Strasberry a volontà... |
Frutti strani, assurdi, mai sentiti. Mix originali per soddisfare il palato di tutti, bambini che con la frutta vanno spesso poco d'accordo e anziani dai gusti sofisticati. Così si sta facendo sempre più strada la voglia di distribuire sul mercato prodotti 'meticci', figli dell'ibridazione fra frutti ormai presenti su ogni tavola. Ecco qualche nome interessante. Il boysenberry deriva dall'incrocio fra il lampone e la mora del Pacifico; il tayberry, fra il lampone e la mora selvatica. Troppo esotici? Nessun problema, eccone altri più “caserecci”. C'è per esempio la cilegugna, incrocio fra ciliegia e prugna, la biricoccola, mix fra albicocca e susina, la jostaberry, derivante dall'ibridismo fra ribes nero e uva spina. Per il consumatore americano, sempre alla ricerca di nuovi sapori e sensazioni, è una vera manna. Spiega David Karp, critico della rivista «Gourmet magazine», bibbia dei buongustai USA: “Un tempo i fruttivendoli offrivano tre o quattro varietà di mele, mentre oggi ne hanno almeno venti”. Non sempre, però, i nuovi ibridi sono azzeccati” dice Karp. “Per alcuni è come incrociare un alce a un formichiere. Ti fanno rimpiangere la frutta semplice e buona che mangiavi da bambino”. Qualcuno storce il naso, intravedendo pratiche terrificanti di ingegneria genetica, appannaggio di sedicenti frutticoltori, seguiti da fantomatici scienziati. E invece è tutto assolutamente regolare, benché gran parte di questi frutti siano oggi disponibili in USA e non ancora in Italia. Derivano da scientificissimi incroci fra specie diverse, seguendo processi di impollinazione assai complessi, che nelle stragrande maggioranza dei casi non portano ad alcun risultato: per ogni frutto come la pescarina (incrocio fra pesca tradizionale e pesca noce) che riesca a farsi spazio nel mercato, ci sono mediamente 999 tentativi falliti. Come dire... Quel che conta è la purezza di intenti. “Tutto quello che facciamo noi è assecondare Madre Natura, aiutarla a fare ancora meglio quello che ha sempre fatto”, dice Leith Gardner, che lavora presso la Zaiger Genetics. Certo, se poi viene il successo commerciale non lo si butta via. In California una sola società specializzata genera 20mila varietà di frutti ibridi, con investimenti di 700mila dollari all'anno per ogni neo-frutto che giunge sul mercato. Per ottenere questo tipo di prodotti si procede specificatamente con l'impollinazione artificiale, consistente nel trasferimento manuale del polline per mezzo di appositi pennelli o strofinando i fiori maschili sugli stigmi dei fiori femminili. L'alternativa è l'impollinazione incrociata, basata sul trasporto del polline dallo stame di un fiore al pistillo del fiore di un individuo differente della stessa specie. Infine si può giocare la carta dell'innesto a gemma: le gemme della varietà del frutto desiderato sono raccolte da un albero e innestate nei rami di un altro vegetale. Con questi sistemi, peraltro, si protegge l'ambiente, facilitando il cosiddetto commercio a “chilometro zero”. In pratica si annulla la produzione di CO2 derivante dal trasporto della frutta, che viene, in questi casi, prodotta da rivenditori attivi nella propria zona. Tutti convinti?
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