domenica 13 luglio 2008
Scrivere a mano aguzza la mente e fissa i ricordi
È quasi imbarazzante ammetterlo, ma la maggior parte di noi ormai ha grande difficoltà a scrivere a mano. Ovunque l’avvento del computer ha sostituito l’azione di impugnare una biro e comporre parole e frasi, al punto che, quando ci si cimenta con questo tipo di scrittura, vengono fuori composizioni a dir poco ‘futuristiche’ e incomprensibili: ghirigori, lineette, puntini, riccioli, molto più simili a un geroglifico che non a un testo scritto in italiano. Eppure scrivere a mano fa bene alla salute, tiene allenata la mente e aiuta a cementare i ricordi. Sono di questo parere non solo i medici, ma anche chi vive di parole. Il riferimento è a scrittori conosciutissimi come Andrea Vitali, Claudio Magris, Federico Moccia, e non ultimo il Premio Nobel per la letteratura del 2006, Orhan Pamuk. Gli specialisti dell’università milanese Bicocca, dicono sulla rivista OkSalute che, perdendo la abilità di scrivere a mano, stiamo perdendo anche la capacità di riflettere su ciò che si sta scrivendo: un testo scritto a mano porta sempre a elaborare qualche pensiero in più, rispetto a quando si scrive tramite mail o col telefonino. Secondo gli esperti scrivere a mano aguzza la capacità di analisi e riflessione. Disintossica la mente. Impone un ritmo rallentato rispetto alle richieste di velocità che ci arrivano da ogni parte. Annulla il ‘multitasking’ (il compiere affannosamente più cose assieme come scrivere, parlare al telefono, scaricare musica). Scrivere a mano porta ad affrontare le cose con maggiore calma, migliora la capacità di pensiero e di memorizzazione. Aiuta poi a ritrovare il contatto con i nostri sensi, in primo luogo il tatto, sempre meno sollecitato nell’era virtuale. La scrittura manuale è anche uno strumento che permette di esternare idee e sentimenti, senza contare che una penna e un foglio sono molto meno pesanti e ingombranti di un pc. In pratica – consigliano gli studiosi - il tradizionale diario personale sarebbe meglio continuare a scriverlo a mano (come si è sempre fatto) e non su un blog. La scrittura manuale è da tempo utilizzata nelle terapie mediche per combattere malattie neurodegenerative come l’Alzheimer. Inoltre è consigliata nella terapia cognitivo comportamentale, laddove viene suggerito al paziente di annotare le proprie emozioni giornaliere, e di rifletterci sopra. Il problema di non sapere più scrivere a mano sta coinvolgendo sempre di più anche i giovanissimi. Molti scienziati parlano di un ritorno all’analfabetismo; di una scrittura che sta diventando sempre più sciatta e banale. Oggi i ragazzi a scuola scrivono “xké 6 lì?”, anziché “Perché sei lì?”. A riprova dell’importanza, specialmente per i più giovani, di scrivere a mano, Steve Graham, professore presso la statunitense Vanderbilt University, ha condotto un esperimento su alcuni bambini delle scuole elementari. Ha selezionato un gruppo di scolari di sei anni, in grado di scrivere con la matita solo una dozzina di lettere al minuto e gli ha consigliato di seguire un programma speciale, esercizi di quindici minuti al giorno per tre volte alla settimana. Risultato. Dopo un paio di mesi, non solo i bambini erano diventati molto più veloci a scrivere a mano, ma avevano anche imparato a comporre strutture sintattiche molto più articolate rispetto ai coetanei. Con ciò gli studiosi concludono dicendo che non è necessario disfarsi del computer e della tecnologia per stare meglio con noi stessi; la raccomandazione è semplicemente quella di non dimenticarci di scrivere a mano, e di dedicarci a questa attività ogni volta che abbiamo un po’ di tempo libero. “L’ideale sarebbe affiancare la scrittura manuale a quella del pc, una danza fra l’antico e il presente – racconta a Libero Duccio Demetrio, professore ordinario di Filosofia dell’educazione e di Teorie e pratiche della narrazione dell’università degli studi Milano-Bicocca -. Scrivere a mano è un buon esercizio per la memoria e aiuta la concentrazione. Il computer è lo strumento ideale per scrivere messaggi e comunicare nel mondo del lavoro. Il consiglio, quindi, è quello di giocare su due registri, considerando sempre l’importanza del pensiero, della riflessione e della meditazione”.
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