e non è quindi matematico che solo i ‘cervelloni’ possano vivere più a lungo della media. Essere più intelligenti, semplicemente, aiuta a vivere di più e meglio, grazie a una maggiore elasticità mentale, fondamentale per una buona vecchiaia. “L’unica cosa che possiamo dire con certezza è che se prendiamo due gruppi numerosi di anziani, il gruppo con la proteina SSADH di tipo T avrà, mediamente, un declino cognitivo più veloce rispetto al gruppo con proteina di tipo C – continua Passarino -. Tuttavia, da ciò non si può estrapolare che, in ogni caso, chi ha una proteina di tipo T sia meno intelligente e/o abbia sicuramente una vecchiaia più veloce degli altri. Infatti, altri fattori contribuiscono a determinare la qualità dell’invecchiamento, e in particolare dell’invecchiamento cognitivo. Non c’è quindi dubbio che un vita culturale ricca ed interessante, o un lavoro stimolante, siano certamente più importanti della proteina SSADH che ciascuno di noi possiede”. In ogni caso è assolutamente vero che spesso, i ‘supercervelloni’, sono anche longevi. Basti pensare a Renato Dulbecco, classe 1914 e Nobel per la Medicina 1975, Rita Levi Montalcini, nata nel 1909 e Nobel nel 1986, Betrand Russell matematico e filosofo inglese vissuto fino a 98 anni e Nobel per la letteratura nel 1950. Infine, un altro dato curioso emerso in questi giorni relativamente all’intelligenza, è quello fornito dallo scienziato Richard Lynn, dell’università di Ulster, il quale afferma di aver trovato un legame tra QI e ateismo. Dai suoi studi emerge che gli studenti universitari credono meno in Dio rispetto alla popolazione generale, perché sono intellettualmente più dotati. In pratica, secondo Lynn, solo gli atei sono veramente intelligenti. Lo studioso è noto per le sue teorie scientifiche legate all’intelligenza. Precedentemente aveva affermato che questa virtù umana dipende dalla razza, dal sesso (il QI delle donne è più basso di quello degli uomini), dal paese di origine (i tedeschi rappresentano il popolo più intelligente).

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