“Questo è un piccolo passo per l’uomo, ma un grande balzo per l’umanità”. È il 20 luglio del 1969 quando Neil Amstrong - primo essere umano a saltellare sul suolo lunare - pronuncia queste parole. E ora la storia potrebbe ripetersi con un avvenimento ancora più entusiasmante: lo sbarco dell’uomo su Marte. La notizia è stata recentemente divulgata a Houston, in Usa, nel corso di un incontro del Lunar Exploration and Analysis Group: la missione per la conquista del Pianeta Rosso inizierà nel 2028 e si chiuderà con la prima vera e propria cavalcata umana tra le polveri rosse di Marte nel febbraio del 2031. “Protagonisti della conquista marziana saranno 7 astronauti – spiegano gli studiosi della Nasa – si pensa quattro uomini e tre donne - rigorosamente addestrati e allenati per sopportare il lunghissimo viaggio di andata e ritorno dalla Terra al quarto pianeta del sistema solare”. Lo sbarco umano sarà preceduto dal ritorno sulla Luna che avverrà nel 2018. Quattro astronauti permarranno sul satellite per circa una settimana. Secondo l’Orlando Sentinel - quotidiano della Florida – in questa sede l’uomo darà vita al primo avamposto stabile lunare. Di esso si serviranno gli uomini che dovranno andare su Marte, ma anche molti altri scienziati e tecnici decisi a svelare i tanti misteri che ancora circondano l’enigma Luna. Dalle ultime missioni Apollo sono passati quasi 40 anni e dunque oggi i tecnici della Nasa potranno avvalersi di apparecchiature e strumenti di eccezionale sofisticatezza, potenza e versatilità. A loro disposizione ci saranno l’astronave CEV (Crew Exploration Vehicle), il Modulo Lunare (LM), i razzi Ares V. E proprio questi ultimi – giganti della tecnologia alti 111 metri e larghi dieci – spianeranno la strada all’uomo portando su Marte 400 tonnellate di strumenti e materiali dei quali gli astronauti si serviranno, poco dopo, per costruire nel minor tempo possibile ripari, laboratori, e una piccola centrale atomica per ricavare energia. Gli Ares V serviranno anche per collaudare, intorno all’orbita terrestre, la navicella con la quale gli astronauti si affacceranno sul Pianeta rosso. Il viaggio di andata e ritorno da Marte durerà circa 30 mesi: a bordo della navicella gli astronauti coltiveranno frutta e verdura; acqua e aria non mancheranno grazie a ingegnosi sistemi per il loro riciclo. Ai 6 o 7 mesi per andare e venire dal corpo celeste vanno aggiunti i 16 mesi di permanenza fra le sue polveri e i suoi giganteschi coni vulcanici, il minimo indispensabile per portare a compimento un numero significativo di esperimenti. Ma nonostante il grande entusiasmo trapelato dall’incontro di Houston, sono ancora molti i problemi da risolvere per poter credere che la missione avrà sicuramente successo. “Restano ancora da chiarire molti aspetti tecnici e scientifici – ha ammesso Bret Drake, del Robotic and Human Lunar Expeditions Strategic Roadmap Commitee. “Tecnologicamente non ci sono problemi a raggiungere Marte, lo abbiamo già fatto con Spirit e Opportunity (i due robottini della Nasa giunti su Marte nel 2004) – ci confida Simone Landi, astronomo del Dipartimento di astronomia di Firenze -. Il problema è per l’essere umano che non è tagliato per permanenze così lunghe nello spazio”. A fare paura sono soprattutto i raggi cosmici, particelle e nuclei atomici ad alta energia che, muovendosi quasi alla velocità della luce, colpiscono la Terra da ogni direzione. Secondo Norbert Vana, scienziato dell’Istituto atomico delle università austriache, un viaggio su Marte senza adeguati sistemi di protezione contro le radiazioni cosmiche sarebbe mortale per il 50 percento degli astronauti. “Sebbene ci siano ancora relativamente poche misurazioni sicure – ci spiega - è possibile calcolare che gli esseri umani durante un viaggio del genere sarebbero esposti a un livello di radiazioni da due a quattro Sievert (Sv). Partendo dunque dal presupposto che sei o sette Sievert sono immediatamente mortali, c’è il serio pericolo che la metà dei membri dell’equipaggio muoia durante il tragitto verso il Pianeta rosso”. A questo dato va infine aggiunto quello relativo allo stress psicofisico che dovranno inevitabilmente patire gli uomini selezionati per la missione marziana. La psicologa norvegese dell’università di Bergen Gro Mjeldheim Sandal dice che sarà qualcosa di veramente disumano. Secondo l’autorevole scienziata gli astronauti vivranno all’inizio (le primissime settimane) una sorta di gioia collettiva, ma a lungo andare questo sentimento sbiadirà lasciando spazio alla noia e a momenti di angoscia. Il benessere fisico sarà compromesso dalla mancanza di gravità. Compariranno disagi come la SAS, Sindrome da Adattamento allo Spazio, con nausea, disorientamento e mal di testa. Su Marte – dopo la meraviglia iniziale – potrebbero subentrare crisi di panico, depressione e aggressività. Infine col viaggio di ritorno – gli astronauti saranno stanchi e provati e dunque potrebbero rischiare di perdere la concentrazione e commettere errori che potrebbero compromettere l’intera missione.
(Pubblicato su Rolling Stone)
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