giovedì 4 agosto 2011

L'agonia del lago d'Aral

Là dove c'era il lago ora c'è... il deserto

Il lago d'Aral, un tempo il quarto bacino lacustre del mondo, rischia di scomparire dagli atlanti geografici entro il 2020. Stando, infatti, alle recenti ricostruzioni compiute dall'ESA, negli ultimi decenni la distesa d'acqua dolce s'è ristretta del 74% e il suo volume si è ridotto dell'85%. La fase di prosciugamento, iniziata negli anni Sessanta, ha portato allo sviluppo di due specchi lacustri: il piccolo Aral, a nord, e il grande Aral, a sud. Ma mentre per la parte meridionale non c'è più nulla da fare, gli ambientalisti confidano di riuscire almeno a salvare il bacino settentrionale: a questo scopo è stata creata una diga per separare definitivamente le due porzioni lacustri e per consentire a un vecchio immissario di alimentare il piccolo Aral. Il declino del lago posto a cavallo fra Uzbekistan e Kazakistan, sopraggiunge con la sciagurata idea dell'establishment sovietico di coltivare intensamente le piantagioni di cotone, sfruttando le acque dei fiumi Amu Darya e Syr Darya, che dalla notte dei tempi tengono in vita il bacino. Prima di questo intervento la superficie lacustre misurava 67mila chilometri quadrati; la popolazione in prossimità del lago beneficiava di prodotti ittici e di un clima mitigato dal ciclico movimento delle acque; Muynak, il vecchio centro affacciato sulle sue rive, rappresentava uno dei porti più floridi della regione ed era fra le mete turistiche più gettonate dagli amministratori dell'epoca. Ma oggi la situazione è drasticamente cambiata. Le persone che vivono nei dintorni del lago, infatti, oltre a patire la fame, sono vittime di numerosi disturbi, soprattutto a livello respiratorio, per via delle polveri alzate dal vento, cariche di sale e di pesticidi. L'80% delle specie ittiche è estinta. E Muynak è divenuta una specie di città fantasma, mezza sepolta dalla sabbia, circondata da navi arrugginite e altri relitti marittimi.

Le fasi di prosciugamento del lago

Un ulteriore problema deriva dall'isola Vozrozdenia, antica sede di esperimenti condotti con armi batteriologiche. Benché nel 2002 gli statunitensi siano intervenuti per disinfestare il territorio, risulta che siano ancora presenti materiali potenzialmente pericolosi. Il rischio, dunque, è che animali e uomini possano venirne a contatto, causando disastri di natura sanitaria e ambientale. Secondo i dati forniti dal NASA World Wind, la situazione è già precipitata, poiché l'isola si sarebbe ormai trasformata in una penisola. Ma Google Earth e Google Maps contraddicono questa tesi, sostenendo che Vozrozdenia sia ancora separata dalla terraferma da qualche centinaio di metri. Evidentemente la bassezza dei fondali confonde le idee, ma è chiaro che l'isolamento della lingua di terra nel cuore dell'Aral ha i giorni contati.

Immagine aerea del lago d'Aral: si nota sulla destra l'isola Vozrozdenia

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