domenica 13 luglio 2008

Meduse, razze e pesci pietra. Le insidie nascoste sott'acqua

L’ennesimo fatto di cronaca relativo ai pericoli del mare risale all’altro ieri, quando due fidanzati, imbattendosi in un branco di meduse, al largo di Marina di Vecchiano (Pisa), hanno riportato abrasioni e ustioni in varie parti del corpo. Ogni anno è lungo l’elenco di persone che subiscono attacchi da animali marini, tuttavia molti inconvenienti potrebbero essere evitati se solo si conoscessero di più le caratteristiche delle specie acquatiche, e le modalità di intervento nei casi di infortunio. Ecco dunque - seguendo un servizio apparso sulla rivista Come Stai – quali sono gli animali marini più pericolosi e quali i suggerimenti da seguire per evitare brutte sorprese. Iniziamo dalle meduse, fra le specie più note e potenzialmente pericolose per l’uomo. Le due specie più insidiose del Mediterraneo sono l’Aurelia aurita e la Pelagia nocticula. Il contatto con i loro tentacoli può provocare spasmi muscolari, nausea, vomito, oltre alle caratteristiche lesioni epidermiche, molto simili alle ustioni. In caso di contatto non si deve sfregare (come spesso si fa) la parte lesa con gli asciugamani. Occorre invece rimuovere i frammenti dei tentacoli con pinzette o mani protette da guanti, trattare il punto colpito con aceto o ammoniaca e infine spalmare creme a base di cortisone. Le attinie (Anemonia solcata) – dette anche anemoni di mare – sono molto belle a vedersi, presentando tentacoli simili ai petali di un fiore. È necessario però starle alla larga: basta infatti sfiorarle per infortunarsi. In questi casi si interviene somministrando al bagnante ferito un antinfiammatorio (Voltaren) e un antistaminico (Polarim crema): così si impedisce la diffusione delle tossine velenose. I pesci pietra (Synanceia verrucosa) e i pesci leone (Pterois volitans) appartengono alla famiglia degli scorpioidi. La loro abilità è quella di sapersi mimetizzare molto bene nei fondali. Se disturbati si difendono con aculei connessi a ghiandole velenifere. Diversi i sintomi provocati da una puntura di scorpioide, fra cui dolori addominali e difficoltà respiratorie (in rari casi aritmie). Per risolvere il problema il consiglio è quello di immergere la parte colpita in acqua molto calda, azione che serve a inattivare il veleno. Poi conviene correre in ospedale, dove i medici potrebbero indicare una cura a base di antibiotici. Le razze (Taeniura lymma) possiedono quattro aculei velenosi sul dorso. Le loro punture causano arrossamento e gonfiore, qualche volta infezioni, o perdite cospicue di sangue. Il loro veleno è termolabile per cui – anche in questo caso - basta trattare la parte ferita con acqua calda per scongiurare danni peggiori. Fra gli animali marini ci sono anche i noti ricci (Paracentrotus lividus), appartenenti al raggruppamento tassonomico degli echinodermi. Abitano i fondali rocciosi ed è facile calpestarli. In caso di puntura è utile usare una pinzetta per togliere uno a uno gli aculei; se troppo profondi è meglio invece correre al pronto soccorso perché potrebbero subentrare delle infezioni. I serpenti di mare (come l’australiano Laticauda colubrina) sono di solito pacifici, ma se disturbati possono attaccare con denti cavi pieni di veleno. Anche qui, l’unica soluzione, è quella di correre al più presto al vicino ospedale, per evitare problemi seri come disturbi della parola e paralisi respiratorie. Infine ci sono le tracine (Trachinus draco), animali, come gli scorpioidi, abituati a vivere sul fondo marino. In caso di attacco la raccomandazione è quella di intervenire con una pinzetta per rimuovere gli aculei, e l’acqua calda per bloccare l’azione velenifera.

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